Detragiache, uomo di pensiero e di fede
Cordoglio negli ambienti universitari e degli intellettuali cattolici per la scomparsa del docente che fu allievo di Siro Lombardini ed esponente del cattolicesimo democratico e culturale
Poco dopo il tramonto, il 5 ottobre, all'età di 89 anni, Angelo Detragiache è tornato alla casa del Padre. Gli erano vicini la moglie Elena ed il figlio Paolo. Lascia le figlie Laura ed Enrica, ed una grande famiglia che lo ha molto amato. Cogliendo un aspetto significativo della sua visione della vita e del suo carattere, un amico lo ha ricordato come «un uomo di pensiero e di fede».
Angelo si è laureato all'Università Cattolica con i pieni voti, in filosofia, dopo aver frequentato il liceo ad Ivrea. Negli anni milanesi ha conosciuto Giuseppe Dossetti ed ha partecipato con entusiasmo al gruppo dei giovani che si era formato attorno a lui, negli anni della rinascita democratica, quando anche nelle associazioni cattoliche si parlava di rivoluzione cristiana, in alternativa a quella comunista. Quando Dossetti ha lasciato l'attività politica per seguire la sua vocazione religiosa e per partecipare con il card. Lercaro al Concilio Vaticano II, Angelo è tra i «professorini» che partecipano all'incontro di Rossena; e mostrava con orgoglio quella sua fotografia con Dossetti. Per quella sua ispirazione politica, Angelo può essere considerato erede di quella che è stata definita «la generazione montiniana».
Dopo la laurea ha iniziato ad insegnare nel liceo classico di Bormio, in Valtellina; ma pochi anni dopo è venuto a Torino, su invito di Donat Cattin, allora segretario della Cisl torinese, e qui ha diretto per qualche tempo l'Inas, Istituto di previdenza del sindacato, svolgendo importanti ricerche sugli infortuni e sulle malattie professionali (es. TalcoGrafite), a tutela della salute dei lavoratori. A Torino, città allora in forte sviluppo industriale e con una cintura operaia in grande espansione, si è subito coinvolto nelle iniziative della ‘sinistra sociale’ della Dc ed in particolare nella formazione del movimento giovanile; ed è diventato un autorevole animatore dei convegni del sindacato e delle Acli, appuntamenti per giovani cattolici e per lavoratori impegnati nelle attività sindacali e politiche.
Aveva poco più di trent'anni ed aveva imparato da Giuseppe Lazzati che un politico deve essere anche un educatore; era un politico che quando svolgeva una relazione parlava come un professore; è stato interlocutore di Augusto Del Noce, anche quando non sostenevano le stesse idee; era un convinto testimone dei valori umani e cristiani cui si riferisce la Costituzione della Repubblica. Molti tra quelli che hanno conosciuto «il professore», vent'anni dopo il tramonto di quella stagione democratica, caratterizzata dalla partecipazione e dal confronto tra i partiti, ricordano ancora le sue relazioni sui problemi del nostro tempo ed i suoi continui riferimenti all'umanesimo integrale di Jacques Maritain, come bussola cui fare riferimento. Erano gli anni della «Camminare insieme» di padre Michele Pellegrino.
Angelo Detragiache è stato tra i primi ricercatori dell'Ires, l'istituto di programmazione regionale promosso da Giuseppe Grosso ed inizialmente diretto da Siro Lombardini, e ne è diventato direttore alla fine degli anni '60. Un maestro anche nel campo degli studi sull'organizzazione del territorio, diventati un momento qualificante dell'attività delle Amministrazioni provinciali, che si apprestavano a diventare un aspetto strategico per le Regioni, ed immaginati come la più importante riforma per una moderna amministrazione pubblica. Quando ha lasciato l'Ires, dopo le elezioni amministrative del '75, Detragiache era già professore di Sociologia dell'ambiente e del territorio alla Facoltà di Architettura, ed il Politecnico ne ricorda «la grande passione e lo straordinario impegno di docente». In quegli anni ha svolto una intensa attività professionale come consulente di alcune regioni, in fase di avvio nel campo della programmazione del territorio (Umbria, Sardegna, Calabria), e del Formez nella formazione di giovani del Sud, caratterizzandosi come autorevole esponente di un nuovo meridionalismo.
Angelo è stato, per qualche anno, vice presidente della Cassa di risparmio di Torino, e poi consigliere di amministrazione della Bnl e, su designazione di quella banca, presidente della Banca Argentina. Questi impegni pubblici, che per lui significavano «responsabilità pubbliche» da svolgere al servizio del bene comune, non gli hanno fatto dimenticare la sua terra, e non lo hanno allontanato dai valori rappresentati dalla sua formazione, dalla sua visione della vita, dall'attenzione per il bene della comunità. L'amore per il Canavese affiora nel libro di racconti («La mia parte di campane») scritto ricordando Perosa, il piccolo paese in cui è nato ed in cui riposa.
La sua convinzione sulla «politica come servizio», la sua anima popolare, si sono riflesse concretamente nel tempo che ha dedicato, quando ha lasciato la vita attiva, alle iniziative progettate e realizzate con don Gianni Fornero, responsabile dell'Ufficio del Lavoro della Diocesi. Molte giornate erano dedicate alle ricerche sui problemi economici e sociali di una metropoli e di una regione messe in grande difficoltà dalla crisi dell'impresa dell'auto: Angelo era diventato il principale collaboratore di don Gianni. Fino a quando la salute lo ha permesso, ad entrambi.
Un esempio di intellettuale cristiano, aperto al dialogo, colto ed acuto studioso delle trasformazioni sociali, Angelo è stato un uomo buono, anche per la rassegnazione, starei per dire la serenità, con cui ha sopportato una lunga malattia, affidandosi alle premure ed all'affetto della moglie, ed infine abbandonandosi alla volontà di Dio.
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