Ripensare la mobilità in maniera sostenibile

Ecologia e stili di vita, questione di scelte

Parole chiave: atmosfera (1), laudato si (8), ecologia (12), ambiente (25), papa (648)
Ripensare la mobilità in maniera sostenibile

In un’auto mossa da un motore termico, diesel o benzina che sia, circa l’1% del combustibile presente nel serbatoio serve a portare a destinazione autista e passeggeri. Il 70% dell’energia offerta dalla benzina che entra nei pistoni va persa in calore e attriti interni, solo il 30% diventa effettivamente la potenza erogata da un motore (il 40% nei migliori motori diesel). Una parte va ad alimentare alcuni meccanismi di bordo (la batteria, il condizionatore…) poi bisogna combattere la resistenza dell’aria e l’attrito con l’asfalto… e ovviamente muovere tutto l’oggetto: una city car pesa 8-900 chilogrammi ma un suv anche due tonnellate e mezza.

Capite che il genitore che porta il bimbo a scuola, (150 kg in due? forse meno) su quella gigantesca auto che è il top della moda del momento è una vera e propria assurdità. Uno spreco da tutti i punti di vista della scienza e un insulto ai doni del Creato se vogliamo metterci in mezzo le pagine dell’enciclica “Laudato si’ ” di papa Francesco Perché abbiamo dedicato oltre un secolo di sforzi tecnologici sul “metodo” del motore a scoppio? Perché 1 kg di petrolio contiene 15 volte l’energia di 1 kg di tritolo, e ha l’ulteriore vantaggio che non scoppia, è liquido ed è facilissimo da trasportare. Il petrolio è una vera manna per la chimica e la fisica, talmente comodo e vantaggioso che l’Occidente non ha mai disdegnato di fare numerose guerre (e persino di inventarsene alcune…) per controllare quelle aree del mondo dove sono concentrati i giacimenti migliori.

Durante un processo di combustione vengono emessi alcuni gas, la CO2 in primis, che non sono di per sé inquinanti ma, in quantità abnormi, diventano degli spietati climalteranti (e i recentissimi nubifragi e alluvioni che hanno colpito alcune zone dell’Italia e della Franca ce lo ricordano con puntualità), mentre altri gas e particelle sono inquinanti e dannosi per la salute dell’uomo. Lo sappiamo da oltre quaranta anni e già Aurelio Peccei (fondatore del Club di Roma) e lo studio da lui commissionato al MIT nel 1972 “The limits to the Growth” avevano previsto che una eccessivamente facile mobilità individuale basata sul petrolio sarebbe stato un boomerang ambientale.

Alla luce di questi numeri la truffa sulle emissioni di alcuni motori a gasolio architettato dalla Volkswagen per sfuggire ai controlli delle normative ambientali è certo una cosa grave, ma il nocciolo della questione resta altrove. Il controllo delle emissioni e la crescente severità delle norme Euro4, Euro5, Euro 6 sono in fondo una foglia di fico. E’ l’intera mobilità individuale che va ripensata perché l’uso di automobili personali è oggi eccessivo: 765 veicoli ogni mille abitanti negli Usa, 606 ogni mille italiani. Danimarca e Paesi Bassi hanno poco più di 400 veicoli a motore ogni mille cittadini, Svezia e Finlandia sono sotto i 350. In alcuni Paesi europei infatti l’uso dell’auto come bene personale è stato via via disincentivato grazie a politiche che andavano in tre direzioni: mezzi pubblici capillari ed efficienti, auto condivise (car sharing e car pooling), facilitare e premiare l’uso della bicicletta sui percorsi brevi (8-10 km).

La mobilità ciclistica ha il rapporto costi investiti e benefici ottenuti più alto e dai tempi di ritorno più rapidi. Secondo lo studio della Global commission on the economy and climate, nelle città l’uso delle biciclette riduce le emissioni di gas inquinanti o climalteranti (potenzialmente 3,7 miliardi tonnellate di CO2 in meno entro il 2030) e crea risparmio. In una città ciclisticamente virtuosa come Copenaghen una bicicletta usate per andare al lavoro o a scuola fa risparmiare al comune 16 cent di euro al chilometro (meno inquinamento, meno malattie respiratorie, meno parcheggi da gestire, meno manutenzione sulle strade consumate dalle auto, meno semafori…), mentre l’uso della vettura personale pesa 10 cent a chilometro.

In tal modo i costi del traffico scendono a meno dell’1% del Pil della capitale danese, mentre a Pechino l’uso eccessivo delle auto private grava sulla collettività oltre il 10% del Pil cittadino. E’ su queste esperienze che si basa la strategia di Ségolène Royal, ministro dell’Ecologia francese che, accanto alla costruzione di piste ciclabili esclusive (cioè non in condivisione con i pedoni), ha studiato un sistema di incentivi che garantirà 25 centesimi a chilometro a chi si recherà al lavoro in bicicletta. Sarà l’azienda a misurare e elargire il premio, in cambio di sgravi fiscali corrispondenti.

Sul versante delle auto in condivisione, nelle principali città italiane sono ormai 5-6 gli operatori che offrono piccole auto a noleggio, con costo orario o a chilometro. Con modalità facilitate in modo estremo dalle app che tutti possono scaricarsi sul proprio telefono. Ed è ormai dimostrato che se la seconda o la terza auto di una famiglia percorre meno di 6-7 mila chilometri l’anno è più conveniente venderla in favore di un car sharing.

Non esiste ovviamente un’unica ricetta, ogni città deve studiare la propria strategia. Ma anche ogni persona deve sinceramente e onestamente fare uno sforzo per capire quale possa essere il proprio contributo dal basso. Un piccolo gesto, concreto ed efficace, per “prendersi cura della casa comune”come esorta papa Francesco.

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