Sherlock Holmes e il mistero della tomba vuota/ Uno shock per Mrs Hudson
Il racconto: ecco la prima di sette puntate per il tempo di Pasqua, una meditazione sul brano di Giovanni (20,1-9), con alcune incursioni sui racconti degli altri Vangeli caratterizzato dal dialogo dei due protagonisti del romanzo di Chesterton
“Buon pomeriggio, Holmes”.
Nessuna risposta venne dal grande investigatore, che, seduto sulla sua poltrona e avvolto da una nuvola di fumo di pipa, pareva completamente assorto nella lettura di un libro che reggeva con la sinistra, mentre con la destra prendeva appunti a matita su un quaderno appoggiato al bracciolo.
Il dottor Watson si schiarì la gola e ripetè:
“Buon pomeriggio, Holmes!”, badando a inserire nel tono della voce una sfumatura d’irritazione.
Fu quella, forse, che indusse Sherlock Holmes ad alzare gli occhi dal libro con visibile riluttanza e rispondere un laconico:
“Watson …”.
Era chiaro che, per quanto lo riguardava, la conversazione sarebbe dovuta terminare lì. Watson lo percepì, ma entrando aveva notato qualcosa che lo aveva molto sorpreso, e non poté trattenersi:
“Lode all’Onnipotente, Holmes: dopo lunga battaglia ha vinto la vostra resistenza e vi sta aprendo alla fede!”.
Lo sguardo con cui Sherlock Holmes gli rispose era di sincero stupore:
“Di cosa state parlando, dottore?”
“Beh, mi pare evidente: non vi avevo mai visto con la Bibbia in mano”.
“Solo perché l’avevo già letta più volte molto prima che ci incontrassimo, come dovrebbe fare ogni uomo che voglia ritenersi non dico colto, ma almeno decentemente acculturato”.
“Se è così, perché l’avete ripresa in mano proprio subito dopo la Pasqua?”.
“L’associazione c’è, in effetti. Ed è piuttosto elementare, Watson, quindi confido che ci arriverete da solo. Se volete, avvisatemi quando accadrà”.
Detto questo, Holmes tornò a concentrarsi nella lettura e a prendere appunti, mentre Watson, deposti bastone e cappello su un tavolino, camminò lentamente fino al bovindo, scostò una tenda e si mise a guardare i passanti in Baker Street. Quell’azione, invece di distrarlo, lo aiutava a riflettere. Sherlock Holmes lo aveva liquidato con quella sufficienza da cui neppure l’amicizia riusciva a trattenerlo, e lui voleva stupirlo trovando subito la soluzione.
“By Jove!” mormorò all’improvviso, lo sguardo fisso su uno strillone del Times che si era fermato proprio all’altezza del numero 22, sull’altro lato della strada. Il ragazzo esibiva il giornale su cui campeggiava a caratteri di scatola il titolo: “Il mistero della tomba vuota”.
“Ma certo!”, esclamò voltandosi trionfante verso Sherlock Holmes. O meglio, verso il punto dove riteneva ragionevolmente che l’amico si trovasse, intento a compulsare con lo sguardo febbrile e penetrante le righe del Libro.
La poltrona era al suo posto, ma del tutto priva di investigatori. La Bibbia aperta era appoggiata a dorso in su sul bracciolo sinistro, e sul destro era posato il quaderno chiuso, con la matita a far da segno. Sherlock Holmes non era più nella stanza. Watson fece appena in tempo a chiedersi come avesse fatto a dileguarsi senza alcun rumore, neppure quello dell’apertura e chiusura della pesante porta di legno del salotto, che questa si spalancò e Holmes entrò a grandi falcate, reggendo tra le mani quella che a tutta evidenza era biancheria da letto.
Lo seguiva un’infuriata Mrs Hudson, che vanamente tentava di richiamare la sua attenzione ripetendo: “Mr Holmes! Mr Holmes!”. Alla fine, visti vani i suoi sforzi, sbottò: “Oh, insomma!” e si piantò al centro della porta a braccia conserte e con espressione sdegnata.
Il dottor Watson era basito. Non che quella fosse la prima volta che qualche bizzarria di Holmes faceva alterare la signora Hudson, ma a giudicare da quel che vedeva, si era superato ogni limite: l’armadio della biancheria buona, il sancta sanctorum della loro padrona di casa e governante, era stato violato!
Incurante delle reazioni altrui, Holmes proseguiva imperterrito in quello che ai suoi due spettatori pareva un comportamento da alienato. Si avvicinò alla chaise longue, vi lasciò cadere la biancheria e cominciò a spostarla studiando con lo sguardo la distanza e la posizione rispetto alla porta del salotto. Quando fu soddisfatto della collocazione, prese dal mucchio di biancheria un lenzuolo e, impugnato un paio di lunghe forbici, cominciò a tagliarlo a strisce larghe una trentina di centimetri. Mano a mano che tagliava una striscia, la lasciava cadere a terra accanto alla chaise longue. Quindi posò le forbici, prese un secondo lenzuolo e lo piegò accuratamente, deponendolo poi su un tavolino.
Terminata questa operazione, si voltò verso Watson con aria trionfante, indicò la scena e disse:
“Ebbene?”....... (continua/1)
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