Nella Villa Miseria di Buenos Aires il volto di Don Bosco
Dai «birichìn» di Valdocco ai «niños» di «villa miseriala Carcova» di Buenos Aires con la stessa passione «per» e «con» i giovani, specie più poveri. Una nuova casa nel ricordo del Santo
Papa Francesco ha inviato un messaggio per l’inaugurazione della parrocchia «San Juan Bosco» nella capitale argentina. È la prima parrocchia «villera» ed è dedicata a don Bosco nel 200° della nascita del «padre e maestro dei giovani», avvenuta il 16 agosto 1815. Dice il messaggio papale: «Don Bosco ha lavorato tanto con i bambini e i giovani e una delle dimensioni più forti di questa parrocchia saranno i bambini e i giovani per aiutarli a integrarsi e a condurre una vita dignitosa e felice; perché abbiano un lavoro e possano formare una famiglia. Mi auguro che questa parrocchia faccia del bene a tutti».
Il parroco è padre José Maria Di Paola detto «Pepe», amico di lunga data di Bergoglio. Informa l’Agenzia di notizie salesiane (Ans): «Anche se non è salesiana, la parrocchia mette in pratica gli insegnamenti di don Bosco nel dedicarsi ai giovani, specie a quelli che vivono emarginati nelle periferie. Padre Pepe ha disseminato il territorio di ben 9 cappelle. I registri parrocchiali hanno segnalato che nel 2014 ci sono stati 600 battesimi, dieci volte di più del 2013. Padre Pepe spiega: «Dove la Chiesatorna a essere presente “ospedale da campo” per corpi e anime che lenisce le ferite, lì chi si è allontanato ritorna con una certa facilità».
Da giovane prete padre Bergoglio impara a conoscere le «Villas miserias o Villas de emergencia», spesso abusive e sempre precarie. Con l’autobus 70 va a «Villa miseria numero 21» e trova povertà, analfabetismo, droga, tratta delle bambine, prostituzione, smercio di armi. Da provinciale porta i giovani gesuiti perché vedano e si sporchino le mani. Alcuni confratelli storcono il naso e lo chiamano «gesuita salesiano». Quei preti dicono Messa agli incroci, confessano, battezzano, in prima linea nella lotta ai «narcos» che, come in tutto il mondo, non gradiscono e li minacciano. Diventato arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio «elegge» le periferie a centro dell’impegno pastorale, non arretra di fronte alle minacce e crea il «vicariato per le villas».
Centoquarant’anni fa, l’11 novembre 1875 nella basilica di Maria Ausiliatrice don Bosco benedice la prima spedizione missionaria, capitanata da don Giovanni Cagliero e composta da altri 5 sacerdoti e quattro coadiutori: un falegname, un cuoco e calzolaio, un maestro di musica, un amministratore. La loro destinazione è proprio l’Argentina. Raccomanda loro «la posizione dolorosa di molte famiglie italiane. Troverete un grandissimo numero di fanciulli e di adulti che vivono nella più deplorevole ignoranza del leggere, dello scrivere e di ogni principio religioso. Andate, cercate questi nostri fratelli, che la miseria e la sventura portò in terra straniera. In un secondo tempo dovrete evangelizzarela Patagonia.Diamoinizio a una grande opera, non perché si creda di convertire l’universo in pochi giorni, no! Ma chi sa che non sia questa partenza e questo poco come un seme da cui abbia a sorgere una grande pianta? Chi sa che non sia come un granellino di miglio o di senapa, che a poco a poco vada estendendosi e non abbia da produrre un gran bene?».
Lacrime e abbracci per i missionari. La piazza e le vie adiacenti sono gremite di folla, le carrozze li aspettano, le lanterne rischiarano la notte. Ogni missionario reca un foglietto con «i ricordi» scritti da don Bosco: «Cercate anime, non denari, né onori, né dignità; prendete speciale cura degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini; fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni, e voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini. Fra voi amatevi, consigliatevi, correggetevi, non portatevi né invidia né rancore, anzi il bene di uno sia il bene di tutti, le pene e le sofferenze di uno siano pene e sofferenze di tutti, e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle; nelle fatiche e nei patimenti non si dimentichi che abbiamo un gran premio preparato in Cielo». Li accompagna a Genova dove il 14 novembre si imbarcano sul piroscafo francese «Savoie».
Due anni dopo, nel «barrio (quartiere) Almagro di Buenos Aires i Salesiani inaugurano la chiesa parrocchiale, le scuole di arti e mestieri, l’oratorio: nella cappella di sant’Antonio nel 1908 nasce la squadra di calcio san Lorenzo de Almagro dal nome del fondatore, il salesiano don Lorenzo Massa.
Mezzo secolo dopo i Bergolio – l’astigiano Giovanni Angelo, Rosa Margherita Vassallo di origini liguri-piemontesi, il figlio Mario nato a Torino – emigrano in Argentina dove in un decennio arrivano 535 mila italiani. Prima a Paraná dove gli zii hanno fatto fortuna poi, a causa della crisi del 1929, Giovanni, Rosa e Mario vanno ad abitare nella capitale, nel barrio Flores che confina con Almagro, il quartiere del tango, dove c’è l’oratorio salesiano. Il 12 dicembre 1935 Mario Bergoglio sposa Regina Maria Sivori, nata a Buenos Aires, figlia di un argentino e di una piemontese. Il 17 dicembre 1936 nasce il primogenito Jorge Mario, chela Provvidenzaha collocato il 13 marzo 2013 sul Soglio di Pietro.
Come dice don Ángel Fernández Artime, rettor maggiore dei Salesiani e decimo successore di don Bosco: «L’Argentina non può essere spiegata se non va di pari passo con la presenza dei figli e delle figlie di don Bosco, questo gigante italiano-piemontese che lo Stato ela Chiesaargentine riconoscono come patrono della Patagonia».
Il 15 febbraio scorso padre Pepe è stato a Torino. Con don Luigi Ciotti hanno presentato il libro «Preti dalla fine del mondo. Viaggio tra i curas villeros di Bergoglio» edito da Editrice Missionaria Italiana (Emi). Coordina il gruppo di 20 sacerdoti che operano nei quartieri più degradati per il grande disagio, la violenza e la povertà. Minacciato di morte dai «narcos» per l’impegno nel liberare i giovani dalla droga: «Il mio progetto è arrivare ai ragazzi prima di chi vende loro la droga o mette loro un’arma in mano». Perché la dipendenza dalle sostanze – come il «paco», ottenuto dagli scarti della cocaina, pericolosissimo e dannosissimo - «non riguarda i giovani che vanno o non vanno a Messa: riguarda il senso della vita, sapere per che cosa ti alzi ogni mattina». Papa Bergoglio disse di questi preti: «Vivono in modo impegnato con i poveri».
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