Torino Città universitaria ma i giovani sono disoccupati
Si conclude il viaggio sul difficile rapporto tra la nostra città e l'occupazione
Nelle ultime due puntate di questa inchiesta abbiamo sostenuto l’esigenza di investire sui giovani: un compito che coinvolge numerosi soggetti ciascuno secondo i propri ambiti di responsabilità Fra questi assumono un ruolo importante gli Atenei soprattutto a Torino che aspira a consacrarsi Città Universitaria di livello europeo. Tale obiettivo figurava nel programma della giunta Fassino e figura anche ai primi posti delle scelte strategiche della Giunta Appendino.
Perché Torino possa fregiarsi di questo titolo e diventare a tutti gli effetti una Città dei giovani e per i giovani, bisogna che si verifichino alcune condizioni.
Prima di tutto la città deve poter vantare la presenza di Atenei prestigiosi e soprattutto attrattivi per giovani provenienti da tutto il mondo. Stando agli ultimi dati, Torino soddisfa questo requisito. Nell’arco di dieci anni la popolazione universitaria è cresciuta di 17 mila unità (+21,8%) proveniente quasi esclusivamente da fuori regione e dall’estero.
Nello stesso periodo a livello nazionale si è registrato un calo degli iscritti dell’8%. Oggi la percentuale di studenti non piemontesi è salita in media al 30%, con una punta del 54% nel Politecnico. Alla Statale di Milano e all’Università di Padova la quota di studenti provenienti da fuori regione si aggira attorno al 20%. Oggi gli iscritti agli Atenei torinesi superano le 100 mila unità; gli iscritti al prima anno sono 26 mila e in costante crescita a differenza di quanto accade in molti altri Atenei che devono fare i conti con un calo delle iscrizioni.
Grazie al contributo di molti fattori, non ultimo la riscoperta delle bellezze della città che ha contribuito ad elevare la qualità della vita, Torino si scopre più attrattiva da parte dei giovani e grazie agli Atenei ha ampliato nel corso degli anni il suo «respiro» internazionale. Negli ultimi 10 anni i cittadini stranieri iscritti all’Università e al Politecnico sono cresciuti del 190% passando da 2600 a 7600 Oggi sono in media il 10% del totale degli iscritti con una punta del 14% al Politecnico dove le principali comunità sono cinesi e iraniani mentre all’Università le comunità più numerose sono l’albanese e la rumena. Da notare che ci sono più di cento nazionalità differenti iscritte agli atenei torinesi. Questi ultimi contribuiscono ad accrescere l’apertura internazionale di Torino anche attraverso altre modalità quali:
la mobilità degli studenti che nel 2016 ha coinvolto circa 1300 giovani in entrata e altrettanti in uscita un migliaio di Accordi con Atenei e Centri di ricerca stranieri e più recentemente anche con imprese che operano in settori innovativi; la presenza crescente di Visiting Professor.
Una Città universitaria per essere veramente attrattiva deve, prima di tutto, formare una forza lavoro altamente qualificata, adatta a svolgere mansioni differenziate e creative. Per far questo i due Atenei devono produrre un’offerta formativa di pregio e capace di adeguarsi rapidamente alle nuove domande della società e del progresso tecnologico. Quella che offrono è molto ampia, frutto dei continui adattamenti realizzati nel corso degli anni e destinati ad aumentare per rispondere alle nuove sfide portate dall’evoluzione delle tecnologie emergenti. Attualmente l’offerta è costituita da circa 200 corsi di cui 150 all’Università e da un numero consistente di Master, Corsi di dottorato e scuole di specializzazione.
Nel 2016 i laureati sono poco meno di 20 mila, di cui un terzo al Politecnico. Una forza considerevole che gli Atenei si attrezzano per aiutare ad inserirsi nel mondo del lavoro attraverso principalmente gli uffici di Job Placement divenuti nel corso degli anni non solo promotori di migliaia di stage e di tirocini ma anche interlocutori diretti delle imprese nella scelta dei profili di cui hanno bisogno. Secondo gli ultimi dati di Almalaurea riferiti al 2015 il 63,5% dei laureati magistrali lavorava ad un anno dalla Laurea; il 21% era alla ricerca di un’occupazione; il restante 10% stava ancora studiando. In una Città universitaria gli Atenei sono chiamati a contribuire allo sviluppo socio-economico del territorio dando piena attuazione alla cosiddetta «terza missione», non meno importante, visti i tempi che corrono, della «prima» (la didattica) e della «seconda» (la ricerca). Con una forza lavoro costituita da 5.300 persone tra corpo docente e staff amministrativo ed un «esercito» di giovani molti dei quali vivono in città o nel suo interland, gli Atenei producono un indotto che contribuisce in misura non trascurabile alla produzione di ricchezza nel territorio. Nel corso degli anni hanno anche contribuito con ingenti investimenti alla trasformazione di larghe porzioni del territorio metropolitano e continueranno a farlo non appena si concretizzeranno i progetti allo studio o in fase di attuazione. Contribuiscono infine in misura significativa allo sviluppo tecnologico del tessuto produttivo mettendo in comune professionalità e conoscenze.
Alla luce delle considerazioni svolte, possiamo affermare con una certa tranquillità che, grazie agli investimenti degli Atenei, Torino è diventata una Città universitaria che aiuta i giovani a crescere, formarsi e trovare un lavoro? La risposta è positiva a patto che si verifichino alcune condizioni: il Paese deve tornare ad investire nella sua Università. Negli ultimi anni c’è stato un drastico taglio del finanziamento pubblico a differenza di quanto avviene negli altri Paesi che continuano ad accrescere la propria formazione superiore; l’avere studenti internazionali, in sé, non è sufficiente. Spesso, infatti, non si crea una vera integrazione tra studenti nazionali e stranieri né dentro né fuori dal contesto didattico. La presenza di studenti stranieri si rileverà significativa solo se saranno incentivate forme di apprendimento cooperativo che mettano concretamente in contatto persone di diverse lingue e nazionalità, in una prospettiva di sviluppo di competenze interculturali; nonostante gli sforzi che gli Atenei stanno compiendo per aiutare i laureati a trovare lavoro il tasso di disoccupazione giovanile soprattutto a Torino , è ancora molto alto e coinvolge un numero crescente di laureati ai quali sono offerte occupazioni sempre più precarie e sempre meno dignitose. Per ovviare a questo stato di cose è sempre più urgente fare squadra coinvolgendo tutti i soggetti che sono l’anima della città universitaria. Il patto recentemente sottoscritto tra la Regione e la Conferenza episcopale piemontese sugli sbocchi occupazionali dei giovani è un esempio da imitare. Gli Atenei da parte loro dovrebbero continuare a seguire i giovani dopo la laurea creando una sorta di ponte, un legame continuo di reciproco aiuto. Occorre trovare urgentemente soluzioni condivise al problema degli spazi che assilla entrambi gli Atenei per offrire servizi migliori agli studenti iscritti e consentire anche a quelli che sono fuori di avere uguali possibilità di accedere ai corsi universitari. Ciò consentirà di accrescere in prospettiva il numero dei laureati: un parametro che ci vede all’ultimo posto fra i 28 paesi che aderiscono all’Unione Europea.
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