Convento di Santa Croce, nel nome di san Pio V
Bosco Marengo – il complesso monumentale nell’alessandrino, testimonianza dell’amore di Papa Ghislieri per il suo paese natale
Nella vasta pianura a sud di Alessandria, la calura dell’estate annebbia l’orizzonte verso le ultime propaggini delle colline del Monferrato e fascia di foschie dense le quinte degli alberi e i campi lontani. L’atmosfera è sospesa e irreale, ma dolce e suadente, conciliante di memorie antiche. E poi, inaspettato e improvviso, nelle campagne tra Frugarolo e Bosco Marengo, come una Fata Morgana, come un miraggio fantastico, si disvela uno dei monumenti più fascinosi di queste terre. È il complesso monumentale di Santa Croce, ex convento domenicano, maestoso e solenne nelle dimensioni delle sue architetture, nelle opere d’arte che custodisce e nella gloriosa persona del committente. Perché il convento di Santa Croce, a Bosco Marengo, deve la sua nascita a un grande Pontefice, San Pio V, e le sue nobili architetture sono anche la commovente testimonianza materiale dell’amore, mai venuto meno, di quel Papa per il suo paese natale. Un luogo, queste assolate campagne alessandrine con le loro atmosfere dilatate e solenni, il piccolo villaggio con la modesta casa natia ancora oggi conservata e accudita con venerazione, talmente rimasto nel cuore di Papa Pio V da indurlo a volere qui, nella chiesa di Santa Croce, anche la sua tomba. Un mausoleo importante, degno di un Pontefice, certamente, ma, tutto considerato, severo e austero. Ma le cose andarono diversamente e il sarcofago disposto dal Papa è rimasto vuoto.
Nel patrimonio storico-artistico piemontese, il complesso monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo rappresenta un po’ un caso particolare e per comprenderlo pienamente nei suoi valori straordinari è necessario ricordare la figura del committente. Papa San Pio V, dunque, al secolo Antonio (in religione, da padre domenicano, ebbe il nome di Michele) Ghislieri era nato a Bosco Marengo nel gennaio del 1504 e morì a Roma nel maggio del 1572. Entrato giovanissimo nell’ordine domenicano, fu teologo e inquisitore, venne eletto Pontefice (unico piemontese nella storia della Chiesa, se non si considera Papa Francesco, piemontese di discendenza) nel gennaio del 1566, tre anni dopo la chiusura del Concilio di Trento. E delle linee e delle disposizioni tridentine per la riforma della Chiesa, Papa Pio V fu tenace e intransigente sostenitore. Ma la sua figura è legata, nella memoria collettiva, alle vicende che portarono alla costituzione della Lega Santa e alla vittoriosa battaglia navale di Lepanto, nel 1571. Le sue volontà di essere sepolto a Bosco Marengo non furono rispettate. Ebbe sepoltura prima nella Basilica Vaticana, poi le sue spoglie furono trasferite nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma. Fu beatificano nel 1672 e proclamato Santo nel 1712.
Già nel 1566, pochi mesi dopo la sua elevazione al Soglio pontificio, Papa Pio V aveva dato disposizioni per l’acquisizione di vaste estensioni di terreno tra Bosco Marengo e il confinante villaggio di Frugarolo e nello stesso anno venivano avviati i lavori di costruzione del nuovo convento domenicano su progetto di Eugenio Danti, matematico, geografo, architetto e anche lui frate domenicano. Nei primi anni, nel grande cantiere furono attivi anche il fiorentino Nanni di Baccio Bigio e Martino Longhi il Vecchio. Non esistono fonti documentarie che avvalorino l’ipotesi di un coinvolgimento del grande pittore Giorgio Vasari per la parte architettonica. Vasari fu, invece, protagonista di primo piano e di assoluto valore, su incarico diretto del Pontefice, del rilevante impegno decorativo. I lavori procedettero speditamente sino al 1572, anno di morte di Pio V, per poi riprendere l’anno successivo e concludersi una ventina di anni dopo.
