Quella ricca e affascinante piccola Italia
Il nuovo libro di Enrico Borghi, presidente dell'Uncem, ripercorre e descrive le aree interne e la questione territoriale, radice del nostro futuro
Se si guarda alle dinamiche territoriali che hanno interessato l'Italia negli ultimi cinquant’anni, non si possono non considerare le profonde mutazioni di scenario che si sono succedute. Agli anni sessanta, caratterizzati dalla programmazione statale e dalla pianificazione territoriale, sono seguite le stagioni del regionalismo e del federalismo, fino ai più recenti tentativi di riassetto istituzionale, culminati nella mancata revisione costituzionale. In questo percorso poco si è insistito sul ruolo dei territori, e soprattutto delle comunità, che nel dibattito pubblico sono state relegate in una posizione marginale.
Con questo filo rosso, Enrico Borghi, presidente nazionale dell'Unione dei Comuni e degli Enti montani, nonché coordinatore della Strategia nazionale Aree interne, attraversa gli ultimi quarant'anni di politiche locali e statali per territori, enti locali, montagna. In uscita in libreria per Donzelli, "Piccole Italie. Le aree interne e la questione territoriale" contiene un'acuta riflessione su cosa sia la politica territoriale, dopo la fine dell’interventismo statale e la crisi del regionalismo, e su cosa possano rappresentare i territori nella sfida della modernizzazione italiana.
Le statistiche e gli indicatori parlano dell’emergere in Italia di una vera e propria "questione territoriale", con una marcata polarizzazione tra territori nei quali si concentrano opportunità, risorse, servizi e investimenti e aree in cui si acuiscono l’invecchiamento, la povertà e la desertificazione. "Senza assicurare certezze nel campo dei servizi essenziali quali scuole, trasporti, sanità, e senza garantire uno sviluppo che si traduca in occupazione - scrive Borghi, deputato dal 2013 - vengono meno i fondamentali diritti di cittadinanza, con il risultato che qualunque iniziativa è votata al fallimento".
È su questi nodi che si gioca oggi (e domani) la partita del riequilibrio territoriale e del ruolo delle comunità. L’attuazione di politiche in grado di garantire il diritto di opzione e la libertà di scelta di vita (dopo vent'anni di vuoto più assoluto) necessita di forme politiche che siano luoghi di rielaborazione del pensiero, luoghi nei quali riformulare le prospettive all’interno di una visione di bene comune. Questi luoghi sono i territori, le aree interne, le aree montane dove oggi si assiste a nuova e preziosa sperimentazione. Che fa bene al Paese, secondo Borghi. Ma serve un protagonismo anche a livello locale di chi ha responsabilità politiche, amministrative e civili: è questa l'occasione per uscire dal "passato" fatto di trasferimenti a pioggia e mancanza - molto spesso - di investimenti per lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro, là dove appunto ve ne è più bisogno, utilizzando bene, ad esempio, la leva dei fondi europei.
Solo così la questione territoriale diventa questione nazionale, ed è per questo che le "piccole Italie" possono contribuire in maniera decisiva a salvare la grande Italia.
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