Resistenza e Costituzione: le radici della democrazia
"Resistenza e radici spirituali dell’Unione Europea” a Torino il 21 Ottobre 2016 dalle 9 presso il Museo del Carcere “Le Nuove”
Il Convegno è parte di un progetto promosso dall’ANPC in collaborazione con l’Istituto Luigi Sturzo, dedicato alla valorizzazione della memoria ed alla divulgazione della conoscenza degli eventi che portarono alla liberazione dal nazi-fascismo e alla rinascita della democrazia in Italia e in Europa (con una particolare attenzione al contributo della componente del movimento resistenziale che muoveva da una coscienza e da ideali cristianamente ispirati). Il Convegno fa parte delle iniziative promosse dalla Confederazione italiana fra le associazioni combattentistiche e partigiane per la celebrazione del settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione, sostenute dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Di particolare significato il luogo di svolgimento dei lavori – l’ex carcere "Le Nuove" di Torino, ora trasformato in museo – e la partecipazione attiva alla preparazione e alla realizzazione del convegno di due classi di liceo con i rispettivi docenti. Due elementi che sottolineano il forte intento educativo e formativo dell’iniziativa, col fine di tramandare alle giovani generazioni i valori della Resistenza e della democrazia.
«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».
La nota affermazione del giurista e costituente fiorentino Piero Calamandrei, pronunciata in un ciclo di conferenze a giovani universitari, contiene una precisa idea di fondo circa le origini, il senso e il ruolo della Costituzione italiana, individuando quale elemento essenziale della sua legittimazione una comune esperienza storica e concreta. Si tratta sicuramente di un aspetto fondamentale, anche se non unico, del processo che portò alla stesura della Costituzione sulla base della condivisa esperienza dell’antifascismo e della lotta di liberazione di coloro che la scrissero. I padri costituenti avevano alle spalle le grandi speranze che la Resistenza aveva alimentato e che dovevano servire da presupposto per costruire una nuova società. E di Costituzione figlia della Resistenza si è parlato a lungo ed è fuori di dubbio il legame stretto e diretto tra i due momenti.
Questo non significa però che tutte le elaborazioni dell’assemblea costituente avessero già un precedente consolidato nella Resistenza. Non tutto era semplicemente una trasposizione di aspetti predefiniti. Al contrario, alcune proposte di stabilizzare le istituzioni della Resistenza furono presto accantonate, come avvenne, ad esempio, per la proposta del Partito d’Azione di costruire uno Stato dei Cln. Qualcuno ha anche parlato in proposito di Costituzione decisamente lontana dalla Resistenza, al punto da rappresentare un tradimento della Resistenza stessa, rivelatasi troppo poco incisiva sulla carta costituzionale. Altri, all’opposto e con intenti nettamente critici e talora delegittimanti, hanno riproposto il nesso Resistenza-Costituente-Costituzione come sostanziale continuità di difetti del Paese, per cui la stessa Costituzione rappresenterebbe un ulteriore imbroglio perpetrato dai partiti a danno degli italiani.
Affermare che la Costituzione affonda le radici nella Resistenza non significa dunque cercare in questa un progetto compiuto di quella. Nello stesso tempo, però, mi sembra innegabile che alcune indicazioni siano rinvenibili nell’esperienza resistenziale non unilateralmente intesa. Nella Resistenza determinati temi incominciarono a emergere e vennero concepiti come particolarmente rilevanti per quello che sarebbe stata l’Italia di domani. Penso, tra questi, alla questione della restaurazione delle libertà e dei diritti, al significato e al valore del problema del lavoro o a quello delle autonomie, alla prospettiva di una democrazia integrale, aspetti che, accanto ad altri, incominciarono a emergere nell’esperienza di quei venti mesi.
Mi limito a pochi accenni. Il tema della restaurazione delle libertà e dei diritti, ad esempio, da parte di sensibilità più attente veniva avvertito già nella fase della Resistenza non come un semplice ritorno al passato. Restaurare libertà e diritti non significava tanto ricominciare da dove si era interrotta una certa storia prima del fascismo, ma piuttosto pensare a novità, anche sostanziali, per la fase che la Costituzione inaugurava. Sono significative, in proposito, alcune polemiche insorte ancora prima dell’avvio dei lavori dell’assemblea costituente, come quella dell’autunno 1945 all’interno della Consulta nazionale tra l’esponente azionista Ferruccio Parri (allora presidente del Consiglio) e Benedetto Croce (il filosofo custode e interprete della tradizione liberale) sul significato del termine democrazia, semplice ritorno alla fase liberale prefascista o processo che racchiudeva elementi nuovi fino ad allora trascurati, come una partecipazione universalmente intesa, un coinvolgimento di tutti i protagonisti sociali, ecc.
