Quelle voci scomode che raccontano la verità
A Torino, Caffè dei giornalisti, la maison des journalistes e l'Università propongono confronti, incontri, spettacoli e dibattiti a
Voci scomode, sono quelle dei giornalisti che cercano la verità, e vogliono raccontarla al mondo. Il Caffè dei giornalisti (www.caffedeigiornlaisti.it), in collaborazione con il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e la Maison des Journalistes di Parigi, organizza una due giorni il 27 e 28 novembre per dar voce appunto alle voci scomode, partendo da Ilaria Alpi, che ha pagato con la vita, insieme al suo cameraman Miran Hrovatin la ricerca della verità, rimanendo vittima di un agguato a Mogadiscio, il 20 marzo 1994, nella Somalia dilaniata dalla guerra civile. Ilaria e Miran erano sulle tracce di traffici di armi e rifiuti tra l’Italia e la Somalia. Solo a maggio di quest’anno è iniziata la desecretazione di migliaia di documenti che forse potranno dare una risposta a questo duplice omicidio al quale le molte inchieste fin qui condotte non hanno saputo dare una verità e una giustizia.
Si inzia giovedì 27 novembre 2014, alle ore 18, a Palazzo Saluzzo Paesana (via Della Consolata 1bis, Torino), con Francesco Cavalli, direttore del Premio Giornalistico Televisivo Ilaria Alpi (http://www.premioilariaalpi.it/) e autore del libro “La strada di Ilaria”, Alessandra Comazzi, giornalista e membro della giuria del Premio Ilaria Alpi,
Stefano Tallia, segretario dell’Associazione Stampa Subalpina, Raffaele Masto (www.bungiornoafrica.it ), giornalista della redazione esteri di Radio Popolare, che modererà l’incontro (seguite il suo blog http://www.buongiornoafrica.it/
La cantante, autrice e attrice Saba Anglana interpreterà alcuni passi tratti dallo spettacolo “La strada di Ilaria”, versione teatrale del libro di Francesco Cavalli. La serata sarà introdotta da Rosita Ferrato, presidente del Caffè dei giornalisti, alla quale abbiamo fatto alcune domande.
Come nasce questa partnership tra il Caffè dei giornalisti, la Maison e l'università di Torino?
La partnership con la Maison des Journalistes è nata da un incontro a Parigi; un'intervista con la direttrice è diventata amicizia e poi una collaborazione con il Caffè dei Giornalisti. Tutto ciò è sfociato in un momento importante, ovvero l'organizzazione dell'evento Exile – Giornalismo esiliato,nel 2013 a Torino, con la mostra di bozzetti di disegnatori da tutto il mondo sulla libertà di stampa in centro città e un convegno, a Palazzo della Stampa Ceriana Mayneri, con giornalisti rifugiati da Siria e Iran e dal Congo - che hanno portato la testimonianza delle loro esperienze di giornalisti, fuggiti dal loro paese per aver fatto il loro dovere. Quest'ultimo partenariato che coinvolge anche l'ateneo di Torino nasce dall'adesione del Caffè a Presse 19, progetto di respiro europeo della Maison des journalistes per sensibilizzare gli studenti universitari sulla libertà di stampa: l'idea di lanciare il progetto a Torino ha trovato nel dipartimento di Culture Politica Società, e in particolare nella professoressa Marinella Belluati, un interlocutore entusiasta, ed è nato così l'accordo che si esprimerà in Voci scomode, la rassegna del 27 e 28 novembre sul giornalismo d'inchiesta.
Perché la scelta di Ilaria Alpi come simbolo delle voci scomode?
Una rassegna come Voci scomode, che si basa su Press 19 e il rapporto con la Maison des journalistes che accoglie giornalisti rifugiati da tutto il mondo, nasce con un respiro internazionale; è doveroso quindi un riferimento preciso anche ad una storia italiana per non pensare che un certo genere di problematiche non ci riguardi. Ricordare le vicende di Ilaria Alpi per il suo valore di ottima giornalista di inchiesta fa emergere anche aspetti importanti sulla relazione fra le voci scomode e i poteri forti. Ricordo bene quando, vent'anni fa, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin vennero uccisi: ancora non ero giornalista, ma mi colpì molto la fine tragica di una donna di così grande talento e coraggio. Ed è importante ricordare e parlarne ancora, anche con il libro di Francesco Cavalli, La strada di Ilaria che verrà presentato e sarà spunto per parlare anche di quanti giornalisti italiani promuovono questo mestiere con coraggio, competenza e onestà intellettuale.
Quali sono i progetti futuri del Caffè dei giornalisti?
