Sempre più emigranti: cresce l’esodo degli Italiani
Presentati gli ultimi dati raccolti dalla Fondazione Migrantes nel rapporto 2105. Il richiamo dell’Arcivescovo sulla situazione dei giovani che espatriano per cercare lavoro
Nel 2012 sono partiti dal nostro paese in cerca di condizioni migliori all'estero 78 mila italiani, nel 2013 le partenze hanno riguardato 94 mila connazionali e nello scorso anno hanno lasciato l'Italia ben 101.297 persone di cui 44.542 donne e 65.755 uomini. Per contro nello stesso anno risultano arrivati in Italia circa 33 mila lavoratori stranieri». Sono i dati che Sergio Durando, direttore dell'ufficio della Pastorale Miganti ha deciso di evidenziare martedì 15 dicembre nel corso della presentazione del decimo rapporto della
Fondazione Migrantes sugli «Italiani nel mondo». Si tratta di numeri che evidenziano come l'emigrazione sia un fenomeno in crescita ma poco percepito, un fenomeno che se analizzato come avviene nel corposo volume implica riflessioni pastorali e sociali che non si possono trascurare. Ed è proprio per questa rilevanza che interpella la Chiesa italiana e anche la nostra diocesi «basti pensare – ha aggiunto Durando – che Torino è la terza provincia italiana per numero di emigranti e che la nostra regione per questo si colloca al 5 posto con 7.414 partenze registrate tra gennaio e dicembre 2015» l'Arcivescovo ha voluto partecipare alla presentazione del Rapporto richiamando l'attenzione sui giovani, le famiglie e le prospettive future di una terra che invecchia.
«L’Italia – ha sottolineato mons. Nosiglia – è un Paese colpito da una bassa natalità e con un calo demografico pari a 250 mila giovani ogni anno. Ad aumentare sono invece due categorie di giovani: i neet ('giovani che non studiano e non lavorano') e gli 'expat' con titoli di studio medioalti, per questo maggiormente esposti alla disoccupazione, quindi 'bravi ma senza prospettive' e dunque pronti a espatriare. I fattori che inducono i giovani a diventare neet o a emigrare sono: la mancanza di lavoro dovuta soprattutto alla carenza di investimenti in settori nuovi e promettenti, la riforma delle pensioni che ritarda o ostacola l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, la dispersione scolastica che sta crescendo. E ancora: una formazione non adeguata alle richieste del mondo produttivo e la scarsa alternanza scuolalavoro; la difficoltà dei Centri per l'impiego a intercettare i neet e tanti giovani che sfiduciati non li frequentano; la disattenzione delle istituzioni che alimenta la rassegnazione nei giovani; la permanenza prolungata in famiglia sempre più chiamata a fungere da ammortizzatore sociale e la 'condanna' a una situazione di precarietà a vita». Numerosi fattori dunque di fronte ai quali ha ancora ricordato mons. Nosiglia «le parrocchie giocano un ruolo importante come punto di riferimento per educare e orientare i giovani» e lo stesso Agorà del Sociale avviato in diocesi sta cercando nuove strategie sul territorio più incisive e capaci di vera inclusione sociale.
Tra i dati evidenziati anche l'elevato numero di minori all'estero: 706.603 di cui il 45% con meno di 10 anni, quindi tante le famiglie «in fuga» dal nostro paese e tante le famiglie «spaccate». Restano in Italia i nonni che vivono la sofferenza della separazione e delle difficoltà cui i figli fanno incontro abbandonando le proprie terre d'origine. Difficoltà che spesso gli stessi anziani hanno vissuto in prima persona come «figli di emigranti» poi rientrati. Emigranti del secolo scorso sui quali nel rapporto compaiono interessanti «squarci». In particolare da un punto di vista della diffusione all'estero di mestieri che oggi noi abbiamo dimenticato come nel caso dei maestri vetrai di Altare, i suonatori di arpa, i viticoltori... «In questo momento – si legge nel rapporto – l'Italia sta vivendo una nuova fase di partenze e di arrivi: partenze di 'migranti desideranti' Italiani ma anche di immigrati in Italia, tutti alla ricerca di migliori e più appetibili condizioni di vita e di lavoro e l'arrivo di richiedenti protezione internazionale con progetti migratori il più delle volte finalizzati al Nord Europa e che transitano solamente nei nostri territori chiedendo al Belpaese lo sforzo del primo soccorso o l'asilo. Bisogna tenere ben presente questa nuova stagione della mobilità, un corso nuovo che determina numeri diversi e storie nuove.
A tal proposito, occorre con forza dire 'no' a una forma di strabismo che oggi si rischia di avere nella lettura dei fenomeni migratori tale per cui si legge con un occhio l'emigrazione dove viene fermamente affermata la tutela dei diritti, mentre dall'altro nel nostro Paese assistiamo ad un grave sfruttamento lavorativo degli immigrati. Un secondo 'no' è quello contro il ritorno dei nazionalismi, con una grave penalizzazione dell'emigrazione italiana che significa la non tutela dei nostri giovani che vanno all'estero». «Vi è poi infine – si legge ancora nel Rapporto – ad una integrazione schiacciata sull'assimilazione, perchè oggi è sempre più importane creare insieme una nuova forma di meticciato, per non perdere la ricchezza culturale di origine, per creare legami diversi, arricchenti e realizzare forme nuove di scambi reciproci». Ecco dunque l'importanza di conoscere la realtà di emigrazione e di approfondirne cause ed effetti per evitare anche nei confronti di chi arriva in Italia pregiudizi, esclusioni e politiche miopi: una conoscenza che anche questo decimo rapporto concorre a formare con dati, storie e analisi che ribadiscono un elemento da non dare mai per scontato nelle comunità parrocchiali così come negli altri contesti del quotidiano «che occorre sempre mettere al centro il migrante, che in quanto persona significa complessità e ricchezza nella differenza».
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