Una “decrescita” alla torinese

Le proposte per una nuova città sostenibile

 Una “decrescita” alla torinese

La promozione della dieta vegetariana rientra probabilmente nella visione alternativa della società di matrice grillina. Del resto, già in campagna elettorale il Movimento 5 Stelle torinese era stato accusato di aderire al paradigma della decrescita felice. In particolare, era stato preso di mira colui che è diventato l’assessore all’urbanistica e il vice sindaco di Torino, Guido Montanari che si è sempre battuto contro la deregulation urbanistica e la cementificazione (come testimoniato dall’attiva partecipazione al forum nazionale “Salviamo il Paesaggio”). E che è stato subito etichettato dal sindaco uscente Piero Fassino come il “signor No”.
Con la complicità della redazione torinese di “La Repubblica” aggiunge lo stesso Montanari “che si è distinta nel corso della campagna elettorale per allineamento alle tesi dell'amministrazione uscente”.
Ma l’architetto Guido Montanari, professore associato del Politecnico dal 2002, e oggi assessore all’urbanistica della Città di Torino è davvero un sostenitore della decrescita felice? Lui non ha problemi ad ammettere che sostanzialmente ne condivide la tesi, sebbene preferisca utilizzare “più che altro per motivi comunicazionali, la definizione di "sviluppo sostenibile" elaborata a partire dal rapporto del Club di Roma del 1972”.
Ovviamente per Montanari promuovere la decrescita e collaborare col Movimento 5 Stelle - da sempre con contro il Tav (l’inceneritore e le grandi opere pubbliche) - non significa che la sua giunta sarà contraddistinta dall’immobilismo, come paventato in campagna elettorale da Piero Fassino: “la mia visione di sviluppo è semmai alternativa a quella dell'amministrazione precedente che ha prioritariamente sfruttato il territorio per “fare cassa" incrementando le rendite urbane senza ridistribuirne i proventi alla maggioranza dei cittadini” spiega il neo vicesindaco di Torino.
Per Montanari “sarà difficile cambiare radicalmente la prospettiva di Torino a causa dei buchi di bilancio lasciati dalla precedente amministrazione; tuttavia è possibile ribaltare il paradigma finora seguito che vede la classe politica lontana dai cittadini e il loro coinvolgimento soltanto una volta ogni cinque anni. La nostra politica dell’ascolto e della partecipazione aprirà davvero una nuova prospettiva di visione e di pratica democratica”. Confermando la volontà di incontrare i portatori di istanze di ogni quartiere torinese, Montanari aggiunge: “l’urbanistica sarà alla base di questa nuova visione di riconversione attuando il mantenimento e la ricollocazione delle attività produttive sul territorio, evitando la desertificazione sociale e commerciale dei quartieri provocata dalla proliferazione dei grandi centri commerciali. Naturalmente il ridisegno delle aree di trasformazione deve tenere conto degli aspetti ambientali, delle esigenze dei servizi, ecc. La revisione del Piano Regolatore partirà appunto dalla esigenze dei cittadini zona per zona”.
Promesse il cui grado di soddisfacimento sarà valutato in prima linea anche dai militanti del circolo torinese del Movimento della Decrescita Felice. Lo stesso Maurizio Pallante, d’altronde, - “ideologo” italiano della decrescita, abitante delle colline del Monferrato astigiano - ammette di continuare a confrontarsi anche con attivisti del M5S: “ho ricevuto e ricevo costantemente richieste di incontri da gruppi locali del M5S. Sono sempre andato e ho sempre trovato persone molto in sintonia con le tematiche della decrescita. Ma se qualcuno non ritiene opportuno confrontarsi con me, non sarò certo io a imporre la mia presenza”.
Anche per i sostenitori torinesi della decrescita il nodo principale è quello dello sviluppo urbanistico e della promozione della mobilità leggera. Karl Krähmer, presidente della sezione torinese del Movimento per la Decrescita Felice, può, per adesso, esprimere un giudizio sull’operato della passata amministrazione che contiene molte più ombre che luci: “le Case del Quartiere (che però solo in parte sono attribuibili all'amministrazione e in grande parte sono merito di cittadini attivi) sono un modello di successo, consolidatesi come luoghi di aggregazione di persone di qualsiasi estrazione sociale; i programmi di rigenerazione urbana hanno portato ad alcuni risultati interessanti (ma anche contribuito a processi di gentrificazione); è stato introdotto il bike sharing (con una qualità di servizio però molte volte scadente); sono state pedonalizzate alcune vie (ma quasi tutte in centro) e sono stati inaugurati metropolitana e servizio ferroviario metropolitano. Ciò premesso, dobbiamo però constatare che il sistema non è stato riorientato per favorire la mobilità pedonale, ciclabile e il trasporto pubblico: sono stati costruiti troppi parcheggi sotterranei che attraggono traffico; le linee di trasporto pubblico sono state ripetutamente tagliate: certo, anche per colpa di Stato e Regione, ma non si è tentato di riorganizzarle per aumentarne l'efficienza (l’interessante proposta della professoressa Pronelo è finita subito nel cassetto); le nuove piste ciclabili sono quasi tutte di livello scadente (finiscono a volte pure nelle scale della metropolitana); e non sono stati minimamente rispettati Biciplan e PUMS (Piano Urbano della Mobilità sostenibile)”.
