«Pescecani» e «profittatori»: chi fece i soldi con la guerra

Speculazioni, truffe e frodi durante il primo conflitto mondiale. Affaristi senza scrupoli e debiti mai pagati

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«Pescecani» e «profittatori»: chi fece i soldi con la guerra

Il primo conflitto mondiale fu guerra di sangue e di fango. Le trincee erano un ammasso di uomini alle prese con topi, cimici, pidocchi, dissenteria, cancrena e costretti a obbedire a ordini che, talvolta, pretendevano di sfidare le leggi della fisica. Ma, per qualcuno, il sangue si fece oro.

Capisco che, a dirla così, l’espressione potrebbe risultare un pugno nello stomaco. Ma è inutile scegliere giri di parole per attenuare la violenza della verità. La guerra era stata dichiarata da pochi giorni. Al fronte non avevano ancora fatto in tempo a sparare una schioppettata ma, in città, già pensavano di approfittare dell’emergenza. Ai primi di giugno «si denunciano negozianti che speculano sul prezzo del grano». Prime avvisaglie.

«Il conflitto portò delle oscillazioni sul mercato. I generi di consumo, rarefacendosi, rendevano più laborioso il lavoro dei commercianti per l’acquisto. Però costoro, menti svegliate, videro subito il lato buono del pubblico disagio e, saggi fino a sapere che ogni medaglia deve avere il suo rovescio, da buoni patrioti inneggiarono con voce più alta alla guerra per aumentare del cento per cento ogni articolo che passava nel loro negozio».

E’ animata da una rancorosa ironia la cronaca proposta da Costanzo Premuti. L’autore la pubblicò nel 1924, quando i contraccolpi della guerra continuavano ad allargare le ferite, non rimarginate, della gente. «Gli industriali non vollero essere accusati di minore perspicacia e la frode fece capolino ovunque. L’intrigo avviluppò chi ordinava e chi eseguiva, chi doveva servire e chi aveva l’incarico di vigilare. Nacquero mostruose ladrerie».

Il clima d’emergenza che si era creato mise i produttori di materiale bellico nella condizione d’imporre le proprie regole. I prezzi non potevano essere discussi e non erano consentite dilazioni nel pagamento. La merce doveva essere saldata alla consegna e con le tariffe stabilite da chi vendeva. Dall’altra parte c’erano i funzionari governativi che, per un verso, non avevano margine di trattativa ma, per l’altro, non la cercavano nemmeno, perché una percentuale di quel denaro rientrava nelle loro tasche, sotto forma di tangente. Anzi, poiché i controlli o non c’erano o non servivano, riuscirono a sommare due possibilità di utile: quello di gonfiare i costi a dismisura e quello di produrre la merce con materia prima scadente...

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