Cappellani militari caduti durante la seconda guerra mondiale
I cappellani militari italiani mobilitati per la guerra 1940-1945 sono 3.219, di cui 125 caduti in guerra o sue conseguenze, 718 prigionieri, 24 dispersi, 31 morti nei campi di concentramento.
Il Piemonte ha 499 cappellani mobilitati: 290 diocesani e 209 religiosi e, rispetto alle altre regioni italiane, occupa il primo posto in cifre assolute e in percentuale (15,5 per cento), conta 20 caduti e 6 dispersi. Tra le diocesi quella di Milano con 125 cappellani precede Torino con 121, di cui 62 diocesani - tra i quali l'ordinario militare, mons. Angelo Bartolomasi, che fu il primo vescovo di campo nella Grande Guerra - e 59 religiosi. Cinque cappellani militari torinesi sono considerati ufficialmente caduti, non in azioni belliche ma per conseguenze belliche.
Don Edmondo De Amicis - È il caso più clamoroso perché si tratta di un prete convinto fascista e cappellano militare delle Camicie nere. Ha la spudoratezza di andare in talare nella famigerata caserma di via Asti in Torino – dove i nazifascisti torturavano gli oppositori arrestati - per arringare i detenuti politici ad aderire alle Brigate nere. Sostiene il nazifascismo, nonostante le sue nefandezze: la violenza, le leggi razziali, l’ateismo. Colpito con arma da fuoco il 23 aprile1945 in corso Vinzaglio, da due gappisti che lo avevano pedinato, muore all’Ospedale militare il 27 aprile a 59 anni. Le esequie sono turbate da tumulti, a opera di partigiani che cercano di impedire l’inumazione sua e di altri fascisti. Il suo bieco fascismo assolutamente non ne giustifica l’uccisione. Scrive lo storico Giuseppe Tuninetti: «A don Italo Ruffino, da me personalmente sentito, don De Amicis dichiarò di aver aderito al fascismo perché lo considerava la diga contro il comunismo».
Padre Fernando Ferrarotti - Nato a Robella di Trino Vercellese il 3 maggio 1915, emette la professione religiosa tra i Frati Minori della provincia di Torino. Cappellano militare in Russia, è congedato nel novembre 1943, lascia il convento e la vita religiosa. È ucciso nel giugno1944 a Champorcher (Aosta) per rappresaglia, dai partigiani. Precisa Tuninetti: «Che siano stati i partigiani è voce di fonte francescana».
Complessa e diversificata la posizione dei cappellani militari mobilitati nel 1940-1945. Dopo l’8 settembre 1943 molti, tra i non internati nei campi di concentramento, tornano al ministero pastorale diretto come parroci o viceparroci; alcuni si impegnano nella Resistenza, addirittura nei Comitati di liberazione nazionale; un piccolo numero chiede o accetta di fare i cappellani della Guardia Nazionale Repubblicana; qualcuno lascia il ministero. Oltre de Amicis e Ferrarotti,muoiono altri tre cappellani militari torinesi.
Padre Marcellino Garrone da Torino (1911-1942) - Nato a Torino il 4 maggio 1911, cappuccino della provincia di Torino dal 30 settembre 1928, missionario in Etiopia dal 1937 al 1942, è cappellano militare della brigata coloniale in Africa orientale. Muore il 24 maggio 1942 per malaria sulla nave «Giulio Cesare» mentre rimpatria.
Don Pietro Ferro-Milon (1910-1941) - Nato a Torino il 17 febbraio 1910, sacerdote dal 29 giugno 1934, viceparroco alla Pieve di Savigliano, cappellano militare al 59° reggimento artiglieria «Cagliari», cappellano della Borgata San Dalmazzo in Orbassano dove muore il 30 maggio1941 a 31 anni in seguito a malattia contratta sul fronte albanese.
Mons. Giuseppe Boris (1888-1941) - Nato a Moretta il 22 settembre 1888, prete dal 29 giugno 1912, laureato in Teologia nella Facoltà teologica del Seminario nel 1912, rettore del «Collegio civico» di Cherasco, cappellano militare, muore a Torino il 17 ottobre1941 a 53 anni all’Ospedale militare in seguito a un trauma subìto in un incidente automobilistico presso Mentone. Cappellano capo, è definito «la più perfetta e più bella figura di cappellano militare».
Beato Secondo Pollo (1908-1941) – È il caso di un vercellese, eroico cappellano degli Alpini in Montenegro. All’alba di Santo Stefano, 26 dicembre 1941, gli uomini del battaglione «Val Chisone», 3º Reggimento Alpini, ricevono l'ordine di liberare la località di Grahovo. Si mettono in marcia sprofondando nella neve ma a metà mattinata cadono in un'imboscata dell'esercito jugoslavo. Un alpino viene ferito e il cappellano don Secondo Pollo, incurante dei rischi, va in soccorso: percorre pochi metri e una raffica di mitragliatrice gli maciulla le gambe. Stramazza. Quando arrivano i soccorsi è troppo tardi: appoggiato a una roccia, esorta i soccorritori a non occuparsi di lui ma a mettere in salvo i commilitoni. Muore dissanguato. Gli viene conferita la medaglia d'argento al valor militare alla memoria.
