Job act: è una vela, ora ci vuole il vento
Duecento persone presso la parrocchia torinese del Redentore per una serata informativa sui decreti attuativi della riforma Renzi promossa dall'Ufficio di pastorale sociale e del lavoro della diocesi: dopo la legge occorre una politica industriale per rimettere in modo l'economia del Paese
Dopo la mission, il welfare e lo spread al nostro vocabolario quotidiano si aggiunge un’altra parola presa a prestito dal mondo anglosassone: il Jobs act cioè il testo unico del lavoro. E a giudicare dal folto pubblico convenuto nella serata giovedì 12 marzo presso il salone Operti della parrocchia torinese del Redentore le idee «del cittadino medio» sulla riforma del lavoro, all'indomani della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei primi due Decreti nel portafoglio della Legge delega 183, non sono ancora chiare. Per questo motivo l’Ufficio di pastorale sociale e del Lavoro ha promosso una serata informativa per approfondire i due aspetti più innovativi del Jobs act e cioè il nuovo modello di Contratto a Tempo indeterminato a tutele crescenti e la riforma degli ammortizzatori sociali con alcuni interventi sull'indennità di disoccupazione (Aspi, ora Naspi), che sta andando a sostituire lo strumento della mobilità, che per oltre 20 anni ha caratterizzato i fenomeni di ristrutturazione delle grandi aziende del nostro paese.
La serata è stata introdotta da don Gian Franco Sivera, direttore della Pastorale sociale e del lavoro. Un Paese dove la disoccupazione è al 13% e quella giovanile in alcune zone del sud Italia tocca punte del 40-50% non si può dire un Paese civile – ha sottolineato don Sivera – «Sentiamo i questi giorni parlare di Jobs act, i giornali di parlano dei primi effetti positivi della riforma che invoglia la ripresa grazie allo sgravio fiscale per chi assume. C’è bisogno di ridare fiducia alla gente perchè sono troppi i giovani che non cercano più neppure un lavoro e le famiglie in ginocchio. L’idea di una serata informativa rivolta – soprattutto ai volontari degli sportelli lavoro aperti nelle parrocchie per accompagnare ed informare chi è alla ricerca di un occupazione sulle opportunità delle nuova normativa – va nella linea dell’Agorà del sociale lanciata dall’Arcivescovo per mettere in rete tutte le forze presenti sul territorio per dare segnali di speranza a chi l’ha persa».
E proprio nell’ottica del «fare rete» sono stati chiamati ad intervenire alcuni «attori» che a vario titolo sono interpellati dalla nuova riforma del lavoro. Antonio Sansone, della segreteria regionale della Cisl ha illustrato molto efficacemente le innovazioni dei due decreti attuativi del Jobs act. Gianfranco Bordone, direttore della Coesione sociale della Regione Piemonte ha sottolineato come l’amministrazione stia tentando uno sforzo di semplificazione per favorire l’applicazione della nuova riforma in un sistema spesso farraginoso e burocratizzato; Marco Lazzarino, piccolo imprenditore dell’Ucid, Unione cristiana imprenditori e dirigenti, ha evidenziato come ci sia una carenza di informazione nel nostro Paese sui temi del lavoro e come il lavoro della diocesi sia prezioso per chi opera sul territorio.
Marco Canta, portavoce del Terzo Settore a cui fanno capo numerose imprese sociali ha richiamato l’interesse per gli effetti dei nuovi decreti delle le realtà che rappresenta, sia per la diffusione delle imprese, sia per il valore aggiunto di eticità che portano in campo economico, possono essere un volano di sviluppo per il Paese.
Filippo Provenzano, segretario nazionale di Cna Piemonte (Confederazione nazionale dell’Artigianato e delle piccole e medie imprese) ha auspicato come la sua associazione si aspetti che il Job act rimetta in moto l’economia: «Non crediamo che la riforma del lavoro risolva tutti i problemi: il Job act non è il vento che traina l’occupazione, può essere una buona vela. In Italia abbiamo perso oltre un milione di posti di lavoro con questa crisi ancora in corso. Il lavoro si crea se le imprese incrementano le loro vendite, le loro commesse il loro fatturato. Diversamente non ci sarà una spinta a nuova occupazione e comunque i risultati sotto il profilo assunzionali saranno modesti. Senza una politica industriale necessaria per attivare settori produttivi nuovi o innovare quelli esistenti, senza investimenti difficilmente aumenterà l'occupazione».
Nel dibattito aperto è sfaccettato è emersa più volte la necessità di una maggiore informazione da parte delle istituzioni e l’urgenza di mettere mano al più presto al tema della disoccupazione crescente e drammatica in specie nella fascia giovanile ma anche per i tanti padri i ultra quarentenni che perdono il lavoro ma spesso anche la speranza di ritrovarlo. Accanto, una quantità di lavoratori precari, che non hanno visibilità sul proprio futuro lavorativo o persino una forte incertezza per la stessa natura del loro rapporto di lavoro, in bilico tra autoimprenditoria, attività professionale, dipendenza, subordinazione. Lavoro grigio se non lavoro nero. Che attende che le promesse del Jobs Act lo trasformino in lavoro tutelato.
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