La guerra dell’acqua
Scenari - Dopo il monito lanciato dal Papa, una mappa dei paesi dove l'oro bli è causa di conflitti, dal Medio Oriente all'Africa
Nuvole di guerra si addensano al nostro orizzonte: Trump ha ventilato il ritorno alla Guerra Fredda fra Usa e Russia, il Papa ha parlato di rischio di una «Grande guerra mondiale per l’acqua» incontrando venerdì scorso i partecipanti al IV workshop organizzato dalla Pontificia accademia delle scienze. Il tema non è nuovo per Papa Francesco che già nel novembre del 2014 a Strasburgo aveva affermato: «L’acqua non è gratis, come tante volte pensiamo. Sarà il grave problema che può portarci ad una guerra».
Da anni si parla dell’acqua come di un bene sempre più importante, sempre più «un bene prezioso e raro» e le politiche di molti Stati sono attente all’idro-geografia del mondo.
L’acqua è in effetti indispensabile alla vita, lo dice la Bibbia «l’acqua è al principio di tutte le cose» (Gen. 1,2) e lo hanno ricordato pochi giorni fa gli articoli dedicati alla scoperta di un nuovo sistema solare. È bastato ipotizzare che su questi nuovi pianeti possa esserci l’acqua per far parlare di presenza umana, i famosi alieni. Le condizioni sufficienti per la vita non ne comportano come necessaria conseguenza l’esistenza, soprattutto non nelle forme para-umane che immaginiamo. Ma, se l’acqua non comporta come necessità la vita, la vita ha necessità dell’acqua.
Il Papa nella sua enciclica «Laudato sì», al p. 30, aveva scritto «il rispetto dell’acqua è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani». Qualche decennio fa nessuno poneva il problema dell’acqua. Si parlava di società giusta, si puntava il dito sulla necessità della famiglia ben formata in quanto cellula fondamentale della società poi, dopo decenni di corruzione e sgretolamento, si è passati a gridare che la vita è il diritto primario dell’essere umano e adesso siamo retrocessi alla difesa dell’acqua. «Peggio non è morto mai», ripeteva sempre mia suocera e aveva ragione. Dopo l’acqua ci potrà essere ancora qualcosa da difendere? O sarà la fine di questo nostro mondo impazzito?
Ma di cosa parliamo? Qualche dato: sulla terra sono presenti circa 1.400.000.000 Km3, di cui 42.000.000 di acqua dolce, 15.000.000 di acqua utilizzabile e una necessità di riequilibrio di circa 50.000 Km3 all’anno. Teoricamente l’acqua disponibile si rinnova ogni 300 anni, ma noi ne consumiamo annualmente molta di più, quindi attingiamo alle riserve. Il fabbisogno idrico pro-capite minimo è stimato dall’Oms in circa 1.000 m3 per abitante, all’anno, ma oggi il 40 per cento della popolazione mondiale vive al di sotto di questa soglia e si valuta che nel 2050 questa percentuale salirà al 75 per cento. In Medio Oriente e Nord Africa nel prossimo decennio la disponibilità sarà del 50 per cento inferiore al minimo vitale.
Da questo bisogno primario nel secolo scorso sono nati tre atteggiamenti: quello regolamentativo, il campo del diritto internazionale e della trattativa tra stati; quello speculativo, l’ambito del cosiddetto ‘quarto capitalismo’; quello aggressivo, cioè l’origine di guerre sia convenzionali sia asimmetriche.
Qualche esempio di possibile area calda? Il progetto della Turchia di 22 dighe e 19 centrali elettriche sul bacino del Tigri e dell’Eufrate (entrambi nascono in territorio turco: l’Eufrate scorre per l’88 per cento e il Tigri per il 51 per cento in Turchia). Non è un caso se l’espansione dello Stato islamico del califfo al-Baghdadi nel 2014 ha cercato come prima mossa di occupare le aree del bacino dell’Eufrate che si trovano in Siria e le sponde dell’alto Tigri. Chi controlla un tratto di fiume può prosciugare l’area sottostante con qualche banale diga e questo è un’arma di ricatto molto pesante.
Attenzione deve essere posta anche al bacino del Nilo (6.671 Km), che attraversa 7 stati e ne bagna 11; a quello del Niger (4.184 Km) che attraversa 5 stati e ne bagna 7; a quello dello Zambesi (2.574 Km) che attraversa 6 stati; al lago Ciad intorno a cui si stanno ammassando decine di milizie in lotta fra loro e con Boko Haram.
Ieri il Santo Padre ha sottolineato che le Nazioni Unite forniscono cifre che «non ci possono lasciare indifferenti: mille bambini muoiono ogni giorno a causa di malattie collegate all’acqua», e «il diritto all’acqua è determinante per la sopravvivenza delle persone e decide il futuro dell’umanità». Ne è ben consapevole anche la Cina che soffre da anni di carenza idrica e perciò ha attuato un’opera di vera e propria colonizzazione dell’Africa cercando di acquisire importanti aree del bacino del Lago Vittoria, dello Zambesi e del Congo.
La modernità ci ha sottoposto tre diverse false soluzioni: il controllo delle nascite (meno bocche meno bicchieri di acqua), l’ecologismo radicale (visione ideologica del mondo), l’anti-umanismo alla Peter Singer (l’uomo danneggia la terra quindi meno uomini ci sono meglio si sta). In verità l’acqua non finisce e la terra ne possiede a sufficienza per tutti ma occorre usarla bene, distribuirla meglio e lavorare in una prospettiva collaborativa perché nessuno Stato può combattere questa battaglia e vincerla da solo.
Guardare la cartina geografica e cerchiare di rosso i principali bacini idrici potrebbe essere un importante esercizio per chi si occupa di politica estera e soprattutto per chi deve decidere se buttarsi o no in una guerra che potrebbe essere veramente distruttiva.
Il Papa a Strasburgo nel 2014 ha ricordato a tutti che «da un lato la natura è a nostra disposizione, ne possiamo godere e fare buon uso; dall’altro però significa che non ne siamo i padroni. Custodi, ma non padroni. La dobbiamo perciò amare e rispettare, mentre, invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non la ‘custodiamo’», e soprattutto «accanto ad un’ecologia ambientale, serve perciò quell’ecologia umana, fatta del rispetto della persona, che ho inteso richiamare quest’oggi rivolgendomi a voi».
La natura è stata donata dal Creatore all’uomo perché la usasse, non ne abusasse, ma è l’uomo il fulcro dell’universo, «l’unica creatura voluta per se stessa» come sottolinea il Concilio Vaticano II («Gaudium et spes», 24).
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