Al Ferrante è ancora Pentecoste
Domenica 8 giugno 2014, solennità di Pentecoste, per la prima volta nel carcere minorile torinese «Ferrante Aporti» un ragazzo detenuto veniva battezzato e cresimato con altri due compagni. Sul loro esempio, anche quattro agenti del Ferrante hanno chiesto al cappellano, don Domenico Ricca, di ricevere il sacramento della cresima. La celebrazione, domenica 26 ottobre nella parrocchia di San Benedetto a Torino.
Non sono ancora finiti i doni che lo Spirito Santo, dalla scorsa Pentecoste, domenica 8 giugno 2014 , continua ad elargire al Ferrante Aporti. Quella domenica di giugno, nella nuova cappella del carcere minorile torinese per la prima volta nella storia dell’Istituto, un ragazzo detenuto, Luigi (nella foto), riceveva per mani del cappellano don Domenico Ricca, i sacramenti dell’iniziazione cristiana, battesimo, comunione e cresima. Con lui anche due suoi compagni Jonny, peruviano, e Marius, rumeno, si erano accostati per la prima volta all’Eucarestia. Una celebrazione «straordinaria» che ha lasciato il segno perché, domenica 26 ottobre, nella parrocchia di San Benedetto Abate di Torino, accanto a venti ragazzi di terza media, sono stati cresimati anche quattro agenti della Polizia Penitenziaria del «Ferrante»: Davide 30 anni, Ciro (29), Diana (28) e Federica (24). Gli agenti sono stati presentati alla comunità da don Ricca, per tutti don Mecu, che da anni collabora in quella parrocchia.
I quattro agenti, accanto ai cresimandi della parrocchia, preparati dal parroco don Paolo Marescotti e dalle catechiste, hanno letto le preghiere dei fedeli e portato i doni all’altare. E poi, emozionati, si sono messi in fila per ultimi dietro ai ragazzini per ricevere lo Spirito Santo, accompagnati dai padrini e dalle madrine scelti tra i colleghi agenti. «Da quando ho iniziato il mio ministero al Ferrante Aporti, nel 1979, ho sempre detto che sono il cappellano di tutti – racconta don Mecu - Pertanto quando questi miei amici, dopo la celebrazione dei sacramenti per i ragazzi detenuti nella scorsa Pentecoste, mi hanno chiesto: ‘don, anch’io vorrei e dovrei fare la Cresima’, non ho esitato a dire sì».
Don Ricca ha tenuto il corso di preparazione cercando di conciliare gli incontri con i turni di lavoro dei quattro agenti. «Non è stato semplice programmare un percorso sistematico compatibile con orari del carcere – prosegue il cappellano - ma ci hanno supportato i moderni mezzi di comunicazione: sms, facebook, messanger, per non mancare mai agli appuntamenti della catechesi e ce l’abbiamo fatta. Ho visto tanta buona volontà: è stato un corso semplice ma intenso, con letture, meditazioni e confronto sul Vangelo». E, grazie alla calorosa accoglienza della comunità parrocchiale, domenica i quattro agenti erano a loro agio con gli altri cresimandi. «Sono collaboratore del parroco da 26 anni, tutti sanno che sono cappellano del Ferrante. Spesso i parrocchiani mi chiedono dei ragazzi, del mio ‘lavoro’, ne parlo nelle mie omelie e così la comunità ha accolto gli agenti con affetto – aggiunge don Ricca - le catechiste hanno pensato a farli sentire a casa, nonostante non avessero mai frequentato quella parrocchia. Alcuni di loro si sono trasferiti da poco a Torino e, a parte il Ferrante, non hanno una comunità cristiana di appartenenza».
«Sono molto contenta di aver concluso questo cammino di fede con la Cresima - ci dice Diana, una delle cresimate - Per noi agenti cresimandi è stata un’opportunità per conoscerci meglio: a volte al Ferrante ci si ferma al buon giorno, a qualche annotazione su facebook e nulla più. L’idea della Cresima è partita da lontano: ci tengo tanto a fare la madrina di battesimo di mio nipote ma non ho mai avuto l’occasione per preparami al sacramento: da adolescente sono stata molto impegnata nello sport a livello nazionale e poi la vita militare e il lavoro nella polizia penitenziaria con turni non mi hanno permesso di programmare il mio tempo libero. Così, quando ho sentito che il cappellano desiderava organizzare per gli agenti che lo chiedessero un corso di preparazione alla Cresima mi sono buttata. Non ho preso contatti con la mia parrocchia, perché a causa del mio lavoro non riesco a frequentarla con costanza. Il Ferrante invece è un po’ la mia parrocchia e don Mecu lo considero il mio parroco…».
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