Beatificati a Oviedo quattro martiri della persecuzione anti-religiosa in Spagna (1936-1939)
L'annuncio domenica durante l'Angelus da parte di papa Francesco
I nuovi beati «eroici testimoni della fede, aggregati alla schiera dei martiri che hanno offerto la loro vita nel nome di Cristo» dice Papa Francesco all’Angelus di domenica 9 ottobre 2016 ricordando la beatificazione a Oviedo in Spagna di quattro martiri vittime della persecuzione anti religiosa del 1936-1939 durante la guerra civile che portò all’odiosa dittatura di Francisco Franco, sostenuto dai nazisti tedeschi e dai fascisti italiani, che è durata fino alla sua morte il 20 novembre 1975.
Domenica 9 ottobre nella Cattedrale di Oviedo sono stati beatificati i 4 martiri di Nembra: un sacerdote e tre suoi parrocchiani che si aggiungono ai 193 martiri il cui tributo di sangue l’arcidiocesi di Oviedo versò al tempo del terrore rivoluzionario degli anni Trenta del XX secolo. A rappresentare il Papa il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.
Una delle peggiori persecuzioni della Chiesa è, per lungo tempo, misconosciuta e le sue vittime sono additate al pubblico ludibrio e insultate. Come per i «Cristeros» messicani, è Giovanni Paolo II a squarciare la cappa di silenzio costruita e sostenuta dal comunismo mondiale come una cortina di menzogne e di silenzi. Gradualmente si scoprì che c’era stata una persecuzione anti-religiosa e che i cattolici si erano coperti di gloria e avevano immolato le loro vite per non rinnegare il Signore: 13 vescovi; 6.838 tra sacerdoti, religiosi e seminaristi; decine di migliaia di laici assassinati perché cattolici praticanti. La Spagna teatro di una persecuzione religiosa senza precedenti e senza sconti, il cui unico obiettivo era la cancellazione di Dio dal cuore della gente e l’annientamento della Chiesa dalla società.
Intervistato da «Radio Vaticana» il cardinale Amato ricorda: «Fu proibito l'insegnamento cattolico nelle scuole pubbliche e fu ritirato il Crocifisso. Fu vietato agli ordini religiosi di esercitare la loro missione caritativa ed educatrice. Vennero requisiti i beni degli ordini religiosi e nazionalizzati gli immobili della Chiesa. Vennero emanate leggi contro la famiglia. Fu una feroce tirannia a favore dell'ateismo».
Moltissimo il sangue innocente versato. Tra questi don Jenaro Fueyo Castaňon, prete diocesano, parroco nelle Asturie, sacerdote zelante e premuroso nel visitare i malati e nel promuovere nuove vocazioni. Con lui due parrocchiani, Segundo Alonso Gonzáles con 12 figli e Isidro Fernández Cordero con 7 figli, padri di famiglie numerose, membri dell’Adorazione notturna e del Sindacato cattolico dei minatori. Il quarto martire è Antonio Gonzáles Alonso, il più giovane, 24 anni, che per pochi anni aveva vestito l’abito dominicano ma dovette rinunciare per una grave forma di tubercolosi.
Il 21 ottobre 1936, ottant’anni fa, don Fueyo Castañón, parroco di Santiago apostolo a Nembra, viene incarcerato a 72 anni: dal 1899 svolgeva il ministero pastorale in questo paese. Nelle Asturie, regione di miniere, nell’ottobre 1934 erano sorti i primi movimenti rivoluzionari che poi sfociarono nella guerra civile. Quella di Nembra era una parrocchia viva, dalla quale erano uscite numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Il parroco aveva promosso l’adorazione eucaristica notturna, alla quale partecipava sempre. Un centinaio gli iscritti: minatori e contadini, che arrivavano anche dai paesi vicini, camminando anche per quattro ore. A Nembra c’erano anche i «tarcisi», ragazzi che si riunivano una volta al mese. Tanto zelo e tanta presa sulla popolazione infastidiscono gli anarchici, pieni di livore.
Dopo l’arresto il parroco è condotto nella sala della guardia dell’adorazione eucaristica, al secondo piano di un edificio attiguo alla chiesa parrocchiale, un luogo adibito a carcere. Dove si trova il minatore Fernández Cordero, sposato con Celsa: dei loro sette figli tre sarebbero diventati religiosi. Invitato alla fuga da un vicino, risponde di no perché i rivoluzionari si sarebbero vendicati sulla famiglia: «Ci hanno sempre accusato di essere gente di preghiera e retrogradi, per cui l’unico delitto di cui siamo accusati è essere cattolici».
Il falegname Alonso González lavora anche lui nelle miniere. Quel giorno di ottobre è arrestato e incarcerato nella chiesa di Nembra. Incoraggia i compagni di cella: «Molte volte abbiamo trascorso qui la notte per il turno di veglia davanti al Santissimo Sacramento. Dato che ora non possiamo farlo, recitiamo il rosario e facciamo un sincero atto di contrizione mettendoci nella mani di Dio, dato che qualcuno di noi può avere i giorni contati».
È incarcerato anche il 24enne González Alonso Quería. La colpa? Il suo impegno cristiano. Studia alla scuola di magistero e anche lui è un adoratore notturno. I suoi aguzzini gli propongono, per salvarsi, di rompere un quadro del Sacro Cuore e di distruggere la mensa dell’altare della parrocchia. Rifiuta, lo percuotono, gli tagliano la lingua e lo gettano in un pozzo. Dopo di lui uccidono i due minatori e il parroco che chiede di essere l’ultimo per poter incoraggiare gli altri. Pagano con la vita il solo fatto di essere cattolici praticanti. Rifiutano di abiurare e di calpestare gli oggetti sacri e per questo sono condannati a morte fra atroci sofferenze.
Perché la Chiesa – a distanza di 80 anni - ricorda la strage di questi innocenti? Risponde il cardinale Amato: «Se si dimentica il passato si è condannati a ripeterlo. Il ricordo è necessario nella vicenda dei nostri martiri perché, uccisi in odio alla fede, risposero ai loro assassini con il perdono, diventando così eroi di autentica umanità e vincitori inermi di una diabolica e cieca violenza. A distanza di tempo il loro ricordo evidenzia la sublimità della mitezza cristiana e la fragilità del male. Solo la pietà rende umana la società».
Come ripete spesso papa Francesco: «Il sangue versato dai cristiani è la rugiada che feconda la Chiesa».
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