Timbuktu, osservare il fondamentalismo con gli occhi della gente
TIMBUKTU (Francia, Mauritania, 2014) Regia:Abderrahmane Sissako con Toulon Kiki, Ibrahim Ahmed, Fatoumata Diawara.
TIMBUKTU (Francia, Mauritania, 2014)
Regia:Abderrahmane Sissako
con Toulon Kiki, Ibrahim Ahmed, Fatoumata Diawara.
“Timbuktu” è l'ultimo film di Abderrahmane Sissako, regista, sceneggiatore e produttore mauritano considerato da molti tra i più notevoli maestri del cinema africano. E' vero, non c'è dubbio, basta vedere “Timbuktu” per rendersene conto: il suo è uno stile misurato e raffinato, con un grande gusto estetico che sconfina nel pittorico, un'espressività chiarissima e senza fronzoli inutili o fuorvianti. Sissako usa il cinema per quel che può essere, ovvero un'arte che deve comunicare contenuti importanti, offrire al pubblico una visione della realtà e un invito a riflettere su ciò che accade, senza polemiche strumentali inutili, offrendo la descrizione di eventi, situazioni e sentimenti per quel che sono senza accenni grotteschi o condanne da barricata. Del resto ciò che racconta è, di per sé, talmente drammatico da non avere alcuna necessità di essere sottolineato ulteriormente.
“Timbuktu” descrive gli effetti del fondamentalismo islamico – come lo definiscono i non islamici – sulla vita della gente comune, che ha fede nell'Islam, quello vero, quello del Profeta. Gente che vive normalmente, con figli e famiglia, lavora, desidera restare in pace e che, senza capire perché, si trova ad essere dominata da oppressori dispotici e sanguinari che si fanno scudo dell'Islam per giustificare terrore efferato e senza alcun senso, senza alcuna forma di umanità come la intendono tutte le persone normali sotto ogni cielo. Sissako racconta una storia difficile e tragica e, per farsi capire e non fraintendere, la ambienta a Timbuctu nel Mali, la regina delle sabbie, mitica città considerata capitale di uno dei quattro veri sultanati, una città che venne dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco, proposta come una delle sette meraviglie moderne, una città che conservava il prezioso tesoro di settecentomila manoscritti arabo islamici, tra cui anche le opere di Avicenna.
Tutto questo prima che cadesse nelle mani dei fondamentalisti che, come si sa dalle cronache, nel 2012 hanno distrutto cinque edifici storici e le tombe dei marabutti,i santi islamici africani e chissà quant'altro di cui non è giunta notizia. Ebbene Sissako racconta di come il pastore Kidane, che viveva felice con la moglie Satima e la figlia Toya, perda tutto e venga ingiustamente condannato a morte perché, durante una lite, un colpo accidentale della sua pistola ha ucciso il pescatore Mamadou che, a sua volta, gli aveva ucciso una mucca. Sissako fa vedere, con una fotografia impeccabile, come i conquistatori tiranni non capiscano la lingua locale, come impongano assurdi divieti su divieti e infliggano punizioni crudeli, come non ascoltino l'autorità religiosa locale che cerca di riportarli sulla retta via dell'Islam, come essi stessi siano trasgressori delle regole che impongono, restando impuniti e come alla gente normale non resti che la fuga, come quella della gazzella dalle belve umane. Da vedere per riflettere e capire.
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