Francesco: “Più ho, più voglio”. Non è questa la felicità
La burocrazia non faccia soffrire i terremotati dell’Italia centrale. All’Angelus il nuovo appello del Papa. Le Beatitudini e il desiderio della pace
Il cielo è sereno e da Piazza San Pietro si alzano palloncini colorati. Oggi si meditano le Beatitudini, ma il pensiero del Papa torna alle popolazioni dell’Italia Centrale “che ancora soffrono le conseguenze del terremoto e delle difficili condizioni atmosferiche. Non manchi a questi nostri fratelli e sorelle il costante sostegno delle istituzioni e la comune solidarietà”. “Per favore - è l’appello di Francesco - che qualsiasi tipo di burocrazia non li faccia aspettare e ulteriormente soffrire!”.
La promessa di Dio
Le Beatitudini aprono il grande discorso detto “della montagna”, la “magna charta” del Nuovo Testamento. In questo brano (Mt 5,1-12a) Gesù manifesta la volontà di Dio di condurre gli uomini alla felicità.
Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta però nella condizione richiesta (“poveri in spirito”, “afflitti”, “affamati di giustizia”, “perseguitati”...), ma nella successiva promessa. Si parte dalla condizione di disagio per aprirsi al dono di Dio e accedere al mondo nuovo, il “Regno” annunciato da Gesù. Non è un meccanismo automatico, ma un cammino di vita al seguito del Signore, per cui la realtà di disagio e di afflizione viene vista in una prospettiva nuova e sperimentata secondo la conversione che si attua: “Non si è beati se non si è convertiti, in grado di apprezzare e vivere i doni di Dio”.
Più ho, più voglio...
Il povero in spirito è colui che ha assunto i sentimenti e l’atteggiamento di quei poveri che nella loro condizione non si ribellano, ma sanno essere umili, docili, disponibili alla grazia di Dio. La felicità dei poveri non è necessariamente rinuncia, ma “capacità di gustare l’essenziale”, di condivisione; capacità di “rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose”, senza appesantirsi “nell’opacità della consumazione vorace”. “Più ho, più voglio; più ho, più voglio”: questa è la “consumazione vorace”. E questo “uccide l’anima”. E l’uomo o la donna che hanno questo atteggiamento “non sono felici e non arriveranno alla felicità”.
Meno divisioni, contrasti e polemiche!
Il povero in spirito è il cristiano che “non fa affidamento su se stesso”, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui. “Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!”.
Il cuore aperto, non chiuso
A questo punto il Papa, abbandonando il discorso preparato, ha proseguito a braccio ed aiutandosi con la gestualità ha evidenziato il contrasto tra un cuore aperto ed uno chiuso: “Questo vorrei sottolinearlo: privilegiare la condivisione al possesso. Sempre avere il cuore e le mani aperte, non chiuse. Quando il cuore è chiuso, è un cuore ristretto: neppure sa come amare. Quando il cuore è aperto, va sulla strada dell’amore”.
La lebbra e gli invasori
“Come vedete, sono arrivati gli invasori … sono qui!”. Con questa battuta scherzosa, dopo l’Angelus, il Papa ha introdotto due ragazzi dell’Azione Cattolica che si sono affacciati alla finestra accanto a Francesco: “Mi rivolgo ora a voi, ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica, delle parrocchie e delle scuole cattoliche di Roma. Quest’anno, accompagnati dal Cardinale Vicario, siete venuti al termine della ‘Carovana della Pace’, il cui slogan è Circondati di Pace: bello, lo slogan. Grazie per la vostra presenza e per il vostro generoso impegno nel costruire una società di pace”.
Oggi si celebra anche la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questa malattia, pur essendo in regresso, è ancora tra le più temute e colpisce i più poveri ed emarginati. “È importante - ha sottolineato il Santo Padre - lottare contro questo morbo, ma anche contro le discriminazioni che esso genera. Incoraggio quanti sono impegnati nel soccorso e nel reinserimento sociale di persone colpite dal male di Hansen, per le quali assicuriamo la nostra preghiera”.
“A tutti - ha concluso - auguro buona domenica, auguro pace, umiltà, condivisione nelle vostre famiglie. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.
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