A Torino c’è bisogno di politica industriale
Intervista al presidente dell'Api Corrado Alberto
Un futuro possibile di imprese che creano ricchezza e occupazione, che fanno della manifattura e dei servizi le loro punte di diamante, che contribuiscono alla competitività di uno dei territori italiani più importanti dal punto di vista economico. È questo l’orizzonte che il presidente di Api (associazione piccole medie imprese) Torino, Corrado Alberto, ha delineato nell’ambito dell’assemblea 2017 dell’associazione tenutasi lo scorso 22 maggio. Con una provocazione forte: «Tutti gli attori economici, Fca in primis, devono fare insieme e per davvero un ragionamento serio e di prospettiva di lungo termine sul futuro, oppure per l’area di Mirafiori potrebbe essere preferibile pensare alla realizzazione di un parco della rimembranza dell’industria dell’auto». Una provocazione appunto, che sa tanto di pungolo nei confronti di chi non ha saputo dare vita ad una politica industriale seria.
Alberto ha parlato nell’ambito del Salone del Libro (di cui Api è stata sponsor), davanti al sindaco Chiara Appendino, all’assessore regionale al Lavoro Gianna Pentenero, al presidente della Camera di commercio Vincenzo Ilotte e al presidente di Confapi Maurizio Casasco, e ha spiegato: «Abbiamo più volte sottolineato una sostanziale assenza di una politica industriale che riesca a fornire una visione prospettica a 5, 10 e 20 anni. Manca il coraggio di una politica locale che parta dall’analisi della mentalità ancor prima che dell’analisi della consistenza del sistema economico di Torino e provincia.
Abbiamo a che fare con politiche che appaiono simili a fioche lanterne accese in una notte di tempesta piuttosto che a potenti fari in grado di guidare fino a porti sicuri». Una situazione che Alberto rifiuta collocando invece le Pmi come «pietre angolari di una cittadinanza attiva e di un nuovo modello di sviluppo». Partendo dall’uso dei contratti di rete, da una reale applicazione dell’industria 4.0, da regole del mercato del lavoro innovative, da strumenti per dare più spazio ai giovani, e senza dimenticare infrastrutture adeguate, una logistica efficace e una imposizione fiscale più razionale.
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