TORINO
I revisori dei conti scaricano Appendino
Strappo senza precedenti. Il collegio ha rinunciato all'incarico di vigilare sui conti della città. La prima cittadina in Sala Rossa ha respinto le accuse sulla mancata collaborazione dell'amministrazione nella documentazione dei bilanci
Sindaca Appendino versus Revisori dei conti: è il titolo che ha dominato la recente scena politica e continua ad avere una sua vitalità politica non solo sul piano locale, se pensiamo allo scambio di accuse e controaccuse tra Matteo Renzi e il candidato premier dei Cinque Stelle Luigi Di Maio, la settimana scorsa entrambi a Torino. Le dimissioni del Collegio revisori dei conti di palazzo Civico, spiegate con una lettera dai toni polemici e sul filo del codice penale, ma precedute da critiche e riserve in più circostanze sull’operato della Giunta Appendino, ha però generato una serie di eventi complessi che proiettano un’ombra preoccupante sull’azione dell’amministrazione comunale e sul futuro medesimo della città.
In primis, lunedì scorso nel dibattito in Sala Rossa, la replica della sindaca. Chiara Appendino ha stroncato sul nascere e nel merito la questione di fondo avanzata dal Collegio dei revisori: la mancata collaborazione ricevuta dalla giunta nell’analisi dei bilanci. La sindaca, infatti, è stata tranchant nel rimandare al mittente le accuse, tralasciando che si tratta della prima volta per la storia di Torino. Ma se la perentorietà può anche avere una valenza propagandistica e politica, non ne ha alcuna sul piano amministrativo, perché non è sufficiente affermare il contrario di ciò di cui si viene accusati per avere ragione. Ed è il rischio maggiore che oggi sembra correre la sindaca Appendino, appesa al pendolo, e dunque dipendente, dalle oscillazioni tra gli estremi dell’istituzione comunale e del Movimento Cinque Stelle che la sostiene. Una posizione ambivalente e confusa che la porta a indossare la fascia di sindaco per arginare le richieste del movimento che la vuole nell’agone elettorale, ma quella di portavoce dei grillini nell’ultima seduta in Sala Rossa, che per più volte dice di non voler tollerare che le vengano messi i bastoni tra le ruote.
Sia chiaro, si tratta di un atteggiamento di legittima difesa politica, che non esclude però effetti collaterali. Primo fra tutti, quello di diventare la cartina di tornasole di un modo d’intendere i rapporti amministrativi tra Ente e organo di controllo (soggetto terzo e neutro), in cui il dissenso tecnico è vietato. Il che potrebbe rivelarsi un grave precedente, se non suonare come intimidatorio, per il nuovo Collegio dei revisori dei conti. All’opposto, non si intravede la difesa amministrativa che dovrebbe caratterizzare l’attività di un sindaco. In proposito, Chiara Appendino finora non si è espressa su due questioni dirimenti le dimissioni dei revisori, in ordine: 1) la denuncia sulla presunta mancata collaborazione della Giunta e sulla presunta manomissione di documenti; 2) le pressioni subite che indicano, nel meno peggiore dei casi, l’esistenza di un ambiente ostile, nel peggiore, forme di invadenza da codice penale. Del resto, dalla metà dello scorso anno, i revisori dei conti hanno bocciato, come ha fatto notare il consigliere del centro destra Alberto Morano, il bilancio previsionale di giugno per la controversa fattura Ream, che vede la sindaca indagata nell’inchiesta aperta dalla Procura di Torino, e il successivo assestamento di bilancio, integrato da una serie di riserve e pareri contrari che hanno corroborato il giudizio iniziale. A ciò, si deve aggiungere, l’inerzia della Giunta (ben presente al Collegio dei revisori dei conti) sul piano di rientro finanziario. Parliamo di una serie di iniziative per ridurre il debito della città e, non secondario, creare i presupposti per un eventuale intervento diretto sul bilancio Gtt a copertura del piano industriale approvato di recente.
A tutt’oggi, nonostante il dettagliato monitoraggio della Giunta Appendino, non si vedono all’orizzonte segnali di vendita delle società partecipate minori, né degli immobili, con grave pregiudizio per la liquidità del Comune. In proposito, il consigliere Morano, si è reso protagonista di un recente episodio: ha chiesto agli uffici competenti i bilanci delle partecipate in ambito culturale. Gli è stato opposto un garbato rifiuto, perché non ci sono. Evidentemente la Fondazione Torino Musei non docet. Eppure, la precaria situazione economica che ha trascinato 28 dipendenti nell’anticamera del licenziamento era nota dal marzo scorso.
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