Preti morti a Torino uccisi da partigiani comunisti o presunti tali, durante la seconda guerra mondiale

In Italia i sacerdoti assassinati dai partigiani comunisti o presunti tali durante la seconda guerra mondiale ela Resistenzasono 108, di cui tre nella diocesi di Torino e uno in Valle d'Aosta. 

Parole chiave: guerra (63), partigiani (6), Resistenza (23)
Preti morti a Torino uccisi da partigiani comunisti o presunti tali, durante la seconda guerra mondiale

In Italia i sacerdoti assassinati dai partigiani comunisti o presunti tali durante la seconda guerra mondiale ela Resistenzasono 108, di cui tre nella diocesi di Torino e uno in Valle d'Aosta.

Con la caduta di Benito Mussolini il 25 luglio e l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’Italia vive tempi convulsi: occupazione nazista, sbarco degli Alleati, formazione dei gruppi partigiani, con frange minoritarie di cattolici e maggioranze di comunisti e socialisti, che si schierano contro i preti perché fanno argine alla rivoluzione comunista. In complesso sono 130 gli omicidi perpetrati da partigiani ed estremisti comunisti, soprattutto in Istria e in Emilia Romagna. Solo una piccola minoranza delle vittime sono simpatizzanti fascisti: i più denunciano ruberie e violenze dei partigiani contro la popolazione e sono contrari al comunismo.

Rolando Rivi (1931-1945) – La vittima più illustre è un giovanissimo seminarista, proclamato beato il 5 ottobre 2013 a Modena e ucciso nel «triangolo della morte» Bologna-Modena-Reggio Emilia – dove muoiono 93 sacerdoti e religiosi, 15 in provincia di Reggio Emilia – con la sola colpa di voler farsi prete e di indossare la talare. «Domani ci sarà un prete di meno» sentenzia il commissario politico.

Nasce il 7 gennaio1931 aSan Valentino di Castellarano (Reggio Emilia), secondo di tre fratelli. A 11 anni confida: «Voglio farmi prete, per salvare tante anime. Poi partirò missionario per far conoscere Gesù lontano lontano». Entra nel Seminario minore di Marola (Reggio Emilia). I tedeschi occupano il Seminario e i ragazzi sono  mandati a casa. I genitori, spaventati dal rancore dei comunisti, lo invitano ad abbandonare la talare, ma il ragazzo risponde: «Che male faccio? Non la toglierò perché studio da prete e la veste è il segno che sono di Gesù». Il 10 aprile 1945 i partigiani lo sequestrano, gli strappano la talare, lo picchiano e lo torturano per tre giorni, lo conducono in un bosco a Piane di Monchio (Modena), lo costringono a scavarsi la fossa, lo fanno inginocchiare e, mentre il ragazzo singhiozza e implora pietà, gli sparano due colpi di pistola, uno al cuore e uno alla fronte. Muore a 14 anni il 13 aprile 1945. A guerra finita, il 29 maggio, sulla tomba scrivono: «Tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento, vivi nella luce e nella pace di Cristo».

Don Giuseppe Amateis (1892-1944) - Nato a Volpiano (Torino) il 19 maggio 1892, sa­cerdote dal 1920, viceparroco alla Collegiata di Giaveno, poi a Santa Croce e dal 1926 a Coassolo San Nicolao (Torino), di cui diventa parroco. È assassinato il 16 marzo 1944 a 52 anni. Scrive Giuseppe Tuninetti, storico della Chiesa subalpina: «Di questo assassinio non è ancora stata fatta piena chiarezza e tanto meno giustizia. Il partito di appartenenza di esecutori e mandanti ufficialmen­te non è del tutto chiaro, anche se ritenuto dall'opinione pubblica coassolese quello dei partigiani». Scrive Mino Martelli in «Una guerra e due resistenze 1940-1946»: «Don Giuseppe Amateis, già cappellano militare pluridecorato al valore, aveva più volte stigmatizzato l'operato dei partigiani comunisti a danno della popolazione. Come ri­sposta, la sera del 16 marzo 1944 fu prelevato e finito a colpi d'ascia».

Tuninetti dice che «le notizie sono state trasmesse da don Celestino Berta, anziano sacerdote originario di Coassolo» e scrive: «Don Amateis si era conquistato la stima e l'affetto della popolazione con il suo carat­tere aperto e gioviale e con il suo zelo pastorale. Colto e brillante conversatore, era apprezzato anche da forestieri e villeggianti. Già comandante di una compagnia di fucilieri nella grande guerra, nutriva un vivo amor di patria. Qui forse sta la spiegazione della sua morte».

Mentre i militari si rendono latitanti e si raggruppano nelle formazioni partigiane, il prevosto Amateis, «per tranquillizzare gli animi, nel­le prediche invita i giovani di leva e gli sbandati a presentarsi ai coman­di e ai distretti militari, in conformità con gli ordini emessi dalla Repubblica di Salò. Le sue parole, ispirate da sentimenti patriottici, non trovano il consenso dei partigiani comunisti, che ravvisano in lui «un fascista, un politicante, un nemico del popolo. Ecco quindi, nel febbraio 1944, la sua traduzione coatta, davanti al tribunale del popolo, le intimidazioni, le minacce. I colleghi parroci lo consiglia­no di lasciare temporaneamente la parrocchia». Ma invano: nella notte del 16 marzo è prelevato e giustiziato sul greto del torrente Tesso.

