Quelle vite spezzate
Riflessione del direttore della Pastorale universitaria della diocesi sul dramma delle studentesse vittime dell'incidente stradale avvenuto in Spagna all'alba di domenica 20 marzo
Valentina, Francesca, Elisa, Elena, Lucrezia, Serena ed Elisa negli ultimi quattro anni della mia vita di prete e da prete vi ho incontrate nei corridoi dell’università, sedute sui muretti del Campus, di corsa a prendere l’ultima metro. Ho ascoltato le vostre storie d’amore, le paure di un esame, la bellezza di imparare e capire come funziona il mondo o come potrebbe funzionare il mondo. Abbiamo discusso infinite volte delle solite questioni, della Chiesa che non capisce, di un Dio che non ubbidisce, di quella preghiera che vi è rimasta nel cuore, della fede semplice e granitica di vostro nonno. Abbiamo celebrato insieme la Messa di Natale con il Vescovo, abbiamo camminato per la città sotto la pioggia e sotto il sole. Abbiamo accolto le matricole, risposto a decine di email, chattato su facebook, fatto volantinaggio e festeggiato lauree. Abbiamo riso e scherzato dei professori, abbiamo letto e riletto mille volte il curriculum sperando di fare bella impressione.
Quanti caffè alla macchinetta, quante volte a cercare una fontanella per riempire la bottiglietta dell’acqua. Vi ho invitato a mille incontri di tutti i tipi, a mille ed uno mi avete dato buca, ma alla fine mi avete regalato parole gentili, avete aperto il vostro cuore e, quello che è più importante, lo avete aperto almeno un pochino anche a Gesù. Avrei voluto cantare con voi suonando una chitarra ai giardinetti davanti alla facoltà, se solo fossi intonato sarebbe venuta benissimo, mi sono accontentato di ascoltare voi cantare, con gli occhi che sanno di tutti i vostri vent’anni, il sorriso e quel disincanto che tanto adoro di quei meravigliosi vostri venti anni. La retorica anche ecclesiastica parla di voi come del futuro, ed in effetti ci credo anche io, ma soprattutto siete un magnifico presente che tiene viva in noi la capacità di sognare, sperare, amare, immaginare, meravigliarsi. Vi amo dal profondo anche se un sacco di volte vi avrei mandato a quel paese nelle attese interminabili ché mai una volta arrivate puntuali. Tirocini e volontariato, aule studio e progetti di nuovi collegi universitari: ne abbiamo pensate e realizzate tante, viste e considerate anche di più. Valentina, Francesca, Elisa, Elena, Lucrezia, Serena ed Elisa oggi vi piangono i vostri genitori, i vostri cari, i vostri amici. Vi piange la politica e vi piange l’università, vi piange la città e vi piango anche io. Non ho incontrato e conosciuto nessuna di voi, ma vi ho incontrato e conosciute una per una in questi giorni di preghiera e di angoscia. Domani vi cercherò nei corridoi che erano i vostri, nelle aule che avete invaso di vita, nelle lacrime di chi ha paura di vivere. Vi cercherò e so che vi troverò perché ora che siete nel cuore di Dio non c’è più spazio o tempo che ci separi, ora che siete parte dell’eternità affido anche a voi questa nostra corsa nel tempo per realizzare con i vostri colleghi quello che speravate per voi, per dare senso a ciò che senso non ha, alla morte che inghiotte tutto, ma non chi ha il coraggio e la forza di accendere un cero pasquale sperando e credendo che l’ultima parola resta sempre la vita, qui o nell’eternità.
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