Uno degli obiettivi per il prossimo anno sarà sicuramente quello di rafforzare il legame con Mdj e l'ateneo di Torino, nell'ottica di sensibilizzare costantemente soprattutto i giovani su questi temi. Ma, come in passato, e sempre di più, si organizzeranno momenti di incontro su tematiche legate al giornalismo e avremo con noi personaggi e reporter che si sono distinti per la qualità del loro lavoro... e per svelare qualcosa di più concreto, sarà con noi ad esempio una ottima corrispondente in Medio Oriente.
(ia short)
Come nasce questo libro "La strada di Ilaria" e il conseguente spettacolo teatrale?
Sono stato in Somalia in tre diversi viaggi fra il 2005 e il 2007 sulla strada di Ilaria Alpi, cercando tracce e prove dell'interramento dei rifiuti tossici nei traffici fra Italia e Somalia della seconda metà degli anni ottanta e i primi anni novanta. Quel lavoro di inchiesta aveva trovato già nel 2005 pubblicazione su Famiglia Cristiana, in televisione su RaiNews24, La7 e al TG3. Ciò che però era rimasto non raccontato, o raccontato parzialmente, era quel rapporto, quelle storie di relazione fra Italia e Somalia che avevo trovato durante i 47 giorni di permanenza nel Corno d'Africa. Non solo negli intrighi della politica e dei traffici, ma nella storia delle persone che avevo incontrato, negli incontri fatti, negli edifici e nella memoria.
Quando anni dopo quei viaggi ho ritrovato storie simili a quelle che avevo incontrato in quei viaggi, ma questa volta in Italia, a Roma, nell'incontro con somali, migranti, giunti in Italia perché scappati dalla guerra somala, ho sentito il desiderio, quasi la necessità, di raccontare queste storie, nel tentativo di far riemergere quel legame Italia-Somalia, lo stesso legame nel quale e entrata e si è tragicamente conclusa la vita di Ilaria Alpi.
Perché Ilaria era considerata una "voce scomoda"?
Perché era brava. Io non credo che Ilaria sia un eroe e non credo neppure che tale vorrebbe essere ricordata o commemorata. Ilaria era una professionista, seria, capace, che stava facendo il suo lavoro. Aveva cercato di capire e approfondire alcune informazioni che aveva raccolto. Non si era voluta fermare alle voci del sentito dire e non si era fermata neppure quando qualcuno le aveva detto che sarebbe stato meglio lasciar perdere. Una persona tenace, che vuole andare a fondo, diventa una voce scomoda. Ilaria era considerata una voce scomoda perché era brava.
Sulla desecretazione dei documenti sul caso Alpi-Hrovatin c'è chi sostiene che quelli che davvero contengono la verità, che da 20 anni si sta cercando, rimarranno dove sono. Cosa ne pensi?
L'operazione "Verità" che è in corso con i procedimenti di declassificazione dei documenti è sicuramente un segno positivo. Vuole essere un segnale di una volontà di un nuovo corso della politica che con le ombre del passato vuole farci i conti. Bisogna dare atto di questo. Tuttavia vedo il rischio che ci si limiti alle intenzioni, ai buoni propositi, e che nella sostanza poi questo non riesca a tradursi realmente in "Verità". Il procedimento di desecretazione è in corso, ci vuole tempo - speriamo non troppo - siamo in attesa di vedere i frutti e se le intenzioni saranno supportate da atti concreti veri, completi e non solo di facciata qualche cosa potrà succedere. Viceversa sarà l'ennesima presa in giro soprattutto nei confronti dei famigliari delle vittime.
L’approfondimento continua venerdì 28 novembre, alle ore 10, in Aula Magna presso il Campus Luigi Einaudi, gli studenti del corso di laurea in Comunicazione Pubblica e Politica insieme ad altri dei Dipartimenti di Culture, Politica e Società e di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino incontreranno il giornalista dell’Azerbaigian, Agil Khalilov e la giornalista russa di origini cecene Zara Mourtazalieva, entrambi rifugiati e accolti dalla Maison des Journalistes (http://www.maisondesjournalistes.org/) di Parigi.
L’appuntamento si inserisce nell’ambito di Presse 19, progetto di sensibilizzazione alla libertà di espressione e all’importanza del pluralismo dell’informazione. Presse 19 è un progetto della Maison des Journalistes di portata europea che l’associazione francese lancerà proprio a Torino grazie alla collaborazione con il Caffè dei Giornalisti. Il progetto deve il suo nome all’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 che sancisce il diritto alla libertà di opinione ed espressione.
