Il Papa: Come i magi accogliamo Gesù con il cuore aperto
I Magi non si sono lasciati “anestetizzare il cuore” come Erode. Così Francesco alla Messa per l’Epifania. All’Angelus un dono ai fedeli distribuito dai senzatetto
“Il credente nostalgioso, spinto dalla sua fede, va in cerca di Dio, come i magi, nei luoghi più reconditi della storia, perché sa in cuor suo che là lo aspetta il Signore. Va in periferia, in frontiera, nei luoghi non evangelizzati, per potersi incontrare col suo Signore; e non lo fa affatto con un atteggiamento di superiorità, lo fa come un mendicante che non può ignorare gli occhi di colui per il quale la Buona Notizia è ancora un terreno da esplorare”. Questo uno stralcio della ampia riflessione di Papa Francesco per la Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore.
Un’omelia caratterizzata dalla contrapposizione tra la figura dei magi, venuti da terre lontane per adorare il re neonato, e la figura di Erode, il cui cuore “anestetizzato” gli impedisce di vedere Gesù.
I magi dal cuore aperto
Questi uomini hanno visto una stella che li ha messi in movimento. La scoperta di qualcosa di inconsueto che è accaduto nel cielo ha scatenato una serie innumerevole di avvenimenti. “Non era una stella che brillò in modo esclusivo per loro né avevano un DNA speciale per scoprirla”. Come scrive San Giovanni Crisostomo: “i magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella ma videro la stella perché si erano messi in cammino”. Avevano “il cuore aperto all’orizzonte” e poterono vedere quello che il cielo mostrava perché c’era in loro un desiderio che li spingeva: “erano aperti a una novità”.
Il cuore “nostalgioso”
I magi, in tal modo, esprimono il ritratto dell’uomo credente, dell’uomo che ha nostalgia di Dio. Riflettono l’immagine di tutti gli uomini che nella loro vita non si sono lasciati anestetizzare il cuore.
La stessa nostalgia che spinse l’anziano Simeone ad andare tutti i giorni al tempio, sapendo con certezza che la sua vita non sarebbe terminata senza poter tenere in braccio il Salvatore. La nostalgia che spinse il figlio prodigo a tornare tra le braccia di suo padre. La nostalgia che il Pastore sentì nel suo cuore quando lasciò le novantanove pecore per cercare quella che si era smarrita, e fu anche ciò che sperimentò Maria Maddalena la mattina della domenica per andare di corsa al sepolcro e incontrare il suo Maestro risorto.
“La nostalgia di Dio - ha osservato Francesco - ci tira fuori dai nostri recinti deterministici, quelli che ci inducono a pensare che nulla può cambiare. E’ l’atteggiamento che rompe i noiosi conformismi e spinge ad impegnarsi per quel cambiamento a cui aneliamo e di cui abbiamo bisogno. La nostalgia di Dio ha le sue radici nel passato ma non si ferma lì: va in cerca del futuro”.
Il cuore anestetizzato
Come atteggiamento contrapposto, nel palazzo di Erode (che distava pochissimi chilometri da Betlemme), non si erano resi conto di ciò che stava succedendo: “Mentre i magi camminavano, Gerusalemme dormiva”. Dormiva “in combutta con un Erode che, invece di essere in ricerca, pure dormiva”. Dormiva “sotto l’anestesia di una coscienza cauterizzata”.
“E rimase sconcertato. Ebbe paura”. E’ lo sconcerto che, davanti alla novità che rivoluziona la storia, si chiude in sé stesso, nei suoi risultati, nelle sue conoscenze, nei suoi successi. Lo sconcerto “di chi sta seduto sulla ricchezza senza riuscire a vedere oltre”. Uno sconcerto che nasce nel cuore “di chi vuole controllare tutto e tutti”. E’ lo sconcerto “di chi è immerso nella cultura del vincere a tutti i costi”; in quella cultura dove c’è spazio solo per i “vincitori” e a qualunque prezzo.
