La Chiesa che saremo, echi e impegni dell'Assemblea diocesana

Su La Voce del Popolo uno speciale di tre pagine con la sintesi e le immagini dei lavori: per riceverlo gratuitamente via mail basta scrivere a assemblea@vocepopolo.it I testi integrali delle relazioni sono sul sito della Diocesi. Due giornate ricche di indicazioni e di un rinnovato spirito ecclesiale. 

Parole chiave: assemblea (16), diocesi (138), torino (730), chiesa (665)
La Chiesa che saremo, echi e impegni dell'Assemblea diocesana

La via è aperta. L’Assemblea diocesana del 4 e 10 giugno, dopo il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, ha posto la Chiesa torinese nella prospettiva di un progressivo, aperto rinnovamento del suo modo di essere, nel segno della «sinodalità» indicata da papa Francesco, che fu il metodo delle prime comunità cristiane. È un inizio, non un punto di arrivo, però l’orizzonte è chiaro: la dimensione del «popolo di Dio in cammino – ha detto mons. Nosiglia chiudendo i lavoro venerdì 10 – un popolo che cammina alla scuola del Maestro unico che è Cristo. Un popolo capace di discernimento e ascolto reciproco, che programma insieme, decide insieme, opera insieme» nel rispetto dei ruoli e dei ministeri, di fronte alle nuove domande che vengono dal mondo e alle trasformazioni che stiamo osservando nelle parrocchie, sempre meno presidiate dai sacerdoti, sempre più affidate alla corresponsabilità dei laici. La prospettiva è missionaria: l’esortazione di papa Francesco «Evangelii Gaudium» prospetta con decisione una Chiesa «in uscita», capace di vivere nel mondo e di condividere al mondo la gioia che viene dal Vangelo.

Gli interventi pronunciati dall’Arcivescovo in apertura e  chiusura dell’Assemblea sono scaricabili dal sito www.diocesi.torino.it, insieme a due ampie relazioni di Monica Quirico e Sergio Durando sulle indicazioni ricavabili dal Convegno di Firenze e dal magistero di Francesco per il futuro della Chiesa. «Il nostro stile – ha detto Nosiglia - dev’essere quello delle cordate in montagna, dove si sale legati insieme, capaci di aspettare chi fa più fatica ma anche determinati ad andare avanti». Uno dei momenti centrali dell’Assemblea – questo senza relazioni scritte – è stato venerdì 10 giugno l’ascolto di testimonianze concrete sulla vita delle parrocchie della diocesi di Torino: sono state portate esperienze («buone pratiche») di corresponsabilità laicale e di integrazione fra gruppi di parrocchie in settori come la pastorale della famiglia e dei giovani, la formazione, la pastorale sociale. Hanno parlato coppie di sposi, educatori, operatori pastorali (presentati in questa pagina). Non tutte le Unità pastorali - il modello scelto per integrare le parrocchie della diocesi - stanno vivendo con facilità il percorso di avvicinamento; i casi portati in Assemblea hanno posto l’accento su esperienze che sembrano funzionare e alle quali si potrebbe guardare per confrontare metodi e problemi. Il resoconto dei sette operatori parrocchiali è parso utile, meno vivace il dibattito successivo, nel quale sarebbe stato interessante ascoltare ulteriori esperienze e anche qualche dubbio, qualche fatica, che spesso si ascolta nel quotidiano.

Il «riassetto» della Diocesi, il ridisegno di alcune forme di presenza sul territorio (110 parrocchie sono ormai senza parroco residenziale) appare, dopo l’Assemblea, come uno soltanto degli elementi che impegneranno la comunità diocesana nei prossimi anni: ove necessario potrà capitare di mettere mano all’organizzazione (l’Arcivescovo ha per ora escluso soppressioni di parrocchie, fatta accezione di una decina di piccole chiese senza più vita comunitaria) ma i lavori assembleari sono stati dedicati principalmente allo «stile» di Chiesa più che all’organizzazione, alle domande che vengono dal mondo in questo nostro tempo, alle risposte che possono venire dalla Chiesa «in uscita» di papa Francesco, alle esperienze di riassetto già in corso.

Evangelii Gaudium. Durante l’Assemblea mons. Nosiglia ha chiesto due anni di impegno specifico a tutte le parrocchie e alle Unità Pastorali, fra il 2016 e il 2018, per l’approfondimento di Evangelii Gaudium (EG) e per una prima attuazione di segni missionari nei territori. «Occorre – ha detto - promuovere tra tutti gli operatori pastorali e i membri dei vari gruppi, sia parrocchiali che di associazione e movimento, tra i religiosi e le religiose presenti sul territorio, un confronto sulla EG, a partire da 6 schede sintetiche pubblicate sulla Voce del Popolo (a partire dal testo di don Michele Roselli su questo numero, in queste pagine, ndr), che permetta a tutti di accoglierla nelle sue indicazioni di fondo. Il fine è quello di formarsi insieme per accogliere nella pastorale della comunità lo spirito e gli orientamenti della EG e di decidere le vie da intraprendere per avviare qualche concreta iniziativa missionaria, per portare a tutti il Vangelo della gioia secondo le ‘cinque vie’: uscire, abitare, annunciare, educare, trasfigurare».