Chi è Agil Khalilov
Giornalista del quotidiano di opposizione Azadlig, per il quale continua a scrivere, Agil Khalilov, nato nel 1983, dal 2008 vive a Parigi come rifugiato politico. Ha lasciato l'Azerbaigian dopo una serie di articoli che ha pubblicato relativi ad un'inchiesta che rivelava il coinvolgimento di membri del Ministero della Sicurezza Nazionale (ex KGB) in un caso di appropriazione indebita immobiliare. Durante la sua inchiesta, Khalilov viene sorpreso a filmare una transazione illegale: il governo vuole coprire lo scandalo, e il giornalista è oggetto di diversi attentati in poche settimane. Viene pugnalato, il colpo va a pochi centimetri dal cuore. Ne esce miracolosamente vivo, guarisce e pochi giorni dopo viene spinto sotto la metropolitana. La polizia si rifiuta di indagare su tali attentati e i suoi avversari non si fermano: organizzano una vasta campagna mediatica per screditarlo. Presentato come un omosessuale (che, nella
società azera, é un grave insulto e ne conseguono gravi discriminazioni), si sostiene che sia vittima dei suoi costumi "contro natura". L'autore dell'accoltellamento sarebbe un "amante geloso". Il suo processo diventa un vero e proprio "spettacolo organizzato" in piena tradizione staliniana: il pubblico ministero, come i giudici, lo presentano fin da subito come "colpevole". Il sistema giudiziario e i media condividono lo stesso scopo: servire il regime, eliminando coloro che minacciano la mafia del potere. Agil Khalilov decide di fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo e lascia l'Azerbaigian. Per la prima volta nella sua vita, prende l'aereo e lascia alle spalle i suoi incubi. Oggi tiene lezioni sulla libertà di stampa nelle scuole francesi e partecipa a vari eventi organizzati da istituzioni internazionali e ONG a livello europeo. Alla domanda su come veda il suo futuro, Khalilov risponde che intende "continuare a combattere e lavorare come giornalista."
Chi è Zara Mourtazalieva
Nata e cresciuta in Cecenia, nel 2003 si trasferisce per studiare e lavorare a Mosca. Il 4 marzo 2004 viene arrestata all'uscita del lavoro: si tratta di una pratica comune attuata dalla polizia di Moscanei confronti delle persone di "nazionalità caucasica" (un termine comunemente usato dalla polizia per designare etnicamente cittadini del Caucaso). Una volta portata in commissariato, cadrà nella trappola preparata ad hoc dagli agenti della polizia russa: sulla base della "prova" di un pacchetto esplosivo nascosto a tradimento nella sua borsa, sarà condannata per terrorismo a otto anni e mezzo di reclusione in una colonia penale. Viene condannata ai lavori forzati ad appena 20 anni, nel 2004. Lascia il carcere il 3 settembre 2012, il giorno prima del suo ventinovesimo compleanno.
Dopo otto anni e mezzo trascorsi nei campi di Mordovia per un crimine che non ha commesso, Mourtazalieva, fugge in Francia e viene accolta nel 2012 alla Maison des journalistes a Parigi.Questi anni di detenzione non hanno infatti indebolito questa giovane attivista cecena: al contrario, lei ha deciso di combattere contro la corruzione del sistema giuridico russo. Le è stato riconosciuto lo status di rifugiata politica da un anno: Mourtazalieva intende continuare a combattere per i detenuti nelle colonie penitenziarie russe, supportata da diverse associazioni e organizzazioni per i diritti umani.
Nel suo libro, "Otto anni e mezzo", pubblicato in Francia nel mese di aprile 2014, oltre alla propria storia, racconta il sistema carcerario sotto il governo Putin. Nel suo libro riflette principalmente sulla vita in una colonia penale, sugli abusi contro le donne: le umiliazioni, le percosse, le violenze, il lavoro forzato, le punizioni, anche con esito mortale. Mettendo a confronto il sistema carcerario del regime di Putin con quello di Stalin. Racconta anche le storie di altre donne detenute, dove le innocenti e le colpevoli intrecciano i loro destini.
Marinella Belluati, docente di Analisi dei Media introdurrà l’incontro, a cui saranno presenti Darline Cothière, direttrice della MDJ, Rosita Ferrato, presidente del Caffè dei Giornalisti, Marco Buttino, docente di Storia Contemporanea e studioso delle aree dei paesi al centro del dibattito e Claudio Sarzotti docente di Filosofia Giuridica del Dipartimento di Giurisprudenza. Nell’atrio del Campus Luigi Einaudi verrà allestita una selezione dalla mostra internazionale itinerante “Exile – Giornalismo esiliato” realizzata nel 2011 dalla Maison des Journalistes che comprende vignette sul tema della libertà di stampa realizzate da illustratori di tutto il mondo.
“Quando attacca i poteri forti, il giornalista rischia. Che sia in Italia, o in Cecenia o in Azerbaigian, o altrove nel mondo. Ne parliamo perché certe libertà non sono scontate – dice Rosita Ferrato, presidente dell’associazione Caffè dei Giornalisti – ed è fondamentale ricordarlo”.
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