Dieci anni di Metrò

Torino festeggia i dieci anni della metropolitana, il fiore all'occhiello della sua rete di trasporti. L'anniversario è anche occasione per ragionare sulle periferie, tagliate fuori dalla modernizzazione.

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Dieci anni di Metrò

Ci sono quelli che usano la metropolitana continuamente, 140 mila passeggeri al giorno. Ci sono quelli che non la usano mai, perché la Linea 1 corre lontano dalle loro case. Questo doppio comportamento documenta gli obiettivi raggiunti e i risultati lasciati indietro dalle rete di trasporti torinesi, che hanno un ruolo così importante per la modernizzazione della città: verso la periferia Est (Collegno) possediamo da dieci anni una delle migliori metropolitane d’Europa; verso la periferia Nord, la più degradata e bisognosa di aiuto (Barriera di Milano e dintorni), scontiamo dieci anni di ritardi e sostanziale immobilità. La Linea 2 verso Barriera è ancora sulla carta; i cantieri della nuova ferrovia-metrò per Caselle attraverso il Borgo Vittoria inizieranno – si dice – fra pochi mesi, ben 14 anni dopo lo smantellamento della ferrovia precedente in Stazione Dora. Partiamo dalle ragioni di soddisfazione. Il decennale del Metrò 1 (inaugurato il 4 febbraio 2006) rappresenta un grande, indiscutibile vanto per Torino che seppe approfittare delle Olimpiadi invernali (ci torneremo la prossima settimana) per iniziare lo scavo della galleria. I treni che corrono sotto terra hanno molto migliorato il modo di muoversi in città: nel 2015 più di 40 milioni di spostamenti individuali sono avvenuti con il metrò anziché in auto. Significa meno traffico e meno smog, tragitti rapidi, meno stress, più comodità per i turisti e i pendolari… La metropolitana è la più concreta, forse la più benefica eredità ricevuta dai Giochi olimpici: un cantiere che non si è più fermato, che è giunto al Lingotto e che sta per giungere alla periferia Sud in piazza Bengasi.

Tutto invece deve ancora iniziare nella periferia Nord, ove il ritardo della rete di trasporti esprime trascuratezza rispetto ai quartieri più degradati della città, quelli più appesantiti dalla crisi sociale e dalle sacche di immigrazione più povere. Ci fu nei primi anni del Duemila una grande iniezione di risorse per il rilancio di Mirafiori con il programma europeo Urban II, non altrettanto sta accadendo per la modernizzazione della Barriera, appesa agli esiti incerti della Variante urbanistica 200. Qui i riflettori del turismo non potranno mai essere accesi, c’erano le fabbriche e non ci sono più, c’è qualche prospettiva di sviluppo universitario nella vecchia Manifattura Tabacchi. La Diocesi di Torino ha fatto i suoi maggiori investimenti nella periferia Nord, vi ha trasferito gli uffici di Curia, ha eretto la monumentale chiesa del Santo Volto. Ma non c’è business, Torino ha complessivamente tenuto questa periferia in coda alla liste della cose da fare. Per questo la Linea 2 di Metrò è ancora nel cassetto, per questo gli scavi ferroviari in corso Grosseto sono in ritardo di dieci anni. Neppure il viale in allestimento sulla copertura del Passante Ferroviario arriverà domani, il segmento che penetra in periferia è l’unico ancora da finanziare: le auto giungeranno sul confine di corso Mortara ad aprile, e si fermeranno qui.

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