Preti assassinati a Torino da tedeschi e nazifascisti durante la Seconda Guerra Mondiale
Sono 158 i sacerdoti assassinati in Italia dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale e 13 sono assassinati dai nazifascisti 13. Tra questi 3 sono torinesi, due diocesani e un salesiano, e 2 sono cuneesi.
Giovanni Battista Sapino (1883-1945) - Nato a Casanova di Carmagnola il 22 settembre 1883, prete dal 29 giugno 1908, viceparroco a Venaria Reale, dall’11 settembre 1927 è il primo parroco di Savonera, comune di Collegno, ed è assassinato il 29 aprile 1945 a 63 anni dai tedeschi.
Scrive «La squilla di Santa Maria», il bollettino della parrocchia di Santa Maria in Venaria: «Nella notte sul 29 aprile, mentre la colonna delle truppe tedesche in fuga transitava per Savonera, venne attaccata da un gruppo di partigiani che, compiuto il colpo, si ritirarono verso Torino, in direzione della chiesa della borgata. I tedeschi inferociti circondarono la chiesa e la canonica cercando di sfondare la porta dell'abitazione del parroco. Don Sapino, inerme, si fece loro incontro chiedendo che cosa volessero. Senza fornire alcuna spiegazione lo trascinarono ai piedi del campanile da lui eretto, e barbaramente lo uccisero colpendolo in volto. Così cadde innocente dopo essere vissuto e aver faticato per la sua gente».
Sul luogo del brutale assassinio una lapide ricorda il prete: «Nella notte del 29 aprile 1945, colpito al volto dal piombo tedesco, cadeva nel sangue, ai piedi di questo campanile il sac. don Giov. Battista Sapino, primo parroco di Savonera. Visse, faticò, morì per la sua chiesa e per la sua gente. Il campanile resta a testimonio e memoria delle sue opere, di una vita di bene, a richiamo perenne del Pastore buono morto per il gregge, e le campane cantano con voce di sangue il suo grande cuore».
Don Mario Caustico(1913-1945) – Nato a Caprioglio d’Asti il 14 settembre 1913, entra tra i Salesiani, prete dal 3 luglio 1938. Svolge il ministero tra i giovani ad Avigliana, Torino-Valdocco, Cuorgnè, Torino-Borgata Monterosa. Su insistente richiesta dei partigiani della Valle di Susa e dietro invito dell’ispettore salesiano don Luigi Ricceri – che diventerà rettor maggiore dei Salesiani - è cappellano partigiano, è seviziato e fucilato a 32 anni a Grugliasco dai tedeschi in ritirata, con altre 68 persone, il 30 aprile 1945. È il caso più noto perché l'eccidio di Grugliasco è una delle vicende più crudeli e tragiche di tuttala Resistenza e tra le più gravi accadute in Piemonte con quelle di Boves e di Cumiana.
Il mattino del 25 aprile 1945 la brigata partigiana di don Caustico giunge a Rivoli dove è informata che una colonna tedesca in ritirata sta marciando su Collegno e Grugliasco. Il giovane salesiano si offre di andare a trattare la resa con i tedeschi a nome del comando della V divisione del «Corpo Volontari della Libertà». Fatto prigioniero, è costretto a marciare, con in mano una bandiera bianca, alla testa della colonna tedesca che punta su Grugliasco, dove giunge domenica 29 aprile. Si tratta di un vile tranello tipico dei tedeschi che si danno al saccheggio, alle violenze e al rastrellamento di uomini, giovani e ragazzi di 14-17 anni: 68 persone, rinchiuse nella Casa del popolo e per tutta la notte sono seviziate. Tenta di ammansire il comandante, una vera belva assetata di sangue, anche don Caustico, che è pestato a sangue. Molti prigionieri si confessano e ricevono da lui l’assoluzione. Il mattino del 30 aprile sono condotti nella piazza: don Caustico a piedi nudi, con la talare insanguinata e il volto tumefatto. Divisi in tre gruppi, sono avviati in tre luoghi diversi fuori del paese. Presso la cappella di San Giacomo al prete viene ordinato di scavare una fossa; ma le forze gli vengono meno. I prigionieri sono condotti ai margini di un campo di segala: legati con cinghie e fili di ferro, con la faccia rivolta alla campagna e le spalle al plotone di esecuzione. Don Caustico li incita al coraggio e al perdono: è colpito da una raffica di mitra mentre alza la mano per un'ultima assoluzione. Tre dei 21 condannati del suo gruppo si salvano.