Si trattava di ricominciare un percorso che implicasse e considerasse gli elementi nuovi che l’attendevano. Il popolo italiano nella sua totalità doveva parteciparvi nella pienezza di una cittadinanza vissuta non isolatamente, ma come insieme di soggetti immersi in processi sociali e politici. Si facevano emergere i legami sociali che la successiva fase costituente avrebbe riconosciuto, sottolineando soprattutto il principio di solidarietà e di riconoscimento dei diritti sociali. Analoghe considerazioni potrebbero riguardare il tema della giustizia sociale, aspetto in larga misura correlato all’esperienza resistenziale e ripreso nell’assemblea costituente. Già nella prassi di alcune repubbliche partigiane si era tentato di sottoporre la giustizia politica da queste amministrata a regole fondamentali che ne temperassero i possibili arbitri, largamente conosciuti negli anni del fascismo. Non a caso nel testo costituzionale si insisterà sull’autonomia e sulla indipendenza della magistratura, proprio in considerazione di come in precedenza si era configurata; così come si parlerà di diritti delle minoranze, si insisterà sul garantismo, uno degli aspetti caratterizzanti la nostra Costituzione.
Questo in termini generali. Se poi volessimo considerare più specificamente gli apporti che la cultura cattolica offrì al dibattito costituente e alla carta costituzionale, potremmo anche qui ritrovare alcuni contributi che avevano già visto iniziali elaborazioni nella Resistenza e anche precedentemente. Mi riferisco, ad esempio, ad alcune prospettive, diventate poi strutture portanti della Costituzione, quali il personalismo, il pluralismo, il già ricordato garantismo, termini dietro ai quali si collocano tre intuizioni fondamentali: la centralità della persona umana nella struttura sociale e nell’edificazione dello Stato democratico; il superamento dello Stato uniforme e accentratore in nome del riconoscimento della variegata realtà dei corpi sociali; la necessità di dotare i diritti dell’uomo di meccanismi di garanzia che precedenti testi costituzionali, e specificamente lo Statuto albertino, non avevano previsto, ma che si rivelavano necessari dopo la drammatica esperienza dello stato totalitario.
Si ritrovano pertanto, anche e in modo peculiare nella cultura cattolica, elementi che, ispirati a quei valori, dalla Resistenza si riversarono nella Costituzione, come riconobbe uno dei padri della nostra carta costituzionale, Costantino Mortati, che a sua volta rivendicava fermamente il nesso tra la Costituzione e il moto di rinnovamento espresso dalla Resistenza che aveva come motivo ispiratore il potenziamento della persona in ogni campo della vita associata nonché l’attuazione delle condizioni necessarie per una più intima e vissuta solidarietà all’interno di ogni Stato e tra le nazioni.
Gli indirizzi di fondo che guidarono il contributo dei cattolici furono confrontati e discussi con quelli di altre componenti culturali e politiche. Come nella Resistenza così nella Costituzione si ritrovarono diversi orientamenti e matrici culturali e solo attraverso il confronto dialettico si giunse all’approvazione del testo. L’incontro tra culture differenti comportò anche qualche rinuncia. Da parte comunista si dovette abbandonare la richiesta della revocabilità degli eletti, i democristiani rinunciarono alla seconda camera degli interessi, i socialisti, almeno in parte, a una più netta separazione tra Stato e Chiesa.
Si è parlato, a tale proposito, di compromesso costituente. Il termine va precisato. Indubbiamente si cercarono punti di incontro e in questo senso ogni Costituzione è un compromesso. L’espressione va intesa in senso alto, come momento essenziale di un processo democratico, non come un modo per rinunciare, a bassi costi, ai propri ideali. Si trattava di un riconoscimento reciproco di forze consapevoli dei rischi concreti di divisione e contrapposizione, ma che proprio per questo avevano bisogno di un patto al quale fare riferimento, di un quadro di garanzie e di finalità comuni, aldilà delle contingenze. La Costituzione italiana nacque non da un mercanteggiamento tra ristretti gruppi di potere, ma sulla spinta di soggetti politici dotati di effettiva rappresentatività, in un contesto storico segnato dal profondo rinnovamento seguito alla Seconda guerra mondiale e al crollo del fascismo.
Come per la Resistenza così per la Costituzione, infine, si può parlare di processo più che di momento o fatto compiuto e concluso. Non semplice sanzione di un ordine esistente, ma impegno a edificare un ordine nuovo e a rivedere questa edificazione, senza rinunciare al rigore globale del suo impianto.
PROGRAMMA
09.15 - 09.30 Saluti delle Autorità
Prima Parte
Maurizio GENTILINI Moderatore
09.30 - 09.45 Annarita PAPA Noi: la loro voce.
09.45 - 10.00 Giuseppina MAFODDA Donne e carcere: Dal Tribunale Speciale alla Guerra partigiana.
10.00 - 10.15 Florianna DIENA Giuseppe Diena, non esiste malvagità nell’uomo.
10.15 - 10.30 Valerio MORELLO Beato Giuseppe Girotti: un martire per carità.
10.30 - 10.45 Marco CASTAGNERI Resistenza e prigionieri cristiani.
10.45 - 11.00 Felice TAGLIENTE Carcere e Resistenza: Detenuti europei e Agenti di Custodia.
11.00 - 11.25 Break
Seconda Parte
Giovanni BIANCHI Moderatore
11.30 - 11.55 Paolo ACANFORA La Resistenza cattolica tra mito della nazione ed appartenenza europea.
11.55 - 12.20 Walter CRIVELLIN Alcide De Gasperi: un padre dell’Unione Europea.
12.20 - 12.45 Ermes SEGATTI Resistenza e multiculturalismo.
12.45 - 13.15 Interventi del pubblico
13.15 - 13.25 Conclusioni
Attualità
archivio notizie
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La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita
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Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione