L'ingegnere Marco Aimo: l’orgoglio di dire «io c’ero»
Dalle Olimpiadi di Torino 2006 all’Expo di Milano: «l’Italia è fatta di persone che si fanno in quattro per rendere grande e conosciuto il Paese»
A 55 anni non è facile ricominciare. Ma in fondo, oggi la professione è una sfida continua e per questo anche questa opportunità è fondamentale per crescere. Per 25 anni ho operato nel mondo automotive con il ruolo di Project Manager nel settore dell’automazione industriale. Nel 2004, dopo aver mandato un curriculum al Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Torino 2006, sono stato assunto con l’incarico di Venue Manager di uno dei siti olimpici più prestigiosi: quello del Fondo di Pragelato. Quante prove ho dovuto sostenere per ottenere tale incarico, compreso un test olimpico l’anno precedente. In tale sito olimpico ho vissuto momenti difficili, duri ma anche indimenticabili ed esaltanti che ancora oggi mi fanno dire: «io c’ero!». Ricordo la figuraccia, appena entrato, quando mi hanno detto che mi sarei occupato del Fondo. Essendo a digiuno di tale disciplina, ho chiesto allo sport manager che mi affiancava se conosceva la disciplina. Il suo nome è Alessandro Vanoi, il più grande Direttore Tecnico dell’Italia del Fondo, vincitore indiscusso con la sua squadra, in casa dei fortissimi norvegesi, durante le olimpiadi precedenti di Lillehammer. Con il suo modo sornione mi ha risposto che «qualcosa aveva fatto nel settore». Vedendo i risolini dei miei colleghi sono andato in Internet per capire chi fosse e cosa aveva fatto nella sua vita, e ho scoperto che è stato il Direttore Tecnico più medagliato della specialità. Di tale periodo ho tantissimi bei ricordi che ancora oggi mi commuovono.
Dopo aver fatto le Olimpiadi di Torino volevo concludere la mia carriera con un’altra cosa importante e l’Expo faceva al caso mio. Sono stato assunto all’inizio di Dicembre 2014 da EXPO Padiglione Italia, dopo vari mesi di tentennamenti causati dalle note vicende giudiziarie che hanno rallentato i processi di assunzione. Non sono stati mesi facili, il caos provocato dai ritardi era enorme. Le indefinizioni e le cose da chiarire erano molteplici. Si lavorava a compartimenti stagni, senza una regia comune. Purtroppo ho trovato tanta superficialità ed arroganza in tanti personaggi che avrebbero dovuto decidere per tempo e assumersi le proprie responsabilità. Ma cosi non è stato. I giorni passavano e cresceva l’angoscia di non farcela ad aprire il 1 Maggio.. Abbiamo lavorato come dei forsennati, litigando tra noi, senza però perdere le speranze e l’impegno. Sapevamo che ce l’avremmo fatta e lo volevamo dimostrare al mondo intero. Personalmente ho fatto il pendolare da Torino per cinque mesi. Treno alla mattina alle ore 06:14 da Lingotto, rientro alla sera alle 20, 21 per un totale di 5 ore di treno al giorno. Sono Operations Manager al Padiglione Italia e mi occupo insieme ad altri 2 colleghi di tutta l’operatività giornaliera all’interno del Padiglione: praticamente andiamo a risolvere tutte le problematiche rimaste irrisolte dalle altre funzioni. Padiglione Italia non è solo un padiglione ma un insieme composto da Palazzo Italia e da molteplici strutture, partner istituzionali, associazioni e concessionari che si affacciano sul Cardo, una via di 350 metri che si incrocia con la via principale: il Decumano. Finalmente il 1 Maggio è arrivata la fatidica apertura.
Non si sa come, ma tutte le macerie, i mezzi che si vedevano nella notte erano spariti, tutto o quasi era pronto. E al fatidico annuncio di Renzi che decretava l’apertura dell’Expo, con il passaggio sulle nostre teste delle frecce tricolori, posso affermare con orgoglio che mi sono commosso, ho capito che ce l’avevamo fatta. Anche questa volta avevamo vinto la sfida con il tempo. E da quel momento lavoriamo 16-17 ore al giorno per mettere a regime questa gigantesca macchina che è l’Expo. Padiglione Italia è l’esaltazione del Paese Italia che ha l’obiettivo di restituire orgoglio ai visitatori italiani e farci conoscere da quelli stranieri non come il «Paese dal grande passato» ma come una nazione energica e dinamica che ha il proprio orizzonte in un futuro aperto, globale. All’interno di Palazzo Italia gestiamo una mostra che racconta la genesi della «Casa dell’Identità italiana». L’intera narrazione viene raccontata con le 4 potenze dell’Italia: la potenza del Saper Fare, della Bellezza, del Limite e del Futuro. Insieme alla Carta di Milano, un documento vivo e condiviso da tutti, non un protocollo istituzionale, dove ognuno può aderire firmando. E’ un insieme di impegni e azioni per i cittadini, imprese ed istituzioni da leggere, sottoscrivere e condividere. Concludo perché mancano ancora 172 giorni alla chiusura e abbiamo ancora qualcosa da fare. Come tipico bogianen torinese posso sicuramente affermare che anche questa volta ho fatto la mia parte, anche questa volta posso raccontare «io c’ero» e lasciatemelo dire, la cosa mi riempie di orgoglio. L’Italia non è fatta soltanto da ladri e disonesti, ma anche da tante persone che si fanno in quattro per rendere grande e conosciuto al mondo questo bellissimo Paese.
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