Storie di giovani in Australia per costruire un futuro
Il racconto dei tanti giovani che lasciano l'Italia per cercare all'estero la propria vocazione: un lavoro e un progetto di vita che possa dare senso all'impegno nella formazione e nella competenza professionale
«Ero stufo della mia vita in Italia: ho studiato e lavorato tanto, ho preso una laurea in biologia e ho fatto per cinque anni il cameriere, sempre in nero. Lavoravo 12 ore al giorno per 700 euro al mese e 200 li spendevo solo di benzina per raggiungere il locale. Così mi sono guardato intorno in cerca di altre opportunità, ed eccomi qui». Luca è un ragazzo di 24 anni, che ha vissuto a Giaveno fino al gennaio di quest’anno. Quando ci ha raccontato la sua esperienza si trovava a Sydney, in Australia, dall’altra parte del globo, dove ha deciso di lanciarsi nell’avventura delle «working holidays». E non è stato il solo: secondo i dati forniti dal governo australiano, infatti, nel periodo 2012-2013 sono stati concessi quasi 16 mila visti per le «vacanze-lavoro» a giovani provenienti dal nostro Paese.
«Sono atterrato a Sydney il 21 gennaio – ci racconta Luca – e sono rimasto subito colpito dalla cordialità delle persone, dal loro sorriso, dalla serenità che respiri per strada. Ho trovato lavoro in due ore, solo cercando su internet: sono di nuovo cameriere, ma lavoro cinque sere a settimana, per cinque ore, e guadagno 2.800 dollari. Qui la vita è più cara, ma i soldi mi bastano per pagare l'affitto di un appartamento in pieno centro, condiviso con altri ragazzi da varie parti del mondo, l’abbonamento in palestra, la spesa, le uscite serali e riesco anche a mettere qualcosa da parte». Il racconto di Luca permette di capire come nasce quello che il «Rapporto italiani in Australia 2013», realizzato dal gruppo di studio «Australia sola andata», definisce un vero e proprio «boom». I dati raccolti parlano di 18.610 cittadini italiani residenti in Australia con un visto di residenza temporaneo alla data del 30 settembre 2013, con un incremento del 116% rispetto allo stesso periodo del 2011. Il 52% di questi (9.660) erano giovani tra i 18 e 30 anni con un visto di vacanza-lavoro, il 14,35% lavoratori specializzati, il 14,02% turisti e visitatori, il 13,49% studenti. Anche l’ultimo rapporto annuale del Diac (Department of Immigration and Citizenship) del governo di Canberra fotografa un fenomeno in continua crescita: solo nel periodo 2012-2013 si è registrato un aumento del 66,4% dei visti vacanza-lavoro concessi ai giovani italiani, che vale il maggior incremento di visti tra tutti i Paesi del mondo (esclusa Cipro). «In Australia sto conoscendo molti italiani – ci conferma Luca – tutti partiti con la mia stessa delusione. Qui, però, tutti abbiamo trovato nuove prospettive per il futuro, cioè crescere in un Paese che ti permette di fare un'esperienza stupenda, migliorando l'inglese e mettendo da parte un po’ di soldi, e magari trovare l'occasione della vita, un lavoro che ti appassiona, e poter costruire quello che a casa oramai sembra impossibile: una vita normale». Anche il confronto storico lascia stupiti: il rapporto realizzato da «Australia sola andata» registra che il numero di italiani emigrati nel 2012-2013 ha addirittura superato quello del 1950-51. E non tutti decidono di tornare, dal momento che «il visto vacanza-lavoro – si legge nello studio – è sempre più spesso utilizzato come un primo passo verso un visto a lungo termine».
Le difficoltà, ovviamente, non mancano. Ci racconta Melania, una ragazza torinese di 23 anni, anche lei partita per inseguire il sogno australiano, che «appena inizi a vivere qui capisci che l’Australia è carissima: ci sono molte tasse e non è sempre facile trovare lavoro, non solo per la lingua o la concorrenza spietata (per lo più asiatica) in città; a volte anche la nazionalità è un ostacolo: io e la mia amica ci siamo quasi viste negare un lavoro perché qui gli italiani non sono famosi per la loro professionalità». Eppure gli aspetti positivi sembrano prevalere: «a onor del vero – aggiunge Melania – la maggior parte dei lavori è ben pagata, la burocrazia è mille volte più semplice che a casa e per ogni dubbio si può chiedere a chiunque, anche alla gente per strada. L’esperienza è unica: conoscere tante persone nuove, di culture e realtà diverse, ti apre davvero la mente. Cambiare aria, spezzare la routine, condurre una vita completamente diversa dal solito ti fa stare meglio, crescere e incrementare la fiducia nella vita e nelle persone. Qui ho trovato la mia speranza e la mia fortuna». Ed è proprio la parola speranza a costituire il «file rouge» di tutti i racconti dei ragazzi che sono partiti. «Nel giro di pochi giorni – ha concluso Luca – inizierò la ricerca di un lavoro nelle ‘farm’ (fattorie), essenziale se si vuole richiedere il secondo visto lavorativo, per poi tornare in Italia con dei risparmi che non sarei mai riuscito a mettere via restando a casa, con una storia da raccontare e con una serenità che già ora caratterizza le mie giornate. Certo, mi mancano la mia famiglia e i miei amici, ma se sono qui è anche per tutti loro, perché ho davvero voglia di farcela e di andare avanti». Nonostante le difficoltà, alla fine sembrano tutti concordare con Charles M. Schultz, il creatore di «Snoopy», quando diceva: «Non preoccuparti se il mondo finirà oggi: in Australia è già domani».
Giovani
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