Un volto umano alla globalizzazione
Le sfide dell’Unione europea per Pascal Lamy, ex direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio, e l’esempio dimenticato di quegli uomini che, in passato, riuscirono a trovare un’intesa con i nemici di ieri, i tedeschi
È uno dei segni più marcati della nostra epoca. Un processo inarrestabile, allo stesso tempo carico di problemi e di opportunità. Stiamo parlando della mondializzazione, ossia l'abbattimento delle barriere culturali, economiche e finanziarie: un vento impetuoso che travolge l'economia, ampliando la concorrenza e mettendo particolarmente in difficoltà l'industria manifatturiera in una competizione sui costi, tra bassi salari e ridotte protezioni dei lavoratori, che penalizza soprattutto l'Europa, impossibilitata a reggere una sfida al continuo ribasso.
A parlare di Unione europea e di globalizzazione è intervenuto l'economista francese Pascal Lamy, ex direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio, in un incontro promosso a Torino dal Centro studi sul federalismo, nell'ambito della Lettura Altiero Spinelli 2014, appuntamento annuale sui grandi temi dell'europeismo.
Punto di partenza di qualsiasi ragionamento sull'Europa è che il processo di integrazione, iniziato quasi sessant’anni fa, sta vivendo una sorta di ripiegamento, essendo venuto meno lo slancio che, pur tra alti e bassi, aveva caratterizzato i decenni scorsi. «Siamo di fronte», ha spiegato Lamy, «ad una crisi multiforme nella quale si intrecciano sia un deficit di crescita economica sia una carenza di guida politica. Due fattori che concorrono a indebolire anche le ragioni fondanti dello stesso percorso di unificazione, poiché sempre più persone non ne vedono i vantaggi e anzi sono addirittura indotte a pensare che l'integrazione sia il problema e non la soluzione. Se ci riferiamo alla crescita, balza agli occhi il fatto che negli ultimi cinque anni, quelli segnati dalla crisi, il Pil dell'Unione è calato del 9 per cento, mentre nel contempo, e pur toccati dalla stessa tempesta economica, gli Stati Uniti sono cresciuti del 15 per cento e la Cina addirittura del 40. E per l'Europa risultano peraltro deboli anche le proiezioni future, con tassi attorno all'1 per cento, mentre in America si prevede un incremento almeno triplo».
leggi l'articolo completo su «il nostro tempo» di domenica 14 dicembre
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