Martini e noi
Nell'ultima presentazione nella storica sede della Fondazione Donat-Cattin il volume dedicato al cardinale arcivescovo di Milano
“Quale immagine si conserverà di me? Non pretendo che si conservi un ricordo particolare. Mi basta essere stato uno dei tanti che hanno servito il Signore, la Chiesa e l’umanità”. Questa la risposta del cardinale ad un giornalista; il libro “Martini e noi” è, appunto, il ricordo di 111 persone che lo hanno conosciuto e che hanno tracciato di lui un ritratto personale; 111 nella prima edizione, 112 nella seconda, che porta – in più- la testimonianza di un altro gesuita e vescovo di origini piemontesi, come Martini, cresciuto però in Argentina, che ora chiamiamo Francesco,…
Alla presentazione di venerdì 18 dicembre, alla Fondazione Donat Cattin di Torino, ha partecipato il curatore, Marco Vergottini, teologo laico milanese, a lungo collaboratore del cardinale, che ha raccontato come sia nato questo progetto, nell’intento di offrire varie sfaccettature di un uomo dalle poliedriche attività, ma sostenuto da una fondamentale coerenza di vita impostata sullo stile evangelico, ampiamente riconosciuta da tutti. Ogni autore, con un titolo evocativo (“Il pastore bello”, “Non ebbe paura di mostrarsi fragile”, “Elogio del dubbio”,…), una citazione martiniana (“Solo chi sa ascoltare, appunto facendo silenzio, è capace di comunicare profondamente con l’altro; diversamente non farà che imporre all’altro se stesso, non farà che assorbire l’altro nel proprio orizzonte”, ad esempio) e un breve racconto del “proprio” Martini ha offerto il suo contributo.
Coordinati da Luca Rolandi, sono seguiti gli interventi di don Virginio Colmegna, direttore della Caritas ambrosiana, uno degli autori, che ha, con molto affetto e grande passione, presentato un uomo che, oltre ad essere un intellettuale di altissimo livello era, anche, un pastore attento ai più poveri; e quello di Giancarlo Caselli, che – partendo da alcuni contributi del libro e da un ricordo personale- ha tracciato un “profilo della giustizia secondo Martini”: sempre “restaurativa” della persona e mai solo punitiva.
Ha concluso l’incontro la testimonianza molto “piemontese e familiare” di Maris Martini, la sorella, che è stata ricca di aneddoti sconosciuti, tra cui uno relativo all’ ordinazione episcopale: l’allora semplice padre gesuita, sdraiato a terra in segno di umiltà, come previsto dal rito, la cui posizione svelava le vecchie scarpe bucate …. (altra analogia ….), accanto ad un altro candidato, dalle calzature lucide e con le suole intonse. Alla fine della Messa, la sorella rimproverò benevolmente il fratello che, con il suo fare tipico, tra il serio e il faceto pastorale, le ricordò come, nella vita, “bisognasse sempre guardare in alto”, ...
Serata ricca di emozione, per un saggio da leggere come “un romanzo a puntate”, che ha concluso l’attività della Fondazione Donat Cattin nella sede in via Stampatori, infatti a gennaio si trasferirà, con altre, nei Quartieri Militari juvarriani di via del Carmine; come si usa dire: per finire in bellezza!
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