Le interpretazioni e i punti di vista di Krähmer coincidono, in molti casi, con quelle di Guido Montanari il cui programma prevede disincentivi all’uso dell’auto privata e la promozione della mobilità “dolce” che, oltre alle piste ciclabili, comprende percorsi sicuri verso casa, scuola e lavoro. Anche per Krähmer “la pianificazione urbanistica negli ultimi anni si è basata sulla dismissione di patrimonio pubblico e sulla vendita di diritti edificatori per residenze (con migliaia di case vuote a Torino) e centri commerciali, danneggiando il tessuto del piccolo commercio, fondamentale per la vitalità dei quartieri. La partecipazione dei cittadini è stata praticamente inesistente, se non finta come nel vergognoso processo “partecipato” sulla Cavallerizza”. Ampiamente condivisa è la delusione per il risultato finale della copertura del passante ferroviario da largo Orbassano a corso Venezia giudicato da entrambi come “l’ennesima occasione perduta”. Come denunciato per anni dalla maggioranza più attiva di “Torino Sostenibile” - il gruppo Facebook frequentato anche da molti amministratori pubblici che acquisito una significativa influenza politica (tanto che due attivisti sono diventati collaboratori della nuova giunta penta stellata) - , Montanari e Krähmer commentano all’unisono “che è stata creata un’autostrada urbana che divede ancora di più la città”. “E che andrà ridisegnata - auspica Montanari - per farne un percorso verde, caratterizzato da attraversamenti, piste ciclabili e meno spazio alle automobili”.
E’ notizia proprio di questi giorni la dismissione del servizio comunale di car sharing che sarà sostituito dai privati, inclusa BlueCar del francese Bollorè con le sue vetture no-oil. Tuttavia, per i decrescenti non è il car sharing, elettrico o a benzina, che può rivoluzionare il sistema della mobilità: “questo servizio può essere utile quando facilita la scelta dei cittadini di vivere senza auto propria, sapendo di avere potenzialmente un'auto a disposizione in caso di necessità (per un trasloco o lo spostamento di merce pesanti, ad esempio). Il car sharing, infatti, dovrebbe rimanere un servizio utilizzabile solo in casi eccezionali, altrimenti non cambierebbe nulla. Anche con quello no-oil, considerato che l'elettricità è in buona parte prodotta col carbone e che ogni vettura trasporta mediamente poco più di una persona. Un impulso alla mobilità sostenibile può essere dato solo attraverso una pianificazione coerente dei trasporti che punti sul trasporto pubblico, sulle zone a 30 km/h, l'allargamento dei marciapiedi, l'eliminazione di parcheggi, la piantumazione di alberi, la costruzione di passaggi pedonali sopraelevati” concordano Pallante e Krähmer.
Sia il nuovo assessore all’urbanistica, sia i rappresentati torinesi della decrescita sono, infine, parecchio scettici sull’ “auto proclamazione” di Torino come “smart city”. Almeno rispetto a ciò che finora è stata elaborato sul campo: “non si è andati oltre alcuni eventi di lieve rilevanza”, sostiene Krähmer; “anche se ci sono segnali incoraggianti, come il sistema telematico per le pratiche edilizie, Torino non si può certo considerare, allo stato attuale, una città “intelligente, creativa e inclusiva” ” argomenta Montanari.
Le stesse olimpiadi invernali del 2006 - che pur rimangono, nell’immaginario collettivo, un motivo di orgoglio e un fattore di crescita per la città - sono state prova, per Montanari, del disorientamento della classe dirigente torinese: “passata la sbornia olimpica, ci si accorgerà che questo mega evento è stata un’occasione persa di utilizzare la visibilità e le opportunità di investimenti a favore della maggioranza dei cittadini”. “Le amministrazioni e il governo di centro-sinistra degli ultimi anni hanno fallito (anche qui a Torino) su tutta la linea, adottando politiche neoliberiste senza controllo che hanno impoverito la classe media, ridotto i diritti dei lavoratori e ridotto alla povertà interi settori sociali” aggiunge Montanari che promette, al contrario, una gestione molto più partecipata e democratica degli affari pubblici.
Mentre Maurizio Pallante si augura che la sua Torino contribuisca a lanciare “un programma nazionale di ristrutturazione energetica del nostro patrimonio edilizio. Si avrebbe così una decrescita derivante da una decrescita selettiva degli sprechi. Risultati: bollette meno care per le famiglie, meno emissioni di CO2, creazione di molti posti di lavoro che si pagano con la riduzione dei costi delle bollette nei primi anni successivi alla ristrutturazione, necessità di tecnologie più evolute, riduzione della propensione al conflitto armato per tenere sotto controllo le fonti fossili di energia”.

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