Il Papa agli industriali: al centro di ogni impresa vi sia l’uomo
Il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità altra responsabilità, la speranza altra speranza. Gli imprenditori riuniti in Vaticano per il Giubileo dell’Industria.
Per la prima volta in 106 anni storia di Confidustria, oltre settemila imprenditori riuniti in Vaticano hanno incontrato un pontefice: “Vi siete proposti di confermare un impegno - ha detto loro Papa Francesco - quello di contribuire con il vostro lavoro a una società più giusta e vicina ai bisogni dell’uomo”.
Fare insieme
Il motto dell’iniziativa è “Fare insieme” che, come ha ricordato il Pontefice, significa investire in progetti che sappiano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie “focolai di umanità, in cui l’esperienza del lavoro, il sacrificio che lo alimenta e i frutti che ne derivano trovano senso e valore”. Insieme con le famiglie “non possiamo dimenticare le categorie più deboli e marginalizzate”, come gli anziani che “potrebbero ancora esprimere risorse ed energie per una collaborazione attiva”, eppure “vengono troppo spesso scartati come inutili e improduttivi”.
Tutte queste forze, insieme, possono fare la differenza per un’impresa che “metta al centro la persona, la qualità delle sue relazioni, la verità del suo impegno a costruire un mondo più giusto, un mondo davvero di tutti”. “Fare insieme” vuol dire, infatti, impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti. Significa, in altri termini, “fare rete” per valorizzare i doni di tutti, senza però trascurare l’unicità irripetibile di ciascuno.
Non solo uno slogan
“Al centro di ogni impresa vi sia dunque l’uomo - ha osservato Papa Francesco - non quello astratto, ideale, teorico, ma quello concreto, con i suoi sogni, le sue necessità, le sue speranze e le sue fatiche”.
Questa attenzione alla persona concreta comporta una serie di scelte importanti: significa dare a ciascuno il suo, strappando madri e padri di famiglia dall’angoscia di non poter dare un futuro e nemmeno un presente ai propri figli; significa saper dirigere, ma anche saper ascoltare, condividendo con umiltà e fiducia progetti e idee; significa fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità crei altra responsabilità, la speranza crei altra speranza, soprattutto per le giovani generazioni, che oggi ne hanno più che mai bisogno.
Il Papa ha ricordato l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium nella quale rilanciava “la sfida di sostenerci a vicenda”, di fare dell’esperienza condivisa “un’occasione per maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti” (n. 87). Dinanzi a tante barriere di ingiustizia, di solitudine, di sfiducia e di sospetto che vengono ancora erette ai nostri giorni, il mondo del lavoro è chiamato a fare passi coraggiosi perché “trovarsi e fare insieme” non sia solo uno slogan, ma un programma per il presente e per il futuro.
No alle raccomandazioni, sì alla dignità del lavoro
“Cari amici - ha proseguito Francesco - voi avete una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti (Lett. enc. Laudato si’, 129); siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo umanesimo del lavoro. Siete chiamati a tutelare la professionalità, e al tempo stesso a prestare attenzione alle condizioni in cui il lavoro si attua, perché non abbiano a verificarsi incidenti e situazioni di disagio”. La vostra via maestra “sia sempre la giustizia che rifiuta le scorciatoie delle raccomandazioni e dei favoritismi, e le deviazioni pericolose della disonestà e dei facili compromessi”. La legge suprema sia in tutto “l’attenzione alla dignità dell’altro, valore assoluto e indisponibile”.
“Sia questo orizzonte di altruismo a contraddistinguere il vostro impegno: esso vi porterà a rifiutare categoricamente che la dignità della persona venga calpestata in nome di esigenze produttive, che mascherano miopie individualistiche, tristi egoismi e sete di guadagno”.
Il bene comune, bussola per l’attività produttiva
“L’impresa che voi rappresentate sia invece sempre aperta a quel significato più ampio della vita, che le permetterà di servire veramente il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo” (Esort. ap. Evangelii gaudium, 203). Proprio il bene comune sia la bussola che orienta l’attività produttiva, perché cresca “un’economia di tutti e per tutti”, che non sia “insensibile allo sguardo dei bisognosi” (Sir 4,1). Essa è davvero possibile, a patto che la semplice proclamazione della libertà economica “non prevalga sulla concreta libertà dell’uomo e sui suoi diritti”, che il mercato “non sia un assoluto, ma onori le esigenze della giustizia” e, in ultima analisi, della dignità della persona.
“Perché - ha concluso Francesco - non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza il rispetto della dignità di ciascuno”.
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