Gli studenti del politecnico di Torino per le vittime del Kenya
Nel cortile interno della sede torinese del Politecnico venerdì 10 aprilestudenti, personale amministrativo hanno ricordato con il silenzio e la preghiera gli studenti vittime dell'attentato di Garissa in Kenya (Fotogallery)
È cominciato con un saluto in inglese ed in italiano da parte del manipoli di studenti kenioti iscritti al Politecnico, una dozzina in tutto, il momento di veglia e preghiera voluto dagli studenti stessi per commemorare le vittime dell’eccidio dell’Università di Garissa in Kenia. (Fotogallery)
Con il sostegno dell’ateneo, testimoniato dalla presenza di numerosi docenti e dal magnifico Rettore Marco Gilli, la veglia di preghiera si è tenuta nel cortile interno della sede di c.so Duca degli Abruzzi ed ha visto la partecipazione di studenti, personale amministrativo e persone comuni venute per testimoniare il proprio desiderio di vicinanza e nello stesso tempo di rifiuto della violenza di qualunque matrice. Dopo un minuto di silenzio, commosso, di fronte alla bandiera del Kenia ed alle immagini dei giovani uccisi, gli studenti hanno intonato un canto in lingua tendendo in mano un foglio bianco con la scritta eloquente e significativa di 147, il numero di giovani uccisi dalla follia fondamentalista.
Il rettore Gilli nel suo breve intervento, ha sottolineato l’importanza del momento e la volontà dell’ateneo torinese di essere e restare uno spazio aperto al dialogo ed al confronto sereno, una comunità accademica che sempre più vuol essere tale soprattutto nell’accoglienza dei tanti studenti stranieri, ciascuno portatore della ricchezza culturale e di tradizione dei propri paesi. In rappresentanza della comunità diocesana sono intervenuti don Luca Peyron, direttore della pastorale degli universitari, e fra Pietro Pagliarini cappellano del Politecnico che hanno sottolineato la vicinanza del Chiesa locale ai giovani ed il desiderio di farsi sempre di più promotori di un dialogo sereno e fecondo all’interno degli ambienti di vita ed in particolare dell’università.
Una cerimonia semplice e nello stesso toccante, in cui la retorica è stata messa da parte per fare spazio alla delicatezza dei tratti e della presenza tipica dei giovani africani. Tra i presenti anche alcuni rappresentanti degli studenti, senza bandiere e senza steccati,come talora in università ancora avviene: di fronte alla morte di giovani, una morte particolarmente ingiusta ed odiosa, il pensar e l’essere insieme che fanno dell’università la vera ed autentica anima, si sono ripresi il posto che debbono avere. Di qui si continuerà a costruire.
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