Al forum di Torino Ban Ki-Moon cita De Gasperi
Tre giorni di incontri e confronti nel capoluogo piemontese alla presenza di presidente dell'Onu Ban Ki-Moon
«Il piccolo è bello» e «Il piccolo è efficace» sono i due assiomi che Papa Francesco ricorda nella lettera a Piero Fassino, sindaco di Torino, dove si svolge il terzo «Forum mondiale sullo sviluppo locale». I due assiomi sono «l’unico modo di lavorare a livello locale». Infatti «lo sviluppo economico locale è la risposta più adeguata alle sfide che ci presenta un’economia globalizzata e spesso crudele».
Il Forum di Torino – scrive Francesco – riflette «sulle potenzialità dello sviluppo economico locale, quale motore di una visione differente dell’economia». Torino è un incontro importante per promuovere l’attuazione dell’«Agenda 2030» e cioè l’inclusione, la difesa dell’ambiente e uno sviluppo umano integrale. Al di là di piani e programmi, «ci sono donne e uomini concreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono e che devono essere protagonisti del proprio destino. Lo sviluppo umano integrale e il pieno esercizio della dignità umana non possono essere imposti, vanno costruiti e realizzati da ciascuno».
Bergoglio ricorda che nel discorso rivolto lo scorso 4 ottobre dalla tribuna di New York all’assemblea generale, disse che «la misura e l’indicatore più semplice e adeguato dell’adempimento della nuova “Agenda per lo sviluppo” sarà l’accesso effettivo, pratico e immediato, per tutti, ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione propria, lavoro dignitoso e debitamente remunerato, alimentazione adeguata e acqua potabile; libertà religiosa e libertà di spirito ed educazione.
Le ricorrenti crisi mondiali sono innescate da un’alta finanza criminale che gioca sulla pelle dei poveri. Come sempre, il Pontefice usa parole durissime: le crisi dimostrano come «le decisioni economiche che promuovono il progresso tramite la generazione di nuovi consumi e il permanente incremento del profitto siano insostenibili». Non solo, «sono di per sé immorali», dal momento che emarginano «ogni domanda su ciò che è giusto e ciò che serve al bene comune». Conclude: «L’accento fondamentale sul locale sembra essere una delle strade maestre per un vero discernimento etico e per la creazione di economie e di imprese veramente libere dalle ideologie, dalle manipolazioni politiche dalla legge del profitto a ogni costo e della perpetua espansione degli affari, per essere veramente a servizio di tutti e reintegrare gli esclusi nella vita sociale».
A New York, pochi giorni fa, l’Onu ha sottoscritto i nuovi «Obiettivi di sviluppo sostenibile» che dovranno essere adottati dai governi del Pianeta. Obiettivi nati da una consultazione senza precedenti che in due anni ha coinvolto 5 milioni di persone in tutto il mondo. Ora la sfida è tradurli in pratica grazie al dialogo sul territorio tra le reti associative locali. Dal 13 al 16 ottobre al Polo Reale di Torino si svolge il terzo «Terzo Forum nondiale dello sviluppo economico locale» (LED). Dopo Siviglia in Spagna e Foz do Iguaçu in Brasile, lo sviluppo dal basso sbarca sottola Mole.
La conclusione è affidata a Ban Ki-Moon, segretario generale dell’Onu che, prima della tappa torinese, a Roma ha celebrato i 60 anni dell’adesione dell’Italia all’Onu. Paese al quale dice: «Grazie per gli sforzi che ha fatto nell'affrontare la più grave crisi migratoria dalla fine della seconda guerra mondiale, salvando decine di migliaia di vite. È stata una grande risposta umana e coraggiosa. Tutti i Paesi europei hanno responsabilità per i migranti, una responsabilità globale che deve essere equamente condivisa. La collocazione geografica e le coste dell'Italia ne fanno uno Stato in prima linea per i rifugiati che vengono dall'Africa».
Il ricordo di Ban Ki-Moon si rivolge ad Alcide De Gasperi che fece le scelte fondamentali per l’Italia: l’Occidente, il Patto Atlantico, l’Onu. Le parole di Ban Ki-Moon sono accolte da uno scrosciante applauso. Da Roma lancia un appello ai capi libici: «Stiamo cercando una soluzione per la Libia. Per questo chiedo di sostenere nostro sforzo e realizzare le ambizioni della rivoluzione del 2011». Aggiunge: «La cultura italiana è apprezzata in tutto il mondo, ma anche nella mia patria quando indosso una cravatta made in Italy ho l'impressione che mia moglie mi voglia un po' più bene». Il segretario generale ricorda che a New York «c'è stato un grandissimo ingorgo, a causa di una sola, piccola macchina italiana, la Fiat 500 del Papa. Quella 500 ha sempre maggiore successo, un po' come l'Italia che è in movimento verso un nuovo futuro».
L’Italia è membro dell’Onu dal 14 dicembre 1955, dal 1952 era membro osservatore. L'Organizzazione delle Nazioni Unite è un’organizzazione intergovernativa a carattere mondiale, nata 70 anni fa, il 24 ottobre 1945 con l'entrata in vigore dello statuto delle Nazioni Unite: oggi aderiscono 193 Stati su 205. Un'organizzazione simile fu operativa dal 1920 al 1946,la Società delle Nazioni, che non riuscì a scongiurare la seconda guerra mondiale. Un passo fondamentale fu la «Carta Atlantica» che prendeva ispirazione dai vecchi «14 punti» programmatici di Woodrow Wilson. L'Onu è fondata con una conferenza internazionale a San Francisco dal 25 aprile al 26 giugno 1945 con la firma dello statuto da parte di 50 Stati, che entra in vigore il 24 ottobre.
L’Italia è ammessa grazie a una mozione del Canada. Chi lavorò indefessamente per questo risultato fu De Gasperi. Alle 16 del 10 agosto 1945, un mese dopo la fine della seconda guerra mondiale, il presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Alcide De Gasperi si presenta alla Conferenza di pace di Parigi con «il cappello in mano». Di fronte alle 21 potenze vincitrici tiene il più memorabile e il più drammatico discorso della sua vita: l’Italia è un Paese sconfitto, ma ha il grande orgoglio di avere sconfitto il fascismo. Disse: «Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico che mi fa considerare come imputato, l’essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni. Non corro io il rischio di apparire come uno spirito angusto e perturbatore, che si fa portavoce di egoismi nazionali e di interessi unilaterali? Ho il dovere, innanzi alla coscienza del mio Paese e per difendere la vitalità del mio popolo, di parlare come italiano».
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