L’Arcivescovo ha proposto di istituire in ogni parrocchia una «Giornata della comunità», che faccia conoscere l’Evangelii Gadium a tutte le componenti della parrocchia, in clima di fraternità, avviando (in gruppi di studio, guidati dalle schede) una riflessione che proseguirà nella vita ordinaria della comunità e dei gruppi lungo tutto l’Anno pastorale 2016-2017. L’intera pastorale deve porsi in una prospettiva missionaria, all’interno delle comunità e sul territorio, ove «ciascuna Equipe di Unità pastorale, riflettendo sulla missione e la Chiesa in uscita che abita le periferie esistenziali dell’umano per annunciare Gesù Cristo, potrà proporre alcuni segni di presenza dei cristiani che si uniscono per testimoniare il Vangelo in alcuni ambienti specifici del territorio, quali la scuola e università, il mondo del lavoro, della salute, del tempo libero, del sociale…». Nell’anno 2017-2018 si farà un verifica del cammino svolto. I frutti del biennio dedicato all’Evangelii Gaidium saranno raccolti nell’Assemblea diocesana del 2018.

Famiglia, giovani, poveri. «Un’attenzione particolare andrà riservata al mondo giovanile, perché esso rappresenta la frontiera più difficile, ma anche più necessaria, delle nostre comunità e su di essa deve dunque concentrarsi l’impegno delle unità pastorali». «Io stesso – ha detto Nosiglia - farò la mia solita visita annuale nelle Unità pastorali, affrontando con il clero tale problema, a partire dagli adolescenti». Visitando le Unità Pastorali l’Arcivescovo incontrerà «i gruppi di adolescenti secondo una metodologia predisposta bene e in sintonia con i linguaggi propri della loro specifica età». «Famiglia, giovani e poveri siano i soggetti privilegiati da cercare e incontrare anche fuori dalle nostre strutture e ogni iniziativa pastorale sia impostata a partire da questo obiettivo primario».

Il riassetto territoriale. Le Unità Pastorali fra parrocchie confinanti si pongono nell’orizzonte sinodale del «camminare insieme». «Sono un punto di non ritorno – ha detto con forza l’Arcivescovo – su cui far leva con buona volontà e fiducia e con l’apporto di tutte le componenti ecclesiali operanti sul territorio». Esaminando le prospettive di riassetto della Diocesi – che nelle Unità pastorali, appunto, è già in corso  - Nosiglia ha insistito sulla piena attuazione delle modalità previste per il buon funzionamento delle Unità: le Equipes e le Commissioni, cui è affidata l’attuazione di grandi linee pastorali che l’Arcivescovo ha voluto esplicitamente richiamare (dalla pastorale battesimale, all’iniziazione cristiana, all’Agorà del Sociale, fino al tema delle Liturgie della Parola in alternativa alle Messe domenicali ove scarseggiano i sacerdoti).

Rispetto all’avvicendamento dei parroci e dei viceparroci, Nosiglia chiede che avvenga nella continuità pastorale: «per un anno non si cambi niente»; eventuali cambiamenti della pastorale impostata in anni precedenti, se ritenuti necessari, «abbiano il placet del Consiglio pastorali o degli Affari economici e siano fatti con gradualità».

Rispetto ai casi di accorpamento delle parrocchie: «ogni parrocchia deve avere la celebrazione della Eucaristia domenicale (il sabato sera o la domenica mattina o pomeriggio) o, in casi stabiliti dal vescovo, la Liturgia della Parola, secondo gli schemi indicati dalla Conferenza episcopale piemontese». «Le parrocchie accorpate possono gradualmente dare vita a un unico consiglio Pastorale, mentre avranno a norma del diritto uno specifico Consiglio per gli Affari Economici». «L’accorpamento delle parrocchie comporta che un presbitero abbia più comunità da seguire e questo esige la massima collaborazione responsabile dei laici e di tutte le forze ecclesiali del territorio. È importante che in ogni parrocchia, soprattutto quelle che non hanno il presbitero residente, la comunità esprima un’equipe di animazione e coordinamento e gestione della pastorale locale, sotto la guida del parroco. La scuola diocesana per operatori pastorali è stata promossa proprio per questo fine». Circa la soppressione delle parrocchie: la linea è quella di cambiare lo status giuridico di quelle parrocchie che hanno un numero infimo di abitanti e una vita pastorale ridotta nei suoi ambiti fondamentali (catechesi, liturgia e carità, giovani…). La parrocchia soppressa giuridicamente resta come centro pastorale e luogo di alcune attività e celebrazioni liturgiche. Il Consiglio presbiterale ha dato il via libera per la soppressione di un numero molto ristretto, perché realtà piccole o di fatto prive ormai di un’attività pastorale autonoma».

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