Alternanza scuola lavoro, all'Agnelli è già realtà
Un convegno all'Istituto Agnelli di Torino, la scuola salesiana che sulle orme di don Bosco da decenni forma generazioni di giovani preparandoli al mondo del lavoro: qui già da tempo si sperimentano esperienze di stage in azienda anticipando i contenuti dell'ultima riforma scolastica denominata «Buona scuola»
Se don Bosco fosse stato nominato ministro dell’Istruzione l’alternanza scuola-lavoro prevista dall’ultima riforma denominata «la Buona scuola» sarebbe obbligatoria almeno da 160 anni. Oltre un secolo e mezzo ci è voluto per far diventare parte integrante dei programmi dei licei e degli istituti tecnici ciò che don Bosco aveva già intuito fin dal 1842, quando seguiva i giovani apprendisti presso le botteghe artigiane della città di Torino, fondava per loro scuole serali, festive e diurne e nel 1853 dava inizio a laboratori interni per calzolai, sarti e legatori, falegnami, tipografi e fabbri ferrai. Di alternanza scuola lavoro si è parlato giovedì 11 febbraio all’Istituto Agnelli, in corso Unione sovietica 312, durante un convegno promosso dalla scuola salesiana per fare il punto con le aziende del territorio se il dettato della nuova Riforma, oltre ad un adempimento burocratico può essere una prospettiva per il futuro dei giovani che frequentano le scuole superiori. Ne hanno parlato don Luca Barone, dal 2006 direttore dell’Istituto Agnelli e Giovanni Bosco, preside dell’Istituto tecnico industriale e Liceo scientifico, Paola Barbero dell’Unione Industriale e Patrizia Paparozzi della Camera di Commercio di Torino.
Secondo la legge 107/2015 (Buona Scuola), è stato illustrato durante i lavori, tutti gli studenti del secondo biennio e dell'ultimo anno obbligatoriamente devono seguire un percorso di orientamento utile nella scelta lavorativa una volta conseguita la maturità. «Il periodo di ‘alternanza scuola-lavoro’ che si realizza con attività dentro la scuola o in azienda, secondo la legge si articola in 400 ore per gli istituti tecnici e 200 ore per i licei. Una consuetudine che all’Agnelli è già parte integrante nei percorsi scolastici – come ha sottolineato il salesiano don Fabrizio Gallarato che ha moderato il convegno – ed ora che è diventato legge in qualche modo conferma che don Bosco ha anticipato i tempi».
E poi all’Agnelli - come hanno convenuto i relatori con una platea di insegnanti, allievi e imprenditori (13 le aziende presenti che collaborano stabilmente al progetto «scuola in azienda» presentato negli stands espositivi dalla Comau alla Skf, dal Politecnico alla Siemens) – la prossimità con l’imprenditoria è tradizione antica.
Già il nome dell’opera salesiana rimanda al legame di questa scuola con l’azienda automobilistica torinese la cui collaborazione negli anni non è mai venuta meno nonostante la crisi: migliaia di giovani torinesi formati in queste aule hanno trovato lavoro nei vicini stabilimenti Fiat. Non per nulla medie, liceo, istituto tecnico sono intitolati ad Edoardo Agnelli Nell’isolato tutto salesiano – quasi una cittadella dell’educazione - il liceo scientifico (tradizionale e con l’opzione scienze applicate), l’istituto tecnico (elettronica, elettrotecnica, meccanica, meccatronica, energia) e il centro di formazione professionale Cnos sono da sempre fiore all’occhiello nella formazione di giovani molto apprezzati dagli imprenditori torinesi. Girando negli stand, tra i progetti con le aziende avviate dall’Istituto, si scopre ad esempio che l’Agnelli ha collaborato in una stazione di lavoro robotizzata per la Ferrari, per una macchina da stampa Skf, per lo studio di una carrozzeria per un veicolo commerciale e molto altro si farà come hanno auspicato Unione industriale e Camera di Commercio perché all’Agnelli l’alternanza scuola impresa è già realtà.
Don Luca Barone ha ribadito il legame tra la scuola e il mondo del lavoro ricordando come proprio don Bosco nel 1851 fu il firmatario in funzione di garante del primo contratto di apprendistato della storia tra un «padrone» e uno dei suoi giovani a bottega in un’azienda dell’epoca. «Lo conserviamo negli archivi della Congregazione Salesiana – ha spiegato don Barone – in queste scritture don Bosco imponeva ai titolari di impiegare i giovani apprendisti solo nel loro mestiere e non come servitori e sguatteri; raccomanda che le correzioni siano fatte solo a parole e non con le percosse, si preoccupa della salute, del riposo festivo e delle ferie annuali. Ed richiede per il giovane apprendista uno stipendio ‘progressivo’ dal momento che il terzo e ultimo anno di apprendistato era in pratica un anno di lavoro a tutti gli effetti. Dunque noi salesiani - ed ora questo stile educativo è diventato legge – non abbiamo inventato nulla. Semplicemente, come ci ha confermato il Papa nella sua visita a Valdocco lo scorso 21 giugno, cerchiamo come il nostro fondatore di essere gente concreta: don Bosco si preoccupava che i suoi ragazzi imparassero un mestiere e che il mondo del lavoro non li trovasse impreparati: noi cerchiamo di continuare la sua opera»
Informazioni su www.istitutoagnelli.it
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