Secondo Pollo nasce il 2 gennaio 1908 alla «Bronzina», una cascina sulla strada da Caresanablot a Varallo (Vercelli), in mezzo alle risaie. Vivace e un po' scavezzacollo, a 6 anni invita un amichetto a giocare con lui in cortile. Vuole fargli vedere un montone che con le corna cozza contro un mattone fino a sbriciolarlo. «Ecco il mio montone spaccamattone». Quel giorno il montone scorge un «intruso» che non conosce e non gli piace e decide di attaccare e spaccare proprio lui. La cosa non è divertente, anzi è pericolosa, fino a quando la bestia non è legata e allontanata. Frequenta la chiesa e il 25 marzo 1915 ricevela Prima Comunione.Nessuna sorpresa quando in quinta elementare annuncia: «Voglio farmi prete». A 15 anni comincia a scrivere sul diario i suoi pensieri: «O Padre, attirami al tuo Gesù. O Gesù, dammi di vivere come te, solo per il Padre. O Gesù, io ti amerò, così come sono amato da te. Mi vuoi sacerdote. Tu, Gesù, mi vuoi santo: e io voglio essere un inno, un trionfo del tuo amore».
In Seminario, prima a Vercelli e poi al «Lombardo» di Roma, pensa solo a diventare un sacerdote santo. Annota sul diario: «Voglio farmi sacerdote unicamente per Dio. Rifiuto ogni pensiero di ricchezza, di comodi, di lode, di onori, di stima. Ho offerto alla Madonna la giovinezza, la preparazione alla Santa Messa, il futuro sacerdozio». È il primo a scomodarsi quando un compagno ha bisogno; è l'amico e il confidente dei più piccoli, il consolatore di quelli che sentono la nostalgia di casa e della famiglia o che non sopportano le regole del Seminario.
Il 15 agosto 1931 a 23 anni, è ordinato sacerdote nella chiesa di Sostegno (Vercelli) dall'arcivescovo Giacomo Montanelli. Il giorno dopo celebrala Prima Messaa Caresanablot. L'arcivescovo destina questo prete dotto - lauree in filosofia e in teologia - a insegnare italiano e latino nel Seminario minore di Moncrivello e lo nomina cappellano alla «Petiva», piccolo borgo di contadini.
Si dedica con passione all'insegnamento e all'assistenza dei giovani. I suoi alunni si accorgono di avere un maestro di vita e di cultura. Affermerà un testimone: «La scuola era la sua missione dove non risparmiava le più belle energie di scienza e volontà». I suoi fedeli scoprono un uomo donato al Signore: entra nelle case e dialoga con tutti. Nel 1934 direttore spirituale del Seminario minore. I suoi allievi testimonieranno: «Il padre spirituale ci vuole tutti santi. Gesù non solo è il suo unico amico ma è la vita della sua vita». Scrive nelle «Note d'anima»: «Sono stato scelto tra mille a essere il beniamino di Cristo. L'amore ineffabile mi vuole, mi cerca, mi perseguita. O Gesù, fa’ passare la mia anima in te, permettimi di entrare nell'intimo della tua anima santissima». Insegnante di filosofia e di morale nel Seminario maggiore di Vercelli, dal 1936 è assistente dei giovani di Azione Cattolica.
Nel1940 l'Italia entra in guerra. Don Pollo, per essere vicino ai suoi giovani chiamati alle armi, chiede di essere arruolato come cappellano militare tra gli Alpini. È assegnato, con il grado di tenente, al 3º Reggimento Alpini, Battaglione «Val Chisone». Il primo addestramento è a Pinerolo, dove i soldati capiscono subito di avere un santo in caserma. Poi il fronte francese. Nel novembre 1940 è congedato ma poco dopo, con il battaglione, è richiamato e inviato in Montenegro. Alla vigilia di Natale regala la sua scatoletta di carne a un soldato che ha tanta fame. Il giorno di Natale, 25 dicembre 1941, divampa il combattimento. Don Secondo si prodiga tra feriti e morti; incoraggia tutti; prega con tutti; assolve i moribondi; chiude gli occhi ai caduti. Un ferito lo chiama, una mitragliata lo abbatte. Il suo sangue arrossa la neve tra le lacrime dei suoi ragazzi.
Il 20 aprile1955 l'arcivescovo Francesco Imberti apre il processo diocesano. Per la gioia dei vercellesi e degli Alpini, il cappellano Secondo Pollo è beatificato in piazza Sant'Eusebio a Vercelli il 23 maggio 1998 da Giovanni Paolo II in visita nella terra dell'evangelizzatore e protovescovo del Piemonte.
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