A Torino, Spiritualità impastata con la terra
Intervista a Armando Buonaiuto, responsabile del programma dell'edizione di Torino Spiritualità
In questa edizione di Torino Spiritualità al centro della riflessione c'è l'impasto umano. Salvare l'umano quindi partendo dalle storie felici e tragiche delle persone?
Abbiamo scelto di parlare di «impasto umano» perché volevamo provare a intaccare la presunzione di compiutezza che ciascuno di noi coltiva. Ci piace riferirci a noi stessi come a creature finite, consapevoli, dotate di una forma ben cesellata, ma la realtà è che la nostra natura è mutevole e in continuo divenire. Spesso instabili, siamo territori fuori dalle mappe, pieni di luoghi ancora da scoprire. Certo, pensare alla nostra natura in questi termini può dare una vertigine di smarrimento, ma la bella notizia è che, dove c’è ancora da esplorare, c’è ancora spazio per sorprendersi. In questo senso siamo «impasto»: perché a seconda di come ci «maneggiamo», possiamo darci forme che prima non avevamo neppure immaginato. Ogni storia umana, felice o tragica, è tutt’altro che una narrazione conclusa. C’è ancora modo di metterci mano. Anzi, di metterci «mani», perché non sono solo le mie mani a plasmarmi, ma anche quelle di chiunque intrecci un po’ della sua storia alla mia.
Il secondo concetto che risalta è il «fatti di terra, guardiamo le stelle», ovvero quando il presente e il materiale non sono sufficienti nella ricerca del significato?
Uno dei dialoghi che ospiteremo parte da una frase che lo scienziato e teologo Pavel Florenskij scrisse ai propri figli dal gulag: «osservate più spesso le stelle. Quando vi sentirete tristi, quando qualcosa non vi riuscirà, intrattenetevi col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete». Siamo fatti di terra, ben radicati sul suolo che ci ospita e che a un certo punto ci reclamerà, ma apparteniamo anche al cielo, verso il quale ci spinge una misteriosa nostalgia per l’illimitato. Se nel nostro impasto ci sono sia fango che aria, allora il significato dell’uomo non può essere trovato guardando solo in basso, o intorno, ma bisogna azzardare uno sguardo che punti verso l’alto.
La contaminazione dei saperi, delle religioni, degli uomini in ricerca è il sale di Torino Spiritualità. Qual è il segreto per riuscire a costruire un programma nel quale tutti si sentano parte?
Simone Weil diceva che «ogni religione è l'unica vera», intendendo dire, con queste parole, che nel momento in cui ti dedichi a una tradizione spirituale devi farlo come se fosse la sola al mondo, con tutta la tua mente e con tutta la tua anima. È una indicazione da tenere presente quando si ha a che fare con le diverse vie che portano al divino. In queste circostanze la tentazione più ovvia sarebbe infatti quella della sintesi, con l’applicazione di un’insiemistica un po’ elementare per cui, appena si scorge qualcosa di comune, lo si accorpa. Pensare invece che ogni religione sia l’unica vera, significa accostarsi con passione e rispetto a ciò che ciascuna ha di specifico. Lavorando al programma di Torino Spiritualità cerchiamo di praticare questa disciplina dell’attenzione, un’ecologia del pensiero che evidentemente appartiene a molti, e a molti è gradita.
Attualità
archivio notizie
La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin
La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita
Meditazione sul Crocifisso
La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo
Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria
Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione