Il grido di dolore dei cristiani d'oriente
Al convegno organizzato dall'Arcidiocesi di Torino e dal settimanale Il nostro tempo svoltosi al Sermig

"Aiutateci a sopravvivere nei nostri Paesi. Stiamo vivendo un genocidio dei cristiani": è stato l'appello del patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignace Youssef III Younan intervenuto a Torino a un convegno dell'Arcidiocesi e dal settimanale Il Nostro Tempo su "I Cristiani in Oriente". Lo stesso appello dal vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Basel Yaldo. Entrambi hanno testimoniato una situazione drammatica che vede le comunità cristiane perseguitate, costrette all'esilio.
"In Iraq - ha detto mons. Yaldo - la comunità cristiane è ridotta a 400 mila persone, nel 2003 ne contava più di un milione. Molti cristiani sono stati uccisi, 53 chiese attaccate". Ed entrambi hanno chiesto anche un impegno più forte dell'Europa e dell'intera comunità internazionale contro il terrorismo dell'Isis/Daesh. Il vice ministro degli esteri, Mario Giro che ha puntato il dito contro "i Paesi che si sono schierati distinguendo buoni e cattivi, cosa che l'Italia non ha fatto. Non si può imporre la democrazia, ma la pace sì".
“A Baghdad vivevano 750 mila cristiani, adesso si sono ridotti a 200 mila. A Bassora di famiglie ne sono rimaste appena 500. I cristiani in Iraq sono perseguitati. Perseguitati da chi ci uccide, da chi distrugge le nostre chiese, da chi ci ha rubato tutto, da chi non mette freno alla corruzione, da chi non riconosce i nostri diritti. Per questo chiediamo alla Chiesa universale di sostenere la nostra presenza in Iraq, la presenza secolare della nostra Chiesa, che è Chiesa dei martiri”.
È l’appello lanciato da monsignor Louis Raphael I Sako, dal 2013 Patriarca di Babilonia dei Caldei, la comunità cristiana più numerosa dell’Iraq, in un’intervista rilasciata al settimanale diocesano “Nostro tempo” in occasione del convegno internazionale “Cristiani d’Oriente, dopo duemila anni una storia finita?” che si tiene oggi a Torino, per ricordare il 70° anniversario della fondazione del giornale, voluto da mons. Carlo Chiavazza.
Un appello seguito da una proposta molto concreta rivolta dal patriarca Sako alle diverse Conferenze episcopali d’Europa. “Venite a visitare il nostro Paese, i fedeli di tutto l’Iraq si sentirebbero meno soli e pieni di rinnovato coraggio e speranza”. Ma non basta. Il patriarca caldeo lancia un monito: “anche quando il Daesh (lo Stato islamico) sarà confitto, l’ideologia che lo guida rimarrà e continuerà a infettare il Paese. È proprio questa ideologia che bisogna combattere: devono farlo le autorità religiose islamiche, che devono preferire la diffusione di quei versetti del Corano che invitano alla tolleranza ed evitare di dare spazio a chi, tra essi, diffonde l’odio; e deve farlo il governo iracheno, che dovrebbe avere a cuore tutti i suoi cittadini”.
Alla Chiesa mons. Sako ricorda che “è indispensabile sanare e porre un freno al fenomeno dei sacerdoti che fuggono verso l’estero: come può un fedele essere invitato a resistere alle avversità, quando i sacerdoti fuggono? A Baghdad ci sono 32 parrocchie e 21 tra vescovi e sacerdoti, in Seminario solo 17 seminaristi. Chi è fuggito deve essere obbligato a tornare, la Congregazione per le Chiese orientali deve appoggiare di più e far rispettare le decisioni del Sinodo locale. Solo così la Chiesa in Iraq sarà più unita e più forte. E più forte sarà, più potrà aiutare i fedeli, non solo dal punto di vista materiale ma anche, e soprattutto, da quello spirituale”.
Sir
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