Salviamo i negozi di montagna!

In oltre sessanta Comuni piemontesi sono scomparsi tutti gli esercizi commerciali, non ce n'è più neppure uno. Una campagna di sensibilizzazione attraverso i social network suona l'allarme sulla desertificazione delle valli

Salviamo i negozi di montagna!

Ci sono i giornali, le sigarette, i fumetti vicino alla frutta e alla verdura. Un po' più a destra grissini e biscotti. Il banco frigo è affollato di forme di toma, poi un prosciutto crudo e uno cotto. C'è un po' di tutto. Scendi sotto casa, nel negozio di sempre, la bottega che ti aspetta. Nei Comuni più piccoli, in montagna ma non solo, è così. Negozi da salvare, quasi fossero in via di estinzione.

Lo sono. Salvando loro si salva la comunità. Sarà anche per questo, non certo solo per motivi economici, che da alcuni giorni il tam tam sui social network è diventato intenso, contagioso: «salviamo i negozi di montagna, aiutiamoli». Una campagna nata quasi per caso, da qualche post e da articoli apparsi su giornali on line. Poi condivisa. Notizie e commenti che hanno riacceso uno storico problema, vivo almeno da vent'anni. Come sostenere gli servizi commerciali di prossimità e far vincere loro la sfida con la grande distribuzione. In una fase storica in cui la riorganizzazione degli enti locali (nascono le Unioni montane di Comuni, si evolve la Provincia) permette di reimpostare i servizi di base alle persone (scuole, trasporti, sanità, assistenza), si apre anche questo fronte. Perché in oltre settanta Comuni piemontesi non c'è più un negozio. In alcuni neppure un bar. Duecento Comuni su 1205 ne hanno uno o poco più. Tutto da rifare, dunque. Da ripensare. Andando alla fonte. La chiusura di un negozio contribuisce allo spopolamento, all'abbandono. «Si chiude per colpa del fatturato ridotto, mangiato dalle troppe tasse. Il margine resta pochissimo - commenta un esercente delle Valli di Lanzo. La prima cosa che chiede è di ridurre la tassazione, di trovare un incentivo per restare aperto. Via Irap o Tari ad esempio. Misure che più volte sono state proposte in disegni di legge regionali e nazionali. La Sicilia è riuscita a introdurre una «defiscalizzazione» per le aree interne e marginali, compensata da fondi europei. Ha istituito le «zone a fiscalità di vantaggio». Un percorso da non abbandonare, ma complesso qui, dove qualsiasi azione di questo tipo è bollata come «aiuto di stato», dunque inammissibile.

Sostenere i piccoli negozi vuol dire creare anche una nuova consapevolezza sociale e culturale nella comunità. Sceglierli al posto della grande distribuzione a volte costringe a un aumento di spesa. Eppure il sistema dei grandi centri commerciali, con il carrello da riempire, pieno pieno, al sabato vagando ore tra le venticinque corsie, è entrato in crisi. Molti marchi, perlopiù francesi, stanno aggiornando la rete con l'apertura di piccoli negozi sotto casa. Anche questo però è un segnale di rischio per le storiche botteghe di paese. Emergenza più volte sollevata anche nei centri storici urbani, dove sono arrivate le ricche «catene» a rilevare storici locali.

Difficile trovare soluzioni sul breve periodo. Molti piccoli negozi di montagna, perlopiù gestiti da giovani under35, si sono aperti a nuovi canali, come l'e-commerce. Altri stanno sperimentando possibilità di portare a casa quanto uno vuole comprare. Si ordina e si riceve. Un supporto molto utile per gli anziani, e non solo, sperimentato con successo in alcune Comunità montane piemontesi anni fa. Reti, interazione, innovazione. Novità che gli enti locali, Unioni montane in primis, possono supportare, anche grazie ai programmi europei disponibili. Una cosa è certa: l'acquisto sotto casa fa risparmiare i costi della benzina per spostarsi nel grande centro, ti dà una scelta più ridotta ma fresca, ti fa comprare solo cosa ti serve giorno per giorno. E poi, su pane, formaggi, carni e insaccati, il chilometro zero garantisce qualità e gusto. Al «buono, pulito e giusto» di Carlin Petrini, per una scelta di mangiare bene, sano, rispettando fino in fondo cui produce e chi lavora la terra, si unisce oggi uno slogan molto concreto: «Compra in valle, la Montagna vivrà». Una necessità che impone ai singoli di fare i conti con comportamenti e decisioni, ma anche alla comunità di interrogarsi insieme scegliendo di non far morire negozi e bar che rendono vivo un paese e la montagna.

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