Don Gabriele Simondi (1896-1945) - Nato a Villafranca Piemontre il 18 aprile 1896, ordinato il 29 giugno 1921, viceparroco a Scalenghe, poi a Villastellone, dove è ucciso da una granata tedesca sul piazzale della chiesa parrocchiale il 29 aprile 1945. È un’uccisione fortuita. Una colonna tedesca, in ritirata, nei pressi del ponte sul Po tra Carignano e Villastellone, inizia a cannoneggiare Villastellone: il prete è colpito a morte da una granata mentre cerca di portare soccorso a un gruppo di donne, allarmate dal cannoneggiamento.
Don Giuseppe Bernardi (1897-1943) e don Mario Ghibaudo (1920-1943) -Nel marasma provocato dall’armistizio dell’8 settembre 1943, a Boves (Cuneo) il parroco don Giuseppe Bernardi e il viceparroco don Mario Ghibaudo rimangono accanto ai parrocchiani fino al sacrificio della vita. L’ultimo ricordo di don Bernardi è il suo gesto di benedire dall’autoblindo su cui l’avevano fatto salire per assistere alla distruzione del paese. Don Ghibaudo muore mentre assolve un uomo al quale un tedesco aveva sparato alla nuca. Dell’eccidio di Boves si è sempre parlato, anche per denunciare la viltà dei nazisti, che non rispettarono la parola data. Il paese subì due attacchi. Il 19 settembre 1943 le truppe della 1ª Panzer Division, comandate dal maggiore delle Waffen SS Joachim Peiper, mettono a ferro e fuoco il paese: 350 case bruciate e 24 civili uccisi. Tra il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944 un’altra rappresaglia: 500 case bruciate, 157 partigiani uccisi.
A Boves nasce una delle prime formazioni partigiane, composta da militari comandati dall’ufficiale Ignazio Vian, che rifiutano la dittatura, si rifugiano sulle montagne e iniziano una dura battaglia, con sabotaggi e combattimenti, contro l’occupante nazista. La mattina di domenica 19 settembre 1943 i partigiani catturano due militari tedeschi e li trasportano in Val Colla. Piombano in paese due grandi automezzi carichi di soldati tedeschi: con le bombe a mano distruggono il centralino del telefono. Poi divampa la battaglia. I partigiani in meno di un quarto d’ora incalzano i tedeschi: cadono un partigiano genovese e un militare tedesco, il cui corpo è abbandonato dai commilitoni.
Alle 13 Peiper incarica il parroco don Giuseppe Bernandi e l’industriale Antonio Vassallo di trattare con i partigiani per la riconsegna dei due prigionieri e della salma. In caso di successo, Boves sarà risparmiata, ma rifiuta di mettere per iscritto l’impegno: «La parola d’onore di un ufficiale tedesco vale gli scritti di tutti gli italiani». Dopo una breve trattativa, i partigiani consegnano prigionieri e auto, equipaggiamento e salma del caduto. Tutte le richieste sono soddisfatte. Ma il macellaio Peiper ordina la rappresaglia: le SS sparano e uccidono anziani, malati, infermi, e appiccano il fuoco. Il bilancio è tragico: 350 case bruciate, 24 uccisi, tra cui don Bernardi, don Ghibaudo e Vassallo. Proprio a loro è riservata la fine più brutale; i due ambasciatori vengono spinti nell’androne di una casa e giustiziati con due colpi di pistola, cosparsi di benzina, posti sulla catasta di legno a cui viene dato fuoco. Del parroco si ritrovano la testa e il tronco.
Giuseppe Bernardi, nato a Caraglio (Cuneo) il 25 novembre 1897, combatte nel primo conflitto mondiale e ne esce convinto che la guerra «è un’inutile strage». Sacerdote dal 1923, arriva a Boves come parroco nel 1938. Don Mario Ghibaudo, nato a Borgo San Dalmazzo il 19 gennaio 1920, sacerdote nel giugno 1943, giunge a Boves due mesi prima della strage. Per i due sacerdoti è in corso la causa di beatificazione presso la Congregazione per le cause dei santi.
Grazie al loro eroismo il Piemonte santo si arricchisce delle splendide testimonianze di due eroi di bontà e mitezza, misericordia e perdono, fede e carità.
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