Cappellani militari e chiesa cattolica nella Prima Guerra Mondiale
La tragedia della conflitto globale 1915-1918. Un momento da ricordare e analizzare
«Il tuo posto? È dovunque ognuna di quelle anime che ti sono state affidate corre il pericolo di presentarsi da un momento all'altro al tribunale di Dio. Ma questo è eroismo! Sì, il mondo può chiamarlo anche eroismo. Ma non bisogna dimenticare che nel codice superiore, apportato da Gesù Cristo sulla terra, l'eroismo del mondo in certi casi - come per il parroco in tempo di peste, come il cappellano militare in tempo di guerra, come per il cristiano in tempo di persecuzione - diventa semplicemente dovere. Dovete dunque tutti trasformarvi in eroi dinanzi agli occhi del mondo per poter dire con perfetta semplicità, ma anche con tranquilla coscienza: "Siamo servi inutili"».
Il primo vescovo di campo, il torinese di Pianezza mons. Angelo Bartolomasi (1869-1959), a un prete che si rifiuta di andare in trincea con i soldati, ricorda che il cappellano militare è «un eroe e un servo inutile».
I cappellani militari sono introdotti nell'Esercito italiano il 9 marzo 1915 con una circolare del comandante in capo generale Luigi Cadorna, due mesi prima dell'ingresso in guerra il 24 maggio 1915. Il comandante - nato e cresciuto in una famiglia di generali, originari di Pallanza (Novara) sul Lago Maggiore - immagina i cappellani come collaboratori nel mantenimento della disciplina e come sostenitori dello spirito bellico.
Nel 1859 nell'esercito piemontese ci sono 40 cappellani di reggimento di Fortezza e delle Accademie e Scuole militari. Negli Stati pre-unitari i pochi sacerdoti che assistono i militari dipendono dai vescovi e, con l'annessione al Regno di Sardegna, sono incorporati nel clero castrense subalpino. Nel 1865 gli organici sono al completo con 189 cappellani. Ma da quell'anno, il loro numero è ridotto fino alla sparizione sotto la scure del governo del casalese Giovanni Lanza e del suo ministro delle Finanze il biellese Quintino Sella. Restano solo cappellani negli ospedali militari e dal 1878 sono aboliti definitivamente anche in Marina.
In Eritrea, nel maggio 1896, i caduti di Adua e Adigrat non avrebbero alcun conforto religioso, se non si fossero prestati i missionari Cappuccini italiani. Così in Libia nel 1911 ci sono i Cappuccini. Il generale Cadorna impone una durissima disciplina militare. Spiega uno storico: «L'orecchio teso all'umore dei soldati il cui sentimento religioso reclamava la presenza del cappellano; la convinzione del governo e di Cadorna che il prete tra i soldati fosse elemento di equilibrio e di conforto non solo per i malati, i feriti e i moribondi, ma per tutti i combattenti». Con la mobilitazione e l’inizio delle ostilità il 24 maggio 1915 diecimila ecclesiastici – sacerdoti, religiosi e chierici - vengono chiamati alle armi e 2.070 diventano cappellani assegnati ai reparti dai comandi militari, in prima linea e negli ospedali militari: 2.048 Esercito, 15 in Marina, uno nella Croce Rossa, sei nell'Ordine di Malta.
Scrive mons. Gaetano Bonicelli, oggi 9lenne, ordinario militare per otto anni (1981-1989), nel libro «In pace e in guerra sempre solo pastori. Contributi per una storia dei cappellani militari italiani» del 1986: «I preti chiamati a combattere, se trovavano la comprensione dei superiori, venivano addetti alla sanità. Essere cappellano militare era uno status molto ambito per il grado,. lo stipendio, i privilegi degli ufficiali, la possibilità di svolgere attività religiosa e non di abbruttirsi nelle trincee e, soprattutto, la possibilità di non sparare e di non uccidere». Il 1° giugno 1915, mons. Angelo Lorenzo Bartolomasi, vescovo ausiliare del cardinale arcivescovo di Torino, Agostino Richelmy, è designato da Papa Benedetto XV «vescovo di campo».
Nel 1915-1918 anche i cappellani militari scrivono pagine di eroismo, dedizione, valore: 93 cadono sul campo; vengono conferite 546 decorazioni: tre medaglie d'oro, 137 d'argento, 295 di bronzo, 95 croci al valore militare, 12 decorazioni civili e 4 decorazioni estere. Seguono i reparti nei campi di prigionia; si dedicano alla ricerca e alla tumulazione dei caduti nei cimiteri di guerra. Papa Francesco il 13 settembre 2014 ha visitato il Sacrario di Redipuglia (Gorizia) e ha ricordato i dieci milioni di soldati morti in tutta Europa.
Bartolomasi, vescovo di campo dal 1915 al 1922, deve inventare tutto: ruolo, compiti, configurazione giuridica dei cappellani. Scrive Bonicelli: «C'è chiaramente la sua impronta. La difficoltà maggiore sono l’incomprensione e i vecchi rancori come conseguenza della formazione dello Stato unitario. Dopo la disfatta di Caporetto fu addirittura contestato e alcuni cappellani furono accusati di disfattismo. Ma alla fine la sua opera fu riconosciuta come altamente meritoria».
Nato a Pianezza il 30 maggio 1869, allievo dei Seminari di Giaveno, Chieri e Torino, ordinato sacerdote dall'arcivescovo Davide Riccardi l’11 giugno 1892, viceparroco a Pino Torinese nel 1894, professore di Filosofia a Chieri dal 1895 al 1910 - dove dirige il settimanale intransigente «La scintilla» -, laureato in Teologia il 14 gennaio 1904, il 24 novembre 1910 è nominato vescovo ausiliare di Richelmy, dal quale è consacrato in Cattedrale il 15 gennaio 1911 e, al posto del cardinale, compie la visita pastorale alla diocesi. Scrive Giuseppe Tuninetti, storico della Chiesa subalpina: «Esercitò non burocraticamente, ma pastoralmente il delicato incarico, non solo con discorsi e omelie, in cui eccelleva, ma in contatti personali con cappellani, preti-soldati, e soldati al fronte».
Il 15 dicembre 1919 è nominato vescovo di Trieste-Capodistria, primo italiano dopo una serie ininterrotta di vescovi slavi o tedeschi. Favorisce la nascita del Partito popolare, costituito i1 19 gennaio 1919 da don Luigi Sturzo, e del settimanale cattolico «Vita nuova», dei circoli giovanili e dell'Azione cattolica. Cerca di moderare il nazionalismo fascista e quello slavo. Vessato dagli squadristi, protesta contro il terrorismo fascista. Vista vana la mediazione tra minoranze e fascismo e logorato dalla tensione, l'11 dicembre 1922 rinuncia a Triste ed è trasferito a Pinerolo, dove riesce a instaurare buoni rapporti con i valdesi. In seguito ai Patti Lateranensi (1l febbraio 1929) il 23 aprile 1929 è nominato ordinario militare. Uomo di indubbio prestigio, opera nella Grande Guerra (1915-1918), guerra d'Etiopia (1935-1936), guerra civile di Spagna (1936-1939), seconda guerra mondiale (1940-1945).
Patriota entusiasta. devoto della monarchia, collabora fedelmente ma non servilmente con le autorità politiche e militari. Il 28 ottobre 1944, a 75 anni, rinuncia per motivi di età. Muore a Pianezza il 28 febbraio 1959, a 90 anni, ed è sepolto nella chiesa parrocchiale di Pianezza.
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