Il risultato è l’attuale complesso monumentale, uno dei più significativi esempi di architettura rinascimentale del secondo Cinquecento italiano, fortemente influenzato dalla corrente culturale tosco-romana. Punto focale del complesso è la grande chiesa la cui facciata, classicheggiante, a due ordini architettonici sovrapposti, ha la muratura in mattoni mentre gli elementi decorativi sono in marmo e pietra. L’interno è a croce latina, a navata unica, coperta da volta a botte. La navata è fiancheggiata da cinque cappelle, intercomunicanti, per ogni lato ed è conclusa dall’abside semicircolare. Nelle dieci cappelle, molte le opere d’arte di rilievo presenti. Sul lato destro, ad esempio, terza cappella, una «Cena di Emmaus» attribuita al Morazzone, e da non perdere, nella cappella successiva, la splendida e suggestiva «Adorazione dei Magi», di Giorgio Vasari, dipinta fra il 1566 e il 1567. Nella terza cappella di sinistra, ha interesse anche storico la grande pala raffigurante la «Madonna del Rosario e lo stendardo di Lepanto», opera del 1597 di Orazio Cossali. Nella prima e nella seconda cappella, sempre sul lato sinistro, sono presenti due opera attribuite al Moncalvo.
Il braccio destro del transetto era il luogo della chiesa scelto da Papa Pio V per ospitare il suo mausoleo. L’opera era composta da un sarcofago in marmo, di ispirazione michelangiolesca, sormontato da una magnifica struttura in marmi bianchi, verdi e grigio scuri. Al centro, il grande e raffinato altorilievo di marmo bianco che rappresenta la «Risurrezione e Papa Pio V orante, inginocchiato». Ai lati, le statue della «Religione» e della «Fede» e, sul fastigio, «San Michele che vince il demonio». A lato del mausoleo, altra opera importante, i «Santi Domenico e Antonino», dipinta dal Vasari.
Al centro dell’abside si trova oggi un sontuoso altare maggiore, in marmi policromi, realizzato nel 1710 da Gaetano Quadri. È sormontato da un Crocifisso ligneo, preziosa opera cinquecentesca, mentre il coro ligneo, realizzato dagli ebanisti Angelo Marini e Giovanni Gargioli, è uno splendido lavoro (da ammirare, in particolare, il grande leggio) del 1571. Oggi, dunque, al centro dell’abside c’è il grande altare, ma anticamente, secondo la volontà di Papa Pio V vi troneggiava una «grandiosa macchina», commissionata direttamente dal Pontefice al Vasari. Al centro della «macchina», sul lato rivolto verso i fedeli, c’era il grandioso dipinto del «Giudizio universale», mentre sul lato opposto, verso gli stalli del coro, la grande pala era dedicata al «Martirio di San Pietro Martire». La «grandiosa macchina» era completata da una trentina di altri dipinti di più ridotta dimensione, opere sia del Vasari sia di artisti della sua bottega. Il «Giudizio universale» oggi è ancora sistemato nell’abside, mentre le altre opere sono confluite, insieme a paramenti e arredi sacri provenienti della chiesa, nell’annesso Museo Vasariano.
Il convento, soppresso da Napoleone nel 1802, poi via via destinato a quartiere militare, ospedale oftalmico e carcere minorile, è stato recuperato e ha visto anche i lavori, presenti vari capi di Stato e di governo fra i quali anche Mikhail Gorbaciov, del World Political Forum. Il complesso conventuale si articola attorno a due chiostri: il «piccolo», caratterizzato dal porticato su alte colonne, e il «grande» con portico a pilastri di ordine tuscanico e loggia a colonnine binate. Di particolare suggestione è la biblioteca, al primo piano, a tre navate divise da file di eleganti colonne, che ricorda da biblioteca del convento di San Marco a Firenze.
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