Gianni Maddaloni, il riscatto attraverso lo sport

Sabato scorso al Sermig, c’è stato l’incontro con l'autore del libro "L’oro di Scampia" da cui è stata tratta l’omonima serie TV.

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Gianni Maddaloni, il riscatto attraverso lo sport

Gianni Maddaloni è nato a Napoli nel 1956, agli inizi degli anni '70, diventa atleta di Judo, allenandosi con la società DAI-TO CLUB della sua città, che porterà ai vertici, divenendo campione regionale nel 1978. Ma l’opera principale di Maddaloni è la Star Judo Club Napoli, nata nel 2000, con il nobile fine di costruire a Scampia, uno dei quartieri partenopei più difficili, per l’alto tasso di criminalità, una società civile attraverso lo sport, la cultura e la legalità. Ed è proprio qui, dove la prepotenza è legge, e la strada la casa di molti giovani, che Gianni e i suoi collaboratori iniziano a togliere gregari alla camorra, certi che non esistano soluzioni miracolose, ma che si debba operare con tre “ingredienti” basilari: educazione, disciplina e regole.

Ciò che insegna Maddaloni, però, va ben oltre un complesso di norme a cui attenersi, è insito nella sua persona, e si può riassumere nella parola Amore: quello con cui va nelle scuole a parlare con i bambini difficili, quello con cui accoglie tutti nella sua palestra, soprattutto chi non può pagare, quello con cui insegna a diventare judoka, come farebbe un padre più che un semplice allenatore, quello con cui spiega ai suoi ragazzi che non si deve mai avere fretta di arrivare, ma ci si deve porre degli obiettivi e lavorare duramente per raggiungerli, perché “nella vita nessuno regala nulla”.

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Ed è quando racconta la storia di Antonio, un preadolescente difficile con cui inizia il libro, che emergono la magnanimità, il coraggio, la squisita determinazione di Maddaloni. Chi è questo fanciullo? Un ragazzo sfortunato che frequenta la sua palestra, ma che a scuola sembra dimenticare le regole insegnategli con tanta pervicacia.

A undici anni non può più avere un rapporto con il padre carcerato, perché questi è stato trasferito da Poggioreale a Tempio Pausania, in Sardegna. Il ragazzino, abituato a vederlo una volta al mese, non accetta la sua assenza e inizia a dare segni del suo profondo disagio, picchiando i compagni. Un giorno, si accanisce su una bambina, allora un’insegnante decide di far intervenire Gianni, che si precipita a scuola, e come prima cosa, lo obbliga a scusarsi pubblicamente. Un’umiliazione, certo, una di quelle capaci di ferire il cuore di ogni genitore, ma il rigore è l’unica strada per “strappare” Antonio e tanti come lui alla criminalità organizzata.

Un giorno poi lo sente suonare la melodica così bene da convincersi che il Conservatorio sarebbe stata la sua carta vincente. E così è stato! Ora Antonio frequenta il Conservatorio di Napoli e si allena in palestra sei volte alla settimana per tre ore al giorno, sognando di poter partecipare alle Olimpiadi di Roma del 2024. Cosa ci insegna questa storia? Che basta trovare la persona giusta al momento opportuno per cambiare strada, e che questo è fattibile anche in un territorio “disgraziato, sfortunato, abbandonato”, com’è solito definire Maddaloni la sua Scampia, però ci vuole l’unione di tante persone. “Ho imparato che i buoni sono tanti e sono forti e noi dobbiamo credere in questa forza. Restiamo uniti, diamo il meglio di noi stessi fino alla morte.” È con le sue parole che mi piace concludere, perché da esse si desume non solo l’umanità di Maddaloni, ma anche la sua lotta quotidiana accanto alla gente di Scampia, che “non deve riscattarsi, ma solo avere delle opportunità”.

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