Comunione e Liberazione 35 anni di Fraternità
Il 28 febbraio in Duomo una messa per l'anniversario con l'Arcivescovo mons. Nosiglia
Alessandra ha 24 anni e ha cominciato da poco la pratica da avvocato penalista. Il confronto con il mondo dell’avvocatura è subito duro, incontra tanti amici che si sentono frustrati per il modo in cui sono trattati negli studi professionali; altri faticano ancora di più: non trovano lavoro, la pratica diventa un miraggio. «Ne ho parlato con il mio fidanzato e con gli amici con cui abbiamo vissuto insieme una bellissima amicizia in università», racconta Alessandra «Mi sono accorta che avevamo fatto esperienza insieme di un modo diverso di guardare tutto e che nel confronto con le durezze della vita bastava niente a dimenticarsene. Ma, mi sono domandata: se la nostra compagnia aveva cambiato il tempo dell’università perché non dovrebbe funzionare anche nella vita adulta e nel lavoro?» È così che Alessandra ha deciso di far parte della Fraternità di Comunione e Liberazione: da una gratitudine verso ciò che aveva scoperto nell’amicizia cristiana vissuta in ateneo. «Mi immagino che la vita nella Fraternità», aggiunge, sarà un richiamo continuo alle cose più belle e a non passare le giornate tutta incentrata sul lavoro o sulle paure. Me l’immagino come una possibilità di aprire continuamente lo sguardo a un modo diverso di vedere tutto». Alessandra è una dei tanti giovani che il 28 febbraio parteciperanno alla messa, in Cattedrale, alle 21, presieduta dall’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia con la quale si ricorderà il 35° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione e il 12° anno dalla morte di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione.
Storie di amicizia cristiana. Quella di Alessandra, come quella di Emanuele, Andrea ed Emilio, storie nate e consolidatesi in Università.
Emanuele ha 26 anni. Fa il dottorato di ricerca in letteratura italiana e insegna in un liceo paritario. «Terminata l’università», racconta, «ho scoperto che la cosa più impellente per me era che la vita avesse un significato e che fosse utile innanzitutto per gli altri. Ho capito però che questo significato della vita uno non se lo inventa, lo incontra. E quindi ho cominciato a pensare a che cosa mi aveva fatto vivere l’università in modo pieno, attivo, e quali erano le amicizie e i rapporti che potevano rendere la vita del lavoro allo stesso livello di quanto avevo vissuto negli anni precedenti. E allora la decisione – sottolinea Emanuele – è stata quasi immediata: una scelta per la Fraternità di Cl come un’amicizia che mi rende attento a scoprire che cosa c’è di grande nella realtà e di vero nelle persone. Quando vado a far lezione così, tutto diventa più interessante e affascinante, soprattutto l'incontro con i miei studenti». E aggiunge: «Ho scoperto, nella declinazione della fede, che nella realtà c’è Qualcuno che ci viene incontro, che per me è Gesù».
Emilio ha 26 anni, fa la specialità in ortopedia. Anche a lui, durante gli studi in medicina, capita di incontrare i ragazzi del Movimento di Cl. «In queste ultime settimane – spiega – il lavoro ha cominciato a farsi più pressante, anche dal punto di vista psicologico. Per me è stato chiaro che non potevo che ripartire da lì, dal Movimento e dalla Fraternità, che per me sono un mezzo: sono ciò a cui mi sono aggrappato nei momenti caldi della mia vita, e sempre hanno risposto al dramma di quello che vivevo. Ho una certezza: aderendo alla Fraternità ho aderito a un fatto: che Gesù mi ha scelto attraverso questa strada».
Andrea ha 27 anni e lavora da circa un anno in un’azienda che fa imballaggi in plastica. Anche lui ha deciso di aderire alla Fraternità di Cl. «Non è stata una scelta automatica», spiega, anche se sono cresciuto nell’ambito del Movimento. Ho deciso in base a ciò che ho conosciuto e visto negli anni dell’università. E poi ho ben presente alcuni amici: come sono umanamente cambiati da quando hanno fatto quel passo… Allora, la Fraternità mi sembra un punto di aiuto concreto per la vita, che mi affascina e che mi mostra una possibilità positiva su tutto quello che mi attende negli anni a venire, nel lavoro e, spero, anche nel fare famiglia».
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