Bauman maestro di pensiero oltre il contingente
La scomparsa del grande filosofo polacco noto per la sua riflessione sulla società liquida apice della postmodernità
Capita nella vita che qualcuno paia offrirti la “parola che squadra da ogni lato”, quella che disvela, che completa il quadro, che apre l’orizzonte del sensibile ad una comprensione razionale ed offre, con la parola, possibilità di azione efficacemente orientata. Quando capita, se davvero quella Parola non ha la P maiuscola di una risonanza divina, hai generalmente incontrato la menzogna e, affidandoti ad essa, sei caduto nella trappola mortale della falsa libertà, che, alla fine, per vie sempre diverse ma sempre uguali, assolutizza, individualizza e uccide. E’ questa la lezione che la vita e l’opera di Zygmunt Bauman maggiormente ci hanno forse lasciato. Maestro di parola e svelamento e padre di alcuni dei principali intellettuali dell’ultimo mezzo secolo, Bauman, che poteva ambire quasi legittimamente a sentirsi “faro” e “guida spirituale” autorevole per noi, nomadi irrequieti della crisi contemporanea, ci ha insegnato soprattutto questo.
La Verità esiste, ma nel tempo della liquidità, in cui tutto è incerto, flessibile e poco incline a reggere costruzioni solide, solo la libertà personale, personalista anzi, giocata nel dialogo e nella generatività sociale, possono condurci, insieme, ad una via di uscita. Occorre però saper incarnare la realtà, interrogarla, mettersi in relazione con lei, uscendo dai dogmatismi, di quale matrice essi siano, e mettendo in gioco l’intero sé, personale e istituzionale, per poter compiere questa traversata da uomini liberi, perché la libertà non attiene all’avere né all’essere ma alla possibilità di generare la stessa libertà a partire da noi e da ciò che quotidianamente facciamo, soprattutto l’amore. Proprio ciò di cui la società liquida ha paura, ciò che l’homo consumens è chiamato ad aborrire, ciò che la tirannia dell’effimero vuole impedire. Sono molti e tutti importantissimi i titoli e le riflessioni pubbliche che il grande sociologo polacco ha dedicato a questi temi, troppi per citarli tutti e tutti troppo significativi per fare agli altri il torto di ricordarne solo alcuni.
Tutto Bauman, tutto ciò che egli ci consegna in eredità, come ogni vero padre deve saper fare, è però forse contenuto in un suo lavoro datato e forse meno noto di altri, che chi vuole conoscere ed apprezzare il vero contributo che egli ha dato al pensiero e alla vita riflessiva contemporanea non può non leggere con profitto, lasciando in esso distillare ogni propria intelligenza ed emozione. Si tratta di “Modernità e Olocausto”, pubblicato la prima volta nel 1989, in cui sono contenute tutte le chiavi di lettura indispensabili per fare delle parole contenute nei suoi lavori successivi una forma di vita capace di andare oltre alla globalizzazione. Ogni forma di vita, come insegna Simmel, è sempre necessariamente insufficiente rispetto alla eccedenza della vita stessa, ma ciò non di meno la forma che può assumere l’umanesimo baumaniano parla alla libertà dei liberi ed ha in sé la capacità di essere generativa; di dare luogo cioè ad una società nella quale la salvezza di tutti e la possibilità di sentirsi pienamente umani, vivi e liberi non dipende da ciò che si può accumulare per sé ma da ciò che ciascuno può apportare nel riempire di valore, umanità, vita e libertà la società stessa.
In “Modernità e Olocausto” Bauman sostiene che “L’Olocausto ha da dire sullo stato della sociologia più di quanto la sociologia, nella sua forma attuale, sia in grado di contribuire alla nostra comprensione dell’Olocausto”. Non si tratta solo della sociologia e qui l’Olocausto è l’estremo indicibile di un iceberg molto più profondo che ha nelle proprie radici tutte le potenzialità di male e di bene che la modernità stessa ha avuto in se. Potremmo dire, anche se Bauman non lo ha mai fatto e se si rischia di andare, specie nei suoi confronti, oltre un saggio e prudente pudore, che “La crisi contemporanea ha da dire sulla nostra attuale forma di vita nel mondo più di quanto la comprensione della nostra forma di vita nel mondo sia in grado di dirci sulla crisi contemporanea”.
Anche questa è liquidità, anche questo è reale, aperto e sfidante, che Bauman ci invita a incontrare, uscendo pienamente nel dialogo, con cuore tanto aperto quanto critico e postura necessariamente d’amore perché memore dell’amore dal quale proveniamo pur avendolo quasi dimenticato nell’indifferenza individuale. Quale società dopo la crisi economica, Quale destino per la libertà? si chiedono Zygmunt Bauman, Mauro Magatti e Chiara Giaccardi nel loro ultimo e recentissimo lavoro insieme. E’ questa la domanda fondamentale, la vocazione alla libertà, l’eredità preziosa che l’opera e la forma di vita di Bauman ci hanno consegnato in veste di interrogativo, non di dubbio. A noi sta il raccoglierla, con lo spirito generativo dei figli, liberi e fedeli alla memoria, capaci di seminare libertà perché dalla consegna di essa ad opera dei suoi testimoni, resi davvero umani. E’ il compito della società che viene.
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