E così Erode ebbe paura, e quella paura lo condusse a cercare sicurezza nel crimine: “Uccidi i bambini nel corpo, perché a te la paura uccide il cuore”.
Il difficile cammino dei magi
Il cammino “più lungo” che dovettero fare “quegli uomini venuti da lontano” fu scoprire che ciò che cercavano “non era nel Palazzo” ma si trovava in un altro luogo, non solo geografico ma esistenziale. Lì non vedevano la stella che li conduceva a scoprire “che lo sguardo di questo Re sconosciuto – ma desiderato – non umilia, non schiavizza, non imprigiona”. Scoprire che lo sguardo di Dio “rialza, perdona, guarisce”. Scoprire che Dio “ha voluto nascere là dove non lo aspettavamo, dove forse non lo vogliamo. O dove tante volte lo neghiamo”. Scoprire che nello sguardo di Dio c’è posto per i feriti, gli affaticati, i maltrattati, gli abbandonati: “che la sua forza e il suo potere si chiama misericordia”. Com’è lontana, per alcuni, Gerusalemme da Betlemme!
Il dono del Papa all’Angelus
Dopo la Santa Messa il Papa si è affacciato alla finestra dell’Angelus ed ha fatto un dono a tutti i fedeli riuniti in Piazza San Pietro: “E parlando di doni, anche io ho pensato di farvi un piccolo dono… mancano i cammelli, ma vi darò il dono. Il libretto Icone di misericordia. Il dono di Dio è Gesù, misericordia del Padre; e per questo, per ricordare questo dono di Dio, vi darò questo dono che vi verrà distribuito dai poveri, dai senzatetto e dai profughi insieme a molti volontari e religiosi che saluto cordialmente e ringrazio di vero cuore”.
Alle trecento persone che hanno distribuito le oltre cinquantamila copie del libretto sono stati poi offerti un tramezzino ed una bevanda.
Le luci intermittenti e la luce di Gesù
I magi scelsero di farsi guidare dalla stella di Gesù. Anche nella nostra vita ci sono diverse stelle, “luci che brillano e orientano”. Sta a noi scegliere quali seguire. “Per esempio, ci sono luci intermittenti, che vanno e vengono, come le piccole soddisfazioni della vita: anche se buone, non bastano, perché durano poco e non lasciano la pace che cerchiamo”. Ci sono poi le luci abbaglianti della ribalta, dei soldi e del successo, che “promettono tutto e subito”: sono seducenti, ma con la loro forza “accecano e fanno passare dai sogni di gloria al buio più fitto”. I Magi, invece, invitano a seguire una luce stabile, una luce gentile, che non tramonta, perché non è di questo mondo: “viene dal cielo e splende… dove? Nel cuore!”. Questa luce vera è la luce del Signore, o meglio, è il Signore stesso. Egli è la nostra luce: “una luce che non abbaglia, ma accompagna e dona una gioia unica”. Perché dove c’è Dio c’è gioia.
L’incoraggiamento di Francesco
Chi ha incontrato Gesù ha sperimentato il miracolo della luce “che squarcia le tenebre” e conosce questa luce che “illumina e rischiara”. “Vorrei, con tanto rispetto, invitare tutti a non avere paura di questa luce e ad aprirsi al Signore. Soprattutto vorrei dire a chi ha perso la forza di cercare, è stanco, a chi, sovrastato dalle oscurità della vita, ha spento il desiderio: alzati, coraggio, la luce di Gesù sa vincere le tenebre più oscure; alzati, coraggio!”.
“Vi auguro - ha concluso - un anno di giustizia, di perdono, di serenità ma soprattutto un anno di misericordia. Vi aiuterà leggere questo libro: è tascabile, potete portarlo con voi. Per favore, non vi scordate di farmi anche voi il dono della vostra preghiera. Il Signore vi benedica. Buona festa, buon pranzo e arrivederci!”.
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