Padre Fernando Ferrarotti (1915-1944) - Nato a Robella presso Trino Vercellese il 3 maggio 1915, emette la professione religiosa nell'Ordine dei Frati Minori della provincia di Torino il 2 ottobre 1932, è ordinato sacerdote nel 1939. Cappellano militare in Russia, è congedato nel novembre 1943, lascia il convento e l'abito. È ucciso nel giugno 1944 a Champorcher (Aosta) per rappresaglia, dai partigiani. Precisa Tuninetti: «Che siano stati i partigiani è voce di fonte francescana».

Don Luigi Solaro (1879-1945) - Nato a Buttigliera d'Asti il 28 giugno 1879, sacerdote dal 24 giugno 1902, viceparroco alla Costa di Cumiana, cappellano a San Vito in But­tigliera d'Asti, poi a Santa Barbara in Torino, sfollato a Buttigliera nel 1942, è assassinato i1 3 aprile 1945 dai partigiani o presunti tali a Buttigliera a 66 anni. Scrive Tuninetti: «Fu assassinato in casa con la collaboratrice domestica, nella not­e tra il 2 e il 3 aprile. Dopo il furto delle cose preziose, la casa fu messa a soqquadro e devastata, per cui il movente dell'assassinio poteva essere o apparire la rapina. Nei due atti di morte, redatti dal parroco don Ruffino, è scritto di morte improvvisa. Il successo­re, don Pietro Ferrero, ha annotato “assassinato” e “assassinata”. È voce di popolo che i mandanti del delitto fossero del paese. È un fatto che la sepoltura il 6 aprile fu celebrata sotto l'intimidazio­ne dei partigiani: vi parteciparono tre o quattro persone in tutto. C'era anche, per ragioni politiche, una spaccatura nei partigiani di Buttigliera e dintorni. Quantunque di salute cagionevole e quasi impossibilitato a uscire di casa, a don Solaro era rivolta l'accusa di essere una spia dei fascisti. Il nipote di don Solaro promosse azione legale e ottenne la condanna di un certo Regis».

Don Edmondo De Amicis (1885-1945) – È il caso più clamoroso perché si tratta di un prete convinto fascista e cappellano militare delle Camicie nere. Nato a Torino il 20 ottobre 1885, sacerdote dal 1911, viceparroco a San Giovanni Battista in Racconigi. Cappellano militare nella Grande Guerra, partecipa alla riconquista della Libia ed è a Fiume con il 2° reggimento Granatieri, sino al 1923 partecipa alle onoranze dei Caduti contraendo un'infezione cadaverica. Aderisce prontamente al movimento fascista e diventa cappellano della 12ª legione «Monte Bianco» della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN).

Docente di religione e di latino nelle superiori, nel 1936 parte per l'Africa orientale con le Camice nere, per rimpiazzare il concittadino, il padre domenicano Reginaldo Giuliani, altro fior fiore di fascista. Smobilitato, assume la responsabilità della Coorte mu­tilati di guerra «Benito Mussolini». Dopo l'8 settembre 1943, mons. Michelangelo Rubino, ispettore generale, lo nomina cappellano della Guardia Nazionale Repubblicana. A mons. Rubino scrive: «Il cappellano non abbandona il suo posto mai: dove c'è il mio comandante ci sarò anch'io; dove ci sono i miei militi là ci sarò anch'io, succeda quello che ha da succedere».  

Nella primavera 1944 si distingue, fra una decina di sacerdoti, a propagandare l'adesione alla Repubblica Sociale Italiana: tiene dagli studi torinesi dell'Eiar le «Radio-con­versazioni del venerdì» con infiammati discorsi patriottici. La notorietà  lo rende un obiettivo per i partigiani torinesi, che il 30 agosto 1944 in un’incursione lo feriscono a colpi di pistola. Ripresosi, tiene comizi in piazze di diverse città italiane: a Bologna riceve l'abbraccio di felicitazione da parte di Ezra Pound per il suo fiero fascismo; in talare si reca nella famigerata caserma di via Asti in Torino – dove i nazifascisti torturano gli arrestati - per arringare i detenuti politici ad aderire alle Brigate nere.

Colpito con arma da fuoco il 23 aprile 1945 in corso Vinzaglio, da due gappisti che lo avevano pedinato, trasportato all’Ospedale militare, vi muore il 27 aprile a 59 anni. Le esequie sono turbate da tumulti popolari, a opera di civili e partigiani, che cercano di impedire l’inumazione sua e di altri fascisti. Il suo fiero e bieco fascismo assolutamente non ne giustifica l’uccisione. Scrive Tuninetti: «A don Italo Ruffino, da me personalmente sentito, don De Amicis dichiarò di aver aderito al fascismo perché lo considerava la diga contro il comunismo».

Tutti i diritti riservati

Cultura e società

archivio notizie

18/01/2018

Da Aristotele ad Einstein, quando la scienza interroga l'uomo

Da Aristotele ad Einstein, passando per Copernico, Tommaso d’Aquino, Galileo, Darwin… I progressi della scienza continuamente interrogano la nostra visione dell’uomo, ne scrive Valter Danna, docente di Filosofia teoretica alla Facoltà teologica torinese 

11/01/2018

Nicola Lagioia: "Torino scelga, piccola Parigi o grande Cuneo?"

Dopo l'intervento di Paolo Verri sul valore della cultura sotto la Mole, la parola al direttore del Salone del Libro

07/11/2017

Cento anni fa l'inizio della Rivoluzione russa

Il 7 novembre di cento anni fa l'assalto al Palazzo d'Inverno di Pietrogrado segna l'inizio della Rivoluzione russa, assimilabile alla Rivoluzione francese 

26/10/2017

Caporetto, una lezione che dura da cent'anni

24 ottobre, anniversario della terribile disfatta italiana durante la Prima Guerra Mondiale. L'Esercito combatteva, lo Stato si sfaldava. Pagine di storia da ricordare e raccontare ai giovani