Marco Rivetti: arte e impresa

Al Castello di Rivoli la scorsa settimana una giornata di studio a vent'anni dalla scomparsa

Parole chiave: impresa (9), arte (26), cultura (48)
Marco Rivetti: arte e impresa

 

La moda è un’arte? Probabilmente la moda è sempre stata un’ arte da quando l’uomo (e la donna, soprattutto) ha iniziato a vestirsi non solo più per una semplice necessità. A suo modo, Marco Rivetti è stato un’artista. Rappresentava, insieme al cugino Carlo, la seconda generazione dei cosiddetti “fratelli Rivetti” (seconda generazione di questi tre, perché la genealogia di quella antica  famiglia biellese si perde nei meandri del XIX secolo). I “tre”, Silvio, Pier Giorgio e Franco (il padre di Marco), tutti – pur in tempi diversi- prematuramente scomparsi, fecero fare il salto di qualità al Gft (Gruppo Finanziario Tessile) e ai marchi ad esso collegati (Marus, Facis, Cori,….). La modernizzazione dell’ Italia degli anni ’50 e ’60 del ‘900 passa per la Fiat 500 e per le lavatrici ed i frigoriferi, ma anche per l’abito confezionato (maschile e femminile), che mandò definitivamente in soffitta tonnellate di vestiti che si aggiustavano e si rielaboravano, tramandandoli di generazione in generazione per una popolazione povera, attrezzata al riciclo.

Marco Rivetti raccolse il testimone dal padre e dagli zii e portò il lusso nell’abito confezionato. Stilisti come Armani, Ungaro, Valentino,… creavano capi per pochi facoltosi clienti: negli stabilimenti del Gft, grazie alle sue intuizioni, con la stessa qualità artigianale, ma prodotti in scala industriale, le loro creazioni arrivarono ad un pubblico via via più vasto, fino a farne “marchi” internazionali oggi conosciuti quasi ovunque. Dell’ impensabile sviluppo economico delle cosiddette “griffes”, in cui Gft fu parte essenziale, non ne viene riconosciuto il merito a questa azienda, e non si fa neanche la storia della sua  imprevista fine, pochi anni dopo la morte di Marco, mentre sarebbe opportuna una sana riflessione sulle cause del fallimento di un colosso operante in quattro continenti, con 10.000 addetti e una ventina di fabbriche,…

Il convegno di Rivoli non ha, però, solo  ricordato  l’industriale eclettico ed originale (forse troppo originale, per l’allora bigotta Italia imprenditoriale),  ma anche il mecenate dell’arte. Opere di molti artisti contemporanei erano esposte nella sede centrale del gruppo, Casa Aurora (a sua volta creazione mirabile dell’ architetto Aldo Rossi), in corso Brescia a Torino: una sorta di moderna porta della città, verso Milano, a ricordo di quelle dell’antica colonia romana. Per la sua sensibilità artistica, Marco fu anche presidente del Museo Arte Contemporanea del Castello di Rivoli (dal 1988 al 1993) e, allora, fu uno degli ispiratori del suo marchio, disegnato gratuitamente da Armando Testa. Il convegno,  ricco di interventi interessanti ed intriganti ad opera di relatori di alta qualità, è stato un omaggio alla sua persona,  nel ventennale della scomparsa, e  – sopratutto - l’occasione di annunciare che dieci  opere d’arte contemporanea di proprietà della Fondazione Marco Rivetti saranno destinate al Museo di Rivoli, nella conferma dell’intima relazione tra moda ed arte.

 

                                                                                           

 